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Pescara, 23/07/2024
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Data: 02/02/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tav, Salvini al cantiere: prima si finisce meglio è. Ma i 5Stelle: non si farà

CHIOMONTE Nell'antro della montagna, mentre fuori infuria la nevicata, gli si avvicina un operaio, calabrese, della Cgil. Si chiama Cosimo Russo, 48 anni, e gli dice: «Ministro Salvini, avevamo il lavoro e ora non lo abbiamo più a causa del blocco della Tav. Chi di noi è tornato al Sud, chi è dovuto emigrare. Questa è una grande opera che serve a tutti e confidiamo in lei, anche chi è di sinistra, anche quelli - e tra noi sono tanti - che hanno votato per i grillini».
Salvini è al cantiere di Chiomonte, scandisce il suo sì alla Torino-Lione e all'operaio calabrese e alle altre maestranze risponde: «Io ce la sto mettendo tutta. Non fare l'alta velocità costa più che tappare i tunnel. La Francia sta giustamente continuando a scavare e noi no. Ma convincerò i 5Stelle, ci stiamo lavorando».
FORT APACHE
Si ferma poi - indossando la solita giacca delle forze dell'ordine - con i poliziotti, i carabinieri, gli alpini, i finanzieri. Gli raccontano: «Ministro, sembravano gli indiani all'attacco di Fort Apache». «Ci tiravano addosso di tutto». «400 feriti tra di noi hanno fatto, pareva di stare in guerra». Gli stanno parlando delle violenze di questi anni da parte dei No Tav, che anche adesso mentre il ministro è sulla montagna dalla valle giocano stancamente e in pochissimi a fare i duri - scaramucce con la polizia - ma in realtà la resistenza è finita. «Si è fatta troppa violenza e troppa ideologia», spiega Salvini: «Adesso è il momento del pragmatismo. Con i 5Stelle dobbiamo subito sederci a un tavolo. Cerchiamo di rivedere il progetto e riprendiamo subito gli scavi».
700mila militi, nelle varie stagioni, quasi come in una grande guerra, hanno difeso il cantiere di Chiomonte dagli assalti dei no global a vario titolo in trincea contro le grandi opere.
IL BUCO
E «c'è chi dice - il riferimento di Salvini è a Di Maio ma anche a Toninelli e al sottosegretario Di Stefano che insistono: «È solo un buco di 5 metri» - che questo tunnel nemmeno esiste. E invece io ci sto dentro e non mi sembra un campo di grano».
È micidiale la sfida - «Prima si fa e meglio è» - che lancia il capo leghista a Di Maio da questa latitudine di freddo e gelo. Ed eccolo percorrere, ma qui sotto finalmente fa caldo, la galleria geognostica in auto per 7 chilometri. Poi il comizio nella caverna, il cin cin nello scavo con gli operai e con i tecnici e la promessa ai presenti: «Stapperò questo buon vino rosso di Chiomonte, che mi avete gentilmente regalato, quando troveremo l'accordo per fare questa infrastruttura di cui l'Italia non deve vergognarsi ma essere assolutamente orgogliosa». Ed è micidiale la sfida perché va a colpire due temi cruciali, che stanno a cuore ai 5Stelle e sono il nocciolo della loro propaganda: l'ambiente e il lavoro.
«Non siamo un governo ambientalista? Sì che lo siamo», è il fendente numero uno: «Ma allora non possiamo dire di no alla Tav, che porta immensi vantaggi ecologici e elimina i tir». E Di Maio non è ministro del lavoro? Sì che lo è: e «noi - incalza Salvini - non possiamo dire di no a una grande opera che frutta, direttamente e indirettamente, 50.000 posti di lavoro». Uno-due, appunto, senza lasciar spazio a dubbi diplomatici.
UN MILIARDO DI RISPARMI
Mette sul piatto questa sfida pesante Salvini. Ma insieme appoggia sul tavolo un possibile miliardo di euro di risparmio.
Questa la base della trattativa, tra bastone e carota, che il vicepremier leghista propone al vicepremier grillino (che ancora fa muro tattico: «Io a Chiomonte non vado perché non c'è nulla e la Tav non si farà») e insomma eliminazione di una galleria, riduzione della stazione di Susa e meno camion e più lavoro. «Usciamo dal balletto ideologico No Tav-Sì Tav»: il format del pragmatico e dell'ami du peuple porta Salvini quassù e lui è l'unico esponente del governo giallo-verde che ha visitato la Tav. Mentre da Roma arrivano, non attutiti dalla neve i siluri grillini. Quello della viceministra Castelli, che pure sotto sotto sta trattando e ha ammorbidito le durezze da ex militante No Tav che s'inerpicava a Chiomonte vestita da punkabbestia, è così: «La Lega non strumentalizzi, bisogna rivedere completamente l'opera». E Di Maio: «I soldi della Tav vanno dirottati sull'autostrada Asti-Cuneo e sulla metropolitana di Torino». «Più treni veloci, più collegamenti con l'Europa, più traffico di persone e di merci, non possiamo isolarci»: è la linea Matteo. Intorno a lui diversi operai confidano: «Abbiamo votato 5Stelle perché gli altri non sapevano creare lavoro. Ma ora questi, dove vedono che il lavoro c'è, lo tolgono». Nessuno inneggia al Capitano.
SERIETÀ
E per la prima volta non scatta il delirio dei selfie perché questo è un avamposto dell'Italia della serietà (miracolo: esiste ancora! Almeno ad alta quota), un luogo dell'eccellenza laboriosa di un Paese che quando vuole, e quando le viene politicamente permesso, sa stare all'avanguardia tecnologica e produttiva. E non intende rinunciare a starci. Ora Salvini scende a valle. Quassù resta un desolato silenzio. Che è quello di un sogno interrotto, ma non ancora sconfitto.

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