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Pescara, 23/11/2024
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12/02/2019
Il Messaggero
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La Lega sbanca con dieci consiglieri sette ai pentastellati, cinque a Legnini. Forza Italia riporta all’Emiciclo Febbo e Sospiri. Il dato di Fratelli d’Italia fa debuttare Liris e Testa. Blasioli, Pepe e Paolucci i componenti del gruppo Dem. M5S, oltre alla Marcozzi anche Smargiassi e Pettinari. Per la Giunta c'è la grande novità della surroga dell'assessore nominato (Il nuovo Consiglio Regionale - guarda) |
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PESCARA Dall'abbacchio agli arrosticini. Per Marco Marsilio, il senatore romano di origini abruzzesi, non è stato difficile recuperare in fretta l'accento dei nonni in soli due mesi di campagna elettorale. Ora toccherà a lui governare la Regione per i prossimi cinque anni dopo avere guidato il centrodestra alla vittoria. Lo farà portando all'Emiciclo 17 dei 29 consiglieri eletti che andranno a formare la nuova maggioranza di centrodestra, come previsto dal premio di maggioranza (circa il 60%) assegnato alla colazione uscita vittoriosa dalle urne. A questi ne vanno aggiunti altri due per arrivare ai 31 componenti dell'Emiciclo stabiliti dalla legge elettorale del 2013: il presidente Marsilio e il secondo più votato tra gli sfidanti governatori (Giovanni Legnini). Tra le opposizioni andranno invece distribuiti i restanti seggi, di cui 7 al M5s e gli altri 5 al centrosinistra: 3 al Pd, uno ciascuno alle liste Legnini Presidente e Abruzzo in Comune. Un voto che ha rispettato la legge dell'alternanza tra centrodestra e centrosinistra, ormai una regola negli ultimi vent'anni. La grande novità, semmai, è rappresentata dalla Lega di Matteo Salvini, ex partito del Nord che fa bottino pieno in Abruzzo (27,52%) conquistando ben 10 seggi in consiglio regionale. Molti di meno quelli lasciati agli alleati: 3 a Forza Italia, 2 a Fratelli d'Italia (il partito di Marsilio e Giorgia Meloni), uno a testa ad Azione politica e Udc. BOTTINO Il consigliere più votato, con quasi diecimila preferenze (9.563) è però il pentastellato Domenico Pettinari, che qualcuno ha ribatezzato l'ispettore per le sue battaglie sul fronte della legalità e dell'ordine pubblico in quartieri a rischio. Un risultato che supera di gran lunga anche quello della candidata presidente del M5s, Sara Marcozzi, ferma a 6.535 preferenze tra i consiglieri eletti. Altre curiosità vengono dal fronte del centrosinistra, dove il più alto gradimento tra gli elettori, con 6.535 preferenze, va all'assessore regionale alla Sanità, Silvio Paolucci, candidato nelle liste del Pd. Anche questo un risultato affatto scontato per chi aveva occupato fino a ieri la poltrona più scomoda della giunta D'Alfonso. Il Partito democratico riporta in consiglio regionale anche un altro assessore uscente, il teramano Dino Pepe, delegato all'Agricoltura, un altro assessorato finito spesso sotto il fuoco nemico in questi 5 anni di governo regionale. La new entry tra i democrat è invece rappresentata dal vice sindaco di Pescara, Antonio Blasioli, mentre non passa inosservata la bocciatura di un altro ex assessore della giunta D'Alfonso, Donato Di Matteo, che dopo avere dichiarato guerra all'ex governatore ha contribuito con la sua lista, Abruzzo Insieme (2,68%) a gonfiare i numeri della coalizione di Legnini ma non ce l'ha fatta a tornare sui banchi dell'Emiciclo. Fuori anche l'ex rettore di Teramo Luciano D'Amico. Ecco come sarà formato il nuovo consiglio regionale secondo i dati forniti dal Viminale. Anche se c'è già chi, come lo stesso Legnini, parla di possibili errori nella assegnazione dei seggi, mettendo in discussione i numeri diffusi ieri dal Ministero dell'Interno, soprattutto per quel che riguarda i consiglieri (7) attribuiti ai 5 stelle: uno in più dei seggi conquistati nel 2014 dai pentastellati, con un risultato migliore rispetto a quello di oggi. Per non parlare della sfilza di ricorsi sempre in agguato in ogni tornata elettorale. Al momento la ripartizione dei seggi dovrebbe essere comunque questa, partendo dagli esponenti della maggioranza. NUMERI Lega (10): Emanuele Imprudente e Simona Angelosante (L'Aquila), Pietro Quaresimale, Emiliano Di Matteo e Tony Di Gianvittorio (Teramo); Vincenzo D'Incecco e Nicoletta Verì (Pescara); Nicola Campitelli, Manuele Marcovecchio e Sabrina Bocchino (Chieti). Forza Italia (3): Umberto D'Annuntiis (Teramo), Lorenzo Sospiri (Pescara), Mauro Febbo (Chieti). Fratelli d'Italia (2): Guido Liris (L'Aquila) e Guarino Testa (Pescara). Azione politica (1): Roberto Sant'Angelo (L'Aquila). Udc-Dc-Idea (1) Marianna Scoccia (L'Aquila). Per le opposizioni, assieme a Giovanni Legnini, andranno a occupare i banchi del consiglio il Movimento 5 stelle (7): Giorgio Fedele (L'Aquila), Marco Cipolletti (Teramo), Domenico Pettinari e Barbara Stella (Pescara); Sara Marcozzi, Pietro Smargiassi e Francesco taglieri (Chieti). Per il Pd (3): Dino Pepe (Teramo), Antonio Blasioli (Pescara), Silvio Paolucci (Chieti). Per la lista Legnini Presidente (1): Americo Di Benedetto (L'Aquila). Per Abruzzo in Comune (1): Sandro Mariani (Teramo). Non passa inosservata l'assenza di esponenti della sinistra tra i consiglieri eletti, che pure erano ampiamente rappresentati nella lista dei Progressisti e in quella del Presidente. Tra questi, l'assessore regionale uscente alle Politiche sociali, Marinella Sclocco; il delegato all'Ambiente Mario Mazzocca, l'assessore alla Cultura del Comune di Pescara, Giovanni Di Iacovo. Analizzando invece il voto nelle quattro province, emerge una certa omogeneità di consensi ottenuti da Legnini, sempre oscillante tra il 30 e il 32%, mentre non si può dire altrettanto per gli altri due principali sfidanti. Marsilio conquista il 53% di preferenze a L'Aquila (la città guidata dal compagno di partito Pierluigi Biondi) ma scende di dieci punti a Chieti, dove si ferma al 43,43. Sara Marcozzi raggiunge il 24,31 nella sua Chieti e crolla al 13,33 a L'Aquila, dove anche Legnini, come Marsilio, ottiene curiosamente il miglior risultato: 32,16, contro il 31,64 del suo territorio (il teatino). Due le liste che non hanno superato lo sbarramento del 2% previsto dalla legge elettorale per potere accedere in consiglio regionale, entrambe appartenenti alla coalizione del centrosinistra: Avanti Abruzzo (0,93) e Centristi per L'Europa (1,31).
