MILANO A protestare davanti alla sede della Regione erano più di cento. Professione driver, cioè conducenti di vettori che, accusano, «spremono i dipendenti per consegnare tutto ciò che gli è stato assegnato anche quando il furgone è colmo di pacchi, senza considerare le condizioni meteo, la lunghezza dei tragitti e il traffico ». Ieri i 700 addetti alle consegne in appalto per Amazon in Lombardia hanno scioperato per contestare i carichi e le condizioni di lavoro. Un gesto definito da Confcommercio e Conftrasporto «strumentale», sostenuto con forza dal sindacato e con «impatto modesto sull’operatività», affermal’azienda. CODICE DI CONDOTTA A protestare non sono gli addetti dei centri logistici del colosso di Jeff Bezos -Amazonne ha diversi in Italia e nel 2017 hanno incrociato le braccia i lavoratori di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza - bensì i corrieri. Non sono addetti di Amazon, dato che il gruppo possiede una flotta solo negli Usa e in Inghilterra mentre negli altri Paesi si serve di corrieri o di aziende di trasporto minori. È proprio in questo secondo livello che sono nate le rivendicazioni. «Torniamo a scioperare nella filiera Amazon - spiega una nota di Filt Cgil, Fit Cisl e Uil Trasporti - per denunciare i carichi di lavoro cui sono sottoposti i driver che tutti i giorni consegnano i pacchi nelle case dei consumatori digitali. Le aziende in appalto per accaparrarsi qualche rotta in più spremono i dipendenti». C’è inoltre la questione dei “picchi”, con dipendenti triplicati «durante il periodo di novembre-dicembre » poi «rimasti a casa», e non ultimo il nodo degli stipendi, un accordo di filiera che i sindacati ritengono non rispettato anche nella parte di «timbratrici» per normare i tempi di lavoro. Daqui la richiesta ad Amazon di intervenire e la decisione di spegnere i motori che ha fatto saltare 120 consegne a deposito, segnalano gli organizzatori. Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha portato la solidarietà ai lavoratori in piazza, chiedendo «l’apertura di un tavolo», la collega della Cisl Annamaria Furlan ha rilevato la necessità di «far rispettare i contratti e tutelare la dignità di tutti i lavoratori della gig economy», per Carmelo Barbagallo (Uil) «non è accettabile che il sistema dell’impresa 4.0 si trasformi in una sorta di caporalato 4.0». La risposta dell’azienda: già da oggi verrà richiesto ai fornitori il rispetto del «Codice di condotta di Amazon» e di «garantire che gli autisti ricevano compensi adeguati, siano trattati con rispetto, si attengano a tutte le normative vigenti e al codice della strada, e guidino in modo sicuro ». Secondo il gruppo di Bezos «circa il 90% degli autisti termina la propria giornata di lavoro prima delle 9 ore previste e nel caso in cui venga richiesto straordinario, viene pagato il 30% in più come previsto dal contratto nazionale».