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Data: 29/01/2019
Testata giornalistica: Il Centro
«È presto per una manovra correttiva». Il presidente della Bce Mario Draghi afferma che l'Italia cresce meno di prima, ma è vero che è da anni l'ultima della classe

BRUXELLES Mentre crescono i timori di un rallentamento dell'economia, il presidente della Bce Mario Draghi invita a una vigile cautela: la recessione nell'Eurozona per ora è poco probabile, se ci fosse la Bce sarebbe attrezzata, e quello dell'Italia è sempre stato un caso differente. È vero che «cresce meno di prima» e «significativamente» al di sotto delle attese, ma è anche vero che è da anni l'ultima della classe in fatto di crescita. Ed è «troppo presto» per dire se avrà bisogno di una manovra correttiva. Né allarmismi e né compiacimenti quindi, ma un'esortazione a lavorare per spingere il Pil, che è anche il modo migliore per far scendere il debito. Anche perché, con un debito troppo elevato, un Paese rischia di perdere sovranità. «L'ambiente esterno è meno vivace del passato e l'Italia cresce meno di prima e significativamente meno delle attese», ma «è troppo presto per dire se servirà una manovra correttiva, bisogna prima vedere quali saranno le uscite e le entrate fiscali», ha detto Draghi nella sua ultima audizione alla commissione economia del Parlamento Ue prima che si sciolga per le elezioni di maggio. Il presidente ha spiegato che l'accordo con la Commissione Ue sulla manovra «è stata una notizia positiva», lo spread è sceso dimostrando che «tutto quello che contribuisce al dialogo e al rispetto delle regole aiuta a migliorare le condizioni di finanziamento», con benefici per tutti. L'Italia è un caso particolare nella zona euro, e non da oggi, perché «anche in passato» cresceva meno degli altri. Motivo per cui anche il debito non è sceso come avrebbe dovuto. «La crescita è la chiave per ridurre il rapporto debito/pil», ma «cruciali sono le riforme che consentono alla crescita di impennarsi come ha fatto la Germania agli inizi degli anni 2000. È quello che fa andare il debito giù, non regole rigide», ha spiegato. Inviando un messaggio molto chiaro ai «sovranisti» d'Europa, convinti che tornando in possesso della propria politica monetaria spingeranno i propri Paesi. «Quando il debito è troppo alto un Paese perde sovranità», perché a quel punto «sono i mercati che decidono», e ogni decisione di policy «deve essere scrutinata dai mercati, cioè da persone che non votano e che sono fuori dal processo di controllo democratico», ha detto Draghi. Mettendo in guardia i politici perché «il debito viene prodotto da decisioni politiche dei Governi», e «la sovranità viene persa a causa di politiche sbagliate». Draghi ha poi ridimensionato i timori di una nuova recessione, definendo «molto bassa» la probabilità che si verifichi nella zona euro. Certo, «i rischi alle prospettive economiche si sono mossi verso il ribasso» ma la Bce può usare di nuovo «altri strumenti nella cassetta» degli attrezzi se le cose andassero «molto male». Anche il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco parla di Europa, a una platea di studenti e docenti della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. «Prima o poi ci dovrà essere l'unione fiscale altrimenti difficilmente possiamo mantenere l'unione monetaria».

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