ROMA Alla sesta tornata delle elezioni regionali (un massacro che continuerà per tutto il 2019 con Basilicata, Piemonte, Emilia e Calabria) le analisi dei flussi dei voti equivalgono ormai a colpi di scalpello sul marmo: è evidente che se i 5Stelle non si inventano qualcosa rischiano di rimanere stritolati fra la forza dello slogan Prima gli italiani e la ripresa del messaggio solidaristico e di buona amministrazione del centro-sinistra.
Da questo punto di vista le elezioni sarde sono un caso da manuale di formazione e di spolpamento di un patrimonio elettorale: in meno di un anno i 5Stelle sono passati dal trionfo plebiscitario dei 370.000 voti raccolti in Sardegna alle politiche del 4 marzo 2018 agli scarsi 70.000 mila che hanno incassato domenica scorsa. Raramente si è assistito a sbandamenti elettorali di tale portata. Il che però, a detta di tutti gli esperti del ramo, non vuol dire che i 5Stelle siano finiti e men che meno che le europee saranno la fotocopia delle regionali. La prima lezione di questi anni è che l'elettorato italiano è mobile. La seconda è che l'offerta dei partiti presentata ad ogni elezione non solo risponde alle domande dell'elettorato ma le cambia e le fa evolvere.
LA CENTRIFUGA
Ma che cosa ci raccontano i flussi sardi nel dettaglio? Gli analisti della SWG intanto hanno calcolato le dimensioni dello schianto pentastellato. Eccole: il 41% di chi li aveva scelti alle politiche è tornato nel non voto; il 18% ha votato per Solinas e il 15% è tornato al centrosinistra. E' come se il M5S fosse finito in una immensa centrigìfuga. Ma la novità vera è la conferma, come già accaduto in Abruzzo, del ritorno alla sinistra di una parte dell'elettorato che aveva scelto i 5Stelle forse proprio perché accusavano il Pd di tradimento del suo ruolo di difensore dei più deboli.
«Quello che si sta muovendo nel Paese è complesso - spiega Enzo Risso, direttore dellaSWG - I 5Stelle sono danneggiati dalla riduzione del livello di rabbia e dalla minore forza della lotta alla casta che aveva attirato a loro la quota socialmente meno elevata dell'elettorato di centrosinistra. E' evidente che sia in Abruzzo che in Sardegna la sinistra ha offerto figure di spessore e un fronte civico e questa offerta politica ha fatto tornare a casa elettori. Dall'altra parte i 5Stelle avevano raccolto anche consensi di centrodestra che non gradivano più il berlusconismo e anche questi elettori si sono dimostrati sensibili al richiamo della vecchia foresta. Ma al contrario dell'Abruzzo, dove la lista della Lega ha segnato un secco 27%, in Sardegna la frammentazione delle liste è forte. Non si è formato un chiaro baricentro partitico».
Un altro elemento che emerge dall'analisi dei flussi è che fra i due poli politici classici non ci sono passaggi di elettorato. Infatti Solinas, il candidato alla presidenza del centrodestra, ha raccolto solo il 2% dei consensi di chi aveva votato centrosinistra e anche nell'elettorato di Zedda, il candidato del centrosinistra, è sono confluiti solo due elettori su cento che alle politiche avevano scelto la destra.
Ma, allora, se la rabbia e la lotta alla casta - semplificando - non sono più le molle principali che motivano l'elettorato italiano cosa ne sta determinando davvero le scelte? L'altro giorno l'Istat ha diffuso dati sorprendenti: 7 italiani su 10 sono soddisfatti della loro vita. Allora cosa chiedono gli italiani ai partiti? Sono domande cui le regionali offrono risposte parziali perché - per definizione - esse ignorano grandi temi come quelli dell'economia che invece nei prossimi mesi la faranno da padrone.
Secondo alcuni analisti nel ritorno ad un binomio classico fra centro-destra a guida leghista dai connotati statalisti e a un centro-sinistra più solidarista di quello renziano c'è una sola spinta. Quella di un Paese che chiede ancora una volta di agire su quella che gli economisti definiscono domanda, cioè sulla distribuzione di risorse pubbliche, piuttosto che sull'offerta, cioè sull'aumento della produttività del lavoro e dell'efficienza del sistema. Dove trovare queste risorse per sostenere la domanda non è dato sapere. Però una cosa è certa: la gran parte degli italiani non ha alcuna intenzione di uscire dall'euro e dunque sa bene che non si potrà aumentare il debito all'infinito. Troppe domande, forse, in vista dell'avvio di un'altra piccola giostra elettorale: le regionali della Basilicata in programma il 24 marzo.