TORINO Quanto il tema sia caldo, e la decisione non più rinviabile, lo dimostra l'ingorgo istituzionale nella città diventata l'ultima frontiera della Tav. Nicola Zingaretti è segretario del Pd da nemmeno un giorno e il suo primo impegno istituzionale è un colloquio di oltre un'ora con il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, che ha fatto della Torino-Lione una battaglia personale: «I bandi non si interrompano: sarebbe criminale pensare di perdere centinaia di milioni di investimenti e migliaia di posti di lavoro», avverte. Ma ci sono anche il vicepremier Luigi Di Maio, che presentando un fondo per le start up riesce a parlare per mezza giornata di innovazione senza mai pronunciare la parola Tav, insieme alla sindaca Chiara Appendino. Ne approfittano per un confronto, l'alta velocità rischia di spaccare in un sol colpo la giunta Cinquestelle e il governo.
INVESTIMENTI PER IL SUD
Zingaretti lo sa e con la sua trasferta a Torino apre una nuova stagione di opposizione all'esecutivo che «gioca con i programmi come con le figurine: io do una cosa a te e tu la dai a me», sottolinea. Una maggioranza che sta insieme «non perché crede in qualcosa, ma per la necessita di gestire il potere, gli stucchi d'oro di Palazzo Chigi evidentemente danno alla testa». Il segretario dem ricorda quando «Salvini stava dentro alla galleria della Tav e l'altro vicepremier diceva che la galleria non esiste. Surreale». Mentre l'Italia «si merita molto di più delle sceneggiate a cui stiamo assistendo sulla Tav, penso a un grande piano di investimento per il Sud, sulle reti idriche, le ferrovie, sulla NapoliBari e sul digitale». L'unità di misura, dice, è sempre l'alta velocità, «simbolo nazionale di come non ci si deve comportare rispetto alle aspettative di futuro di un grande paese come l'Italia». Che dopo «nove mesi di propaganda, parole, confronti, selfie si ritrova di nuovo in ginocchio, la produzione industria è crollata, il fatturato delle aziende fermo e i cantieri bloccati». Motivo per cui Confindustria Torino e Unione industriale sono furibonde con Di Maio, che si è guardato bene dall'invitare i rappresentanti al lancio del Fondo per l'innovazione. «Ho letto che con questa misura il ministero dello Sviluppo si augura di raddoppiare i 50 mila occupati nelle pmi innovative che, per coincidenza, è lo stesso numero di posti di lavoro che perderemmo solo nel nordovest con lo stop della Torino-Lione», commenta il presidente degli industriali Fabio Ravanelli. E Zingaretti punta proprio nella direzione opposta a quella del vicepremier: «Creare lavoro vuol dire investire sulle infrastrutture. Noi avevamo iniziato, forse in modo insufficiente, ma questo governo mette indietro le lancette dell'orologio e scarica il costo su famiglie e giovani». Per nascondere le divergenze politiche, rileva, «ogni settimana se ne sente una e intanto il cantiere è fermo. L'Italia sta pagando il costo dell'incertezza di una maggioranza parlamentare che non è unita. Questo è inaccettabile».
IL DISEGNO DI LEGGE
Il segretario Pd mette nel mirino la Lega di Salvini anticipando «una nuova proposta di tutto il centrosinistra sulle autonomie regionali» - più simile al modello Piemonte che a quello lombardo - ma è il salario minimo orario il primo banco di prova che il M5s prepara per il fresco vincitore delle primarie. A lanciare la sfida è Di Maio, che rivolgendosi al governatore del Lazio auspica ampie convergenze parlamentari sul disegno di legge a prima firma Nunzia Catalfo. «Chi vuole fare gli interessi dei lavoratori non può tirarsi indietro. Il Movimento 5 Stelle è dalla loro parte», scrive il vicepremier rimproverando alla sinistra di non aver mai affrontato la questione quando era al governo. «Il salario minimo è una battaglia di tutti e sul tema mi auguro di vedere un'ampia convergenza parlamentare, a partire proprio da Zingaretti», aggiunge. La risposta del segretario Pd punge: «I processi politici non si fanno con le furbizie», replica a Di Maio. Mentre il suo entourage mette subito in chiaro le regole d'ingaggio: «L'agenda non ce la dà un leader politico in progressiva discesa». Ma a esortare a mantenere le distanze dai grillini, dopo una conferenza sui populismi europei a Cambridge, è l'ex premier Paolo Gentiloni. Si dichiara «entusiasta» del risultato delle primarie, rimarca che il voto per Zingaretti «è stato una spinta di straordinaria speranza, ora il nostro problema è non deluderla». Quindi massimo distacco: «Dobbiamo vincere le elezioni, recuperare ovviamente il nostro elettorato, ma non dobbiamo fare giochini con i Cinquestelle».