ROMA Lo sapevano tutti della debacle sarda dei 5 Stelle ma questo non ne riduce la gravità. In meno di un anno i consensi pentastellati in Sardegna sono passati da quota 370.000 delle politiche a circa 100/130.000 stimati ieri dagli exit poll di Antonio Noto per la Rai. Due elettori grillini su tre, insomma, hanno cambiato bandiera. Un livello di mobilità stellare, era l'amara battuta che girava ieri sera fra gli addetti ai lavori.
Il Movimento, che da tempo ha le vele del consenso sgonfie anche a livello nazionale poiché viene dato nei sondaggi al 22/23% rispetto al 32,7% delle politiche, nelle elezioni amministrative soffre drammaticamente ma stabilmente la mancanza di radicamento territoriale e di proposte credibili e originali. Stando agli exit poll - in attesa dei voti veri che saranno scrutinati oggi - il Movimento in Sardegna sarebbe fra il 14 e il 18%.
L'ANNIENTAMENTO
Una caduta verticale. Che colpisce un partito anti-partito che alla Camera, in un discorso di una sua deputata sarda, si era vantato di aver «annientato» nell'isola le altre forze politiche.
Alle amministrative si tratta di gestire ospedali e rifiuti, di dare prospettive concrete a comunità che soffrono la trasformazione dell'economia locale e finora i programmi amministrativi e i candidati dei 5Stelle sono stati in grado di raccogliere protesta ma non molto di più. I successi alle comunali di Roma e di Torino, infatti, preceduti da quello di Livorno e poi seguiti da qualche affermazione come a Imola o Avellino sono dovuti al meccanismo del ballottaggio che ha consentito ai 5Stelle di raccogliere al secondo turno gli elettorati ora di centro-destra ora di centrosinistra decisi a bloccare l'affermazione del candidato dello schieramento più lontano. I 5Stelli sembrano incapaci di trattenere questi elettori.
Il tutto in un contesto nel quale l'elettorato italiano - come ha imparato a sue spese Matteo Renzi - è mobilissimo perché tende a cambiare bandiera ad ogni elezione, in percentuale molto alta decide all'ultimo minuto per chi votare, non ha quasi più appartenenze ideologiche, è spaesato, impaurito ma pur sempre capace di fiutare forza e debolezza delle proposte politiche.
Le Regionali, comunque, sono da sempre per i 5Stelle la prova più dura. Per loro non è certo una novità arrivare terzi, dopo centrodestra e centrosinistra, alle amministrative. ma in Sardegna c'è di più: il Movimento torna intorno a quota 15% (quella cui era accredidato prima delle politiche del 2013), dunque fa peggio che in Abruzzo, quindici giorni fa, dove il tonfo del crollo al 20% ha provocato un contraccolpo dolorosissimo in un partito leggero come M5S. Non solo, la ritirata strategica sarda avviene in presenza di una ripresa dell'affluenza alle urne. Fenomeno che finora ha sempre favorito i 5Stelle e che invece questa volta forse è stata intercettata dall'esercito dei candidati delle 11 liste di centro-destra e delle 8 del centro-sinistra e dal carisma del sindaco di Cagliari Massimo Zedda.
Ma il gruppo dirigente grillino sa bene che i disastrosi risultati di Sardegna e Abruzzo non sono casi isolati. Basta dare un rapido sguardo all'andamento delle più recenti elezioni regionali per capire che i grillini hanno un problema di credibilità profondo a livello nazionale ma ancora più forte nei territori.
Alle politiche del 4 marzo 2018 presero il 32,7% nella media nazionale ma lo stesso giorno si votò per le regionali della Lombardia e del Lazio. In entrambe le regioni arrivarono terzi dietro centrodestra e centrosinistra (che vinse nel Lazio con Zingaretti) raccogliendo il 17,4% dei consensi in Lombardia e il 27,0% nel Lazio. A Roma città nello steso giorno si spostarono 180.000 voti fra le politiche e le regionali dai 5stelle al Pd con la lista Dem che alle regionali prese nella Capitale 260.000 voti contro i 250.000 della lista 5Stelle.
Nè andarono meglio le regionali successive. Poche settimane dopo, il 23 aprile, si votò nel Molise e i 5Stelle raccolsero un bottino assai inferiore a quello delle politiche fermandosi al 38,5%.
La settimana successiva si votò in Friuli che incoronò il nuovo presidente leghista Massimiliano Frediga con quasi il 60% dei consensi e relegò il Movimento ad appena l'11,7% dei voti. Le regionali del Friuli avrebbero dovuto far scattare un campanello d'allarme fortissimo nei 5Stelle perché nel 2018 in quella Regione riuscirono a prendere addirittura meno voti di quelli del 2013. Il virus anti 5Stelle delle regionali era già all'opera e da allora si è allargato anche ai consensi nazionali.