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Data: 13/02/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
L'autonomia slitta ancora bocciata dai ministri M5S

ROMA Non è solo la Tav a rischiare la pelle per la controffensiva 5Stelle dopo la batosta in Abruzzo. Luigi Di Maio, ormai sotto assedio e in silenzio da quarantott'ore, prova a risollevare le sorti del Movimento alle elezioni europee del 26 maggio frenando anche l'autonomia rafforzata. Tant'è, che il Consiglio dei ministri previsto per venerdì, dedicato al via libera delle bozze d'intesa con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, molto probabilmente slitterà alla prossima settimana. Forse addirittura più in là. E in molti scommettono che anche questo dossier, alla fine, verrà posticipato al dopo-elezioni.
Nel governo giallo-verde, scosso dalla crisi di nervi grillina, è in atto un brutale braccio di ferro. Un copione più o meno identico a quello che va in scena per l'Alta velocità Torino-Lione. Il ministro agli Affari regionali, la leghista Erika Stefani, ancora ieri sera faceva sapere di essere determinata a portare sul tavolo del premier Giuseppe Conte le bozze per l'accordo con le Regioni: «La Lega chiederà l'attuazione del contratto di governo». Ma da palazzo Chigi e dall'entourage di Di Maio filtra una brusca frenata: «I testi non sono ancora pronti, e siccome vogliamo fare le cose per bene se ne riparlerà più in là...». Un esponente 5Stelle aggiunge: «La bozza dell'intesa con il Veneto è irricevibile, al massimo la Stefani potrà compiere un'informativa».
LA RIVOLTA NORDISTA
Per Salvini è un colpo basso, anche se dal suo entourage filtrano segnali di distensione: «Un rinvio di qualche giorno non sarebbe un dramma». Lo è invece per Attilio Fontana e Luca Zaia, i potenti governatori di Lombardia e Veneto, che non ne possono più dei rinvii: l'intesa con il governo doveva essere siglata il 22 ottobre, poi era slittata al 15 dicembre, infine è stata fissata per venerdì 15 febbraio. Dopodomani. Adesso invece vedono il traguardo allontanarsi ancora di più. Così, Fontana e Zaia, ma anche il sottosegretario Giancarlo Giorgetti (il più attento agli umori del Nord) hanno fatto sapere a Salvini che «la nostra gente è stanca, vuole fatti e meno propaganda». Che «se ora va male ai grillini e noi abbiamo il vento in poppa, prima o poi potrebbe andare male alla Lega se non si rispettano gli impegni». E di fatto chiedono al vicepremier di lanciare un aut aut a Di Maio. Della serie: fai sapere al capo grillino che se non passa l'autonomia rafforzata, cade il governo. «Certe riforme si fanno solo mostrando gli attributi, si ottengono con i blitz...», dice un esponente leghista di alto rango.
Il braccio di ferro però ha preso una brutta piega. Ormai alle corde Di Maio, che guida un Movimento che il 4 marzo dello scorso anno ha fatto il piano di voti soprattutto nel Centro e al Sud, non può permettersi di dare in via libera a una riforma interpretata come una sorta di secessione del Nord ricco a danno delle Regioni povere. E punta a rinviare la questione a giugno, quando gli elettori avranno ormai espresso il loro voto alle elezioni europee.
Non è così un caso che i ministeri scesi in guerra contro le pretese di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, tenendosi strette le competenze, siano quelli guidati dai grillini Danilo Toninelli (Infrastrutture), Giulia Grillo (salute), Alberto Bonisoli (Istruzione) e dallo stesso Di Maio (Lavoro e Sviluppo) che rischia di perdere il controllo sull'erogazione del reddito di cittadinanza. Più il Tesoro, con Giovanni Tria, che in un documento ufficiale inviato alla ministra Stefani ha posto la domanda delle domande: a chi toccherà pagare i maggiori eventuali costi dell'attuazione delle intese, alle altre Regioni o il ministero dell'Economia dovrà trovare altre coperture a carico della fiscalità generale?
I DUBBI DI SALVINI
C'è chi dice, sul fronte 5Stelle, che anche Salvini «in fondo» non così determinato a incassare l'autonomia rafforzata prima delle elezioni di maggio. Perché, dopo il successo in Abruzzo, punta a trasformare la Lega in un partito nazionale: forte in Lombardia e Veneto, ma anche in Puglia e in Calabria. E perché, consapevole delle difficoltà di Di Maio e convinto (a maggior ragione dopo il successo in Abruzzo) che il governo con i 5Stelle sia per il Carroccio un moltiplicatore di voti, non vuole forzare troppo la mano. Ipotesi scartata dal capogruppo della Lega alla Camera, Maurizio Molinari: «Vogliamo l'autonomia differenziata quanto prima, tanto più che la vogliono anche Regioni del Sud come la Puglia, la Campania e altre seguiranno». «L'autonomia è una grande opportunità per tutto il Paese, anche per il Sud», conferma Fontana.
IL RICHIAMO DEL COLLE
In questo caos cade il richiamo del capo dello Stato, Sergio Mattarella, per «una equilibrata distribuzione di competenze e responsabilità tra i livelli di governo, secondo i principi costituzionali di autonomia, sussidiarietà e buon andamento dell'amministrazione». E spunta il sospetto, avanzato da Forza Italia con il capogruppo Maria Stella Gelmini, «di un baratto tra autonomia e acqua pubblica». Alla Camera sta infatti per andare in Aula la legge, prima firmataria la grillina Federica Daga, che riporterebbe la gestione dell'acqua sotto il diretto controllo dei Comuni. Opzione sgradita alla Lega, che nega il baratto: «Abbiamo già presentato diversi emendamenti», spiega Molinari, «per noi è inaccettabile che la gestione pubblica diventi l'unico modello applicabile». Soprattutto al Nord, infatti, «l'attuale sistema funziona. E molto bene...».

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