PESCARA Quando si dice governo amico, ma poi scopri che i rapporti con Roma del neo presidente della Regione si annunciano tutt'altro che una piacevole gita fuori porta. Perché Marco Marsilio si trova oggi in una posizione piuttosto singolare sul piano delle relazioni politico-istituzionali. Dovrà infatti far valere le istanze del territorio bussando alle stanze di un governo composto per metà da ministri della Lega e per l'altra metà da ministri del M5S, che all'Emiciclo occupano però i banchi dell'opposizione con 7 consiglieri. Lo stesso Marsilio è espressione di un partito (Fratelli d'Italia) che non fa parte del governo Conte. Come se non bastasse, fatta salva l'ipotesi rimpasto i dicasteri chiave per le questioni ancora aperte in Abruzzo sono tutti occupati da esponenti dei 5 Stelle: Giulia Grillo (Salute), Danilo Toninelli (Infrastrutture e Trasporti), Alfonso Bonafede (Giustizia), Sergio Costa (Ambiente), Barbara Lezzi (Mezzogiorno), Luigi Di Maio (Lavoro). È qui che bisognerà bussare per rimettere mano alla rete ospedaliera, eliminare le scene da vecchio West sulla linea ferroviaria Pescara-Roma, portare l'alta velocità su quella adriatica; dare risposte all'insabbiamento dei porti e all'erosione dalla costa; risolvere i casi delle trivelle e del metanodotto Snam; quello delle autostrade da mettere in sicurezza e dai pedaggi carissimi.
È sul tavolo del vice premier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio che giacciono le tante vertenze relative alla grande e media industria aperte dai sindacati. È con il guardasigilli Bonafede che bisognerà confrontarsi per scongiurare la chiusura dei piccoli tribunali. Tutti argomenti che i ministri pentastellati hanno ampiamente trattato in Abruzzo nelle settimane precedenti il voto, presentandosi al fianco della loro candidata alla presidenza, Sara Marcozzi, prima di trasferirsi in massa in Sardegna a fare scorta di latte, visto che nella regione dei 4 mori si voterà domenica 24. Proprio a Pescara il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, aveva minacciato le dimissioni dal governo se fosse stato costretto a firmare le autorizzazione per le nuove estrazioni di idrocarburi in Adriatico. Questione poi tamponata dal premier Conte con un compromesso tra Lega e M5S che congela per 18 mesi il via libera alle nuove trivellazioni e aumenta di 25 volte i canoni a carico dei concessionari. Il rischio è che proprio queste grandi questioni ancora aperte, che dovrebbero essere appannaggio della maggioranza regionale, vengano cannibalizzati dal Movimento 5 Stelle, forza di governo a Roma e di lotta in Abruzzo. Lo stesso Marsilio è pienamente consapevole di trovarsi in bilico su un doppio binario: «Andrò a Roma per chiedere ai ministri di mantenere ciò che hanno promesso qui in Abruzzo».