Per la Giunta c'è la grande novità della surroga dell'assessore nominato
L'AQUILA E ora la Giunta regionale. Pare facile! Far quadrare il risiko per Marsilio e la coalizione non sarà un'operazione da niente visto anche che un po' tutte le componenti si sentono, e si dichiarano, determinanti nella vittoria nettissima ma con più sfaccettature. A complicare la situazione, poi, ci sono precisi lacci di normative recenti e recentissime che complicano i manuali Cencelli. Vediamo. LA RIPARTIZIONE Sembrerebbe il problema minore ripartire tra i partiti i sei posti in Giunta previsti dalla legge. Tre poltrone alla Lega, cui andrebbe anche la casella di presidente del Consiglio regionale; due a Forza Italia; una a Fratelli d'Italia (il partito che ha già il Governatore). Un passo indietro per Azione Politica (vicepresidenza del Consiglio) perchè ha un solo consigliere e niente all'Udc per la sveltina gerosolimiana nella presentazione delle liste. La vicepresidenza della Giunta andrebbe alla Lega. Si parla insistentemente di un esterno, quel Gianfranco Giuliante, aquilano, ex An, nome noto alla politica regionale, attuale commissario del Carroccio a Pescara, che viene dato come uno dei più ascoltati spin doctor della coalizione. Per gli altri assessorati leghisti, potrebbe essere premiata l'esperienza (e la messe di preferenze...) di Emiliano Di Matteo, Emanuele Imprudente e Nicoletta Verì. Per Forza Italia i nomi più gettonati sono quelli di Lorenzo Sospiri e Mauro Febbo. Per Fratelli d'Italia, il nome che più circola, peraltro all'assessorato-chiave della Sanità, è quello del medico Guido Liris, vicesindaco (ma per Forza Italia) dell'Aquila passato con la Meloni grazie all'operazione fatta dal sindaco del capoluogo Pierluigi Biondi, sponsor della prima ora di Marsilio dopo che era tramontata la primissima ipotesi di una sua candidatura a Governatore. LA QUOTA ROSA A complicare il quadro c'è la novità dell'obbligo di riservare un assessorato a una donna (o nel caso inverso, certo paradossale, di cinque assessori donne, un posto a un maschietto). Se la donna è interna (cioè consigliere regionale), si può assegnare una poltrona a un esterno (non eletto). Lo schema è quello usato già da D'Alfonso: la Sclocco assessore interno con Lolli vicepresidente esterno. Ma le donne elette sono soltanto nella Lega: la Verì, appunto, e Sabrina Bocchino. La scelta si restringe di molto. Paradossalmente, l'elezione di una donna (Marianna Scoccia) del solo consigliere dell'Udc-Dc-Idea, avrebbe potuto togliere molte castagne dal fuoco, ma Marsilio ieri è stato categorico nel veto, seppure qualcuno (il senatore Quagliariello) si è proposto di fare da pontiere ma con un tempo di almeno tre mesi per risolvere (e far sbollentire) il vulnus creatosi. Se, dunque, la donna è interna, via libera a Giuliante. Altrimenti il gioco dell'esterno si tinge di rosa e si complica maledettamente. LA SURROGA Altra complicazione introdotta da una recentissima normativa (uno degli ultimi atti della passata amministrazione) è l'obbligo da parte dell'assessore designato di dimettersi da consigliere. Ma non è lo stesso sistema dei Comuni dove spesso il sistema dell'incompatibilità viene usato come arma letale: si nomina un consigliere municipale che deve dimettersi; al primo rimpasto l'assessore è fatto fuori e così perde anche lo scranno. La legge regionale prevede una (giusta) uscita di sicurezza. Nel senso che le dimissioni sono temporanee al mandato: se un consigliere regionale è nominato assessore, si deve dimettere; entra il primo dei non eletti del collegio cui il consigliere appartiene; nel caso di rimpasto o di revoca del mandato, l'assessore torna nel ruolo di consigliere e il surrogato esce dal Consiglio. Un meccanismo che, però, potrebbe far scattare veti e controveti all'interno degli equilibri dei partiti e della coalizione.
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