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Data: 15/02/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Alle Regioni un pezzo di Irpef. E si terranno il gettito extra. `La quota d’imposta trattenuta non sarà fissa, ai governatori gli eventuali soldi in più riscossi

ROMA Tutto ruota attorno ai soldi. Lombardia e Veneto, nel promuovere i referendum per l'autonomia differenziata, avevano calcato sul tasto del «residuo fiscale». La volontà, cioè, di trattenere una consistente quota delle tasse raccolte sul territorio. Il Veneto prometteva, addirittura, di tenersi i nove decimi del gettito Irpef. Questo obiettivo non è stato completamente centrato, ma di certo sono state poste le basi perché, in futuro, possa avvenire. A certificarlo è la bozza di intesa arrivata ieri illustrata dal ministro delle Autonomie regionali, Erika Stefani. L'articolo 5, quello che affronta il tema delle «risorse finanziarie», è stato approvato con il via libera del ministero dell'Economia, rappresentato dall'ex assessore lombardo e oggi vice ministro, Massimo Garavaglia. Cosa dice esattamente l'articolo 5? Una commissione paritetica tra Stato e Regioni, dovrà quantificare esattamente il costo delle funzioni che saranno trasferite da Roma alle regioni del Nord. Inizialmente questo calcolo verrà fatto in base ai costi storici, quelli attualmente sostenuti. Poi si passerà, entro un anno, ai fabbisogni standard. Insieme alle funzioni lo Stato dovrà trasferire anche i soldi per finanziare i nuovi compiti. Come avverrà questo passaggio? Attraverso la cessione alle Regioni stesse, di un pezzo dell'Irpef, l'imposta sulle persone fisiche, o attraverso un'aliquota riservata sempre alla Regione, a valere su un'imposta statale. Per fare un esempio, se il gettito dell'Irpef di una delle Regioni è 100 e il costo delle funzioni trasferite è 20, vuol dire che la Regione contribuirà alle spese dello Stato solo con otto decimi del gettito Irpef e non con dieci decimi come le altre Regioni.
IL PASSAGGIO
Per il primo anno questo meccanismo è neutrale. Se lo Stato spende 20 per le funzioni trasferite e le Regioni ricevono 20, per il bilancio pubblico non cambia niente. Ma il gettito Irpef è legato all'andamento dell'economia. Se l'economia cresce, il gettito aumenta. Così, per esempio, il secondo anno a fronte di una spesa che vale sempre 20, una regione potrebbe trovarsi in cassa un gettito di 22. A chi andrà questo surplus, allo Stato o rimarrà nella Regione stessa? La bozza prevede che «l'eventuale variazione del gettito maturato nel territorio della Regione dei tributi compartecipati (...) è di competenza della Regione». Con questa norma, in pratica, i governatori, si appropriano di una parte del gettito Irpef. È vero che, all'altro lato, si assumono anche il rischio che il gettito si riduca, ma si tratta delle Regioni più ricche e dinamiche d'Italia e che, comunque, anche nel caso in cui le cose andassero male per tutti contribuirebbero un po' meno degli altri al fardello più importante, quello del debito pubblico che, a differenza del gettito tributario, non viene regionalizzato. Dei 167 miliardi circa di gettito Irpef, Veneto, Lombardia e Emilia Romagna, raccolgono circa 67 miliardi. Rispetto alle prime bozze dell'intesa, poi, è stato rimandato un nodo centrale da sciogliere: il metodo di calcolo dei fabbisogni standard. Il conteggio dei soldi da riconoscere alle Regioni avrebbe dovuto essere fatto, entro un anno, tenendo conto, diceva la prima bozza, della popolazione residente e del «gettito dei tributi maturati sul territorio».
L'INCISO SALTATO
Questa impostazione avrebbe comportato un'attribuzione di risorse maggiori ai territori più ricchi. Dalla versione finale delle intese, questo inciso è scomparso. La metodologia di calcolo dei fabbisogni standard sarà individuata da un apposito comitato Stato-Regioni che il governo si impegna ad istituire. Il problema, insomma, è per ora soltanto rimandato. Non solo. Non si capisce perché sia necessaria una nuova commissione, visto che già ne esiste una, la Commissione tecnica per i fabbisogni standard, della quale fanno parte esperti dei ministeri, dell'Istat, dei Comuni e delle stesse Regioni. La nuova Commissione è scritto nella norma, dovrà operare in «raccordo» con quella esistente, ma nulla è specificato su chi avrà la parola finale in caso di divergenze sui parametri da utilizzare per i conteggi. È per il momento, invece, sparita un'altra norma. Una sorta di «clausola di salvaguardia» che era stata riconosciuta alle Regioni. Se lo Stato avesse ridotto la base imponibile dell'imposta compartecipata, spiegava l'articolo, avrebbe dovuto riconoscere alle Regioni una quota maggiore del gettito. Però all'inverso la regola non valeva. Così come è rimasta ancora in bianco un'altra parte delle intese, quella per il rafforzamento dell'autonomia tributaria. Veneto e Lombardia chiedevano il pieno controllo su alcune tasse regionali, come quella sulle automobili, e di mantenere in Regione tutto il gettito derivante dalla lotta all'evasione fiscale e dalle rottamazioni, che riguardava le imposte devolute. Due temi sui quali il ministero dell'Economia si è detto contrario.

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