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Data: 07/03/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Reddito, nessuna ressa solo 80 mila domande Poste: card dal 19 aprile. Ma un quarto dei beneficiari avrà meno di 1.000 euro l’anno. L’Ufficio parlamentare di bilancio: andrà al Mezzogiorno il 56% dei sussidi erogati

ROMA L'assalto alla diligenza non c'è stato. L'esordio del reddito di cittadinanza non ha generato le temute code alle Poste e ai Caf. Le domande presentate negli oltre 12 mila uffici postali della Penisola sono state 35.653, mentre quelle giunte ai Caf, dove si procede per appuntamento, al tramonto sarebbero circa 40 mila. Nei soli Caf Acli sono state presentate 3 mila domande. Il canale online, per utilizzare il quale è necessario essere in possesso di un'identità digitale, è stato poco sfruttato: solo 8.500 mila richieste. In tutto 44 mila domande, alle quali aggiungere le circa 40 mila dei Caf. Ieri, in pratica si è fatto avanti circa il 3% dei 2,7 milioni di aventi diritto. Il record, con oltre 5 mila domande, si è registrato in Campania, Lombardia e Sicilia (rispettivamente 5.770, 5.751, 5.328 domande). Sulle autostrade che portano al sussidio pentastellato è previsto però bollino rosso venerdì 23 marzo e lunedì 25, gli ultimi due giorni utili per ottenere la prima mensilità già, come ha confermato ieri Poste, a partire dal 19 aprile.
I CONTROLLI
Le domande che verranno presentate in questa fase rimarranno congelate fino ad allora, considerato che il decretone, ora alla Camera, non diventerà legge prima della fine del mese. I moduli presentati negli uffici postali vengono trasmessi immediatamente all'Inps, che ha cinque giorni di tempo per archiviare i dati ricevuti.
L'istituto di previdenza, tuttavia, procederà ai controlli solo all'inizio di aprile, ovvero una volta che saranno stati perfezionati i vincoli anti-furbetti. Le domande inoltrate tramite i Caf, invece, resteranno nei caveau digitali dei centri di assistenza fiscale (non proprio inespugnabili stando alle osservazioni del Garante della privacy) fino al 25 marzo, quando verranno inviate all'Inps. A quel punto, l'istituto impiegherà dieci giorni per accertarsi che il richiedente sia in possesso dei requisiti per accedere al sostegno.
Al contrario, chi presenterà la domanda per il sussidio dopo il 25 marzo, attraverso uno dei canali previsti, dovrà attendere fino a maggio per poter godere del bonus. Ieri l'afflusso è stato maggiore nelle grandi città, dove a ogni modo non c'è stato bisogno di procedere in ordine alfabetico come suggerito da Poste Italiane per ridurre i tempi di attesa. A Milano il primo a presentarsi allo sportello sarebbe stato un disoccupato di origine marocchina, 56 anni, in Italia dal 1989. Ma la partenza soft non deve illudere: secondo gli addetti ai lavori le condizioni del traffico sono destinate a peggiorare strada facendo. L'afflusso dovrebbe aumentare con l'approssimarsi della scadenza del 25 marzo. Intanto, l'Inps in audizione alla Camera ha chiarito che la consegna dell'agognata card avverrà dopo il 19 aprile (dal 15 aprile in poi gli aspiranti al reddito sapranno se avranno diritto o meno al sostentamento). Si prevede, dunque, che il complesso meccanismo vada a regime dalla fine del mese prossimo, quando verranno caricati i primi soldi sulle tessere magnetiche gialle. Ma a determinare la mancata corsa al reddito di cittadinanza potrebbero essere state anche le numerose incognite. Il progetto pentastellato è un cantiere ai primi scavi. C'è peraltro un «rischio enorme», paventa la Cei, «di aumentare forme di cittadinanza non solo passiva ma anche parassitaria», visto che il beneficio è comunque simile alla retribuzione, e può spingere alla rinuncia a cercare il lavoro. Per avere successo anche sul fronte delle politiche attive per il lavoro, Di Maio continua a spingere sui «navigator», pensati, assicura, per «supportare» i centri per l'impiego ancora sguarniti di personale, finché non saranno completati i concorsi. Ma le Regioni continuano a essere contrarie.

Ma un quarto dei beneficiari avrà meno di 1.000 euro l’anno.

ROMA Un reddito di cittadinanza che premia il Mezzogiorno, riuscendo sulla carta a intercettare il fenomeno della povertà in quell'area del Paese. Ma che - per come è stato progettato - rischia di disincentivare il lavoro. Nel giorno in cui i cittadini possono iniziare a richiedere il sussidio voluto dal governo l'Ufficio parlamentare di bilancio lo ha radiografato nell'audizione alla Camera del Consigliere Alberto Zanardi.
L'entità media del beneficio è di circa 6 mila euro l'anno per famiglia che si traducono in 2.170 euro in termini pro capite, con circa il 5 per cento dei singoli interessati al di sopra dei 6 mila euro e quasi un quarto sotto la soglia dei 1.000. La platea identificata è di 1,3 milioni di nuclei familiari, corrispondenti secondo Upb a 3,6 milioni di individui. Dunque poco più di due terzi dei circa 5 milioni di persone in povertà assoluta a cui fa riferimento il governo. Proprio rispetto alla povertà assoluta, risultano tutelate soprattutto le famiglie con un solo componente, mentre quelle relativamente più numerose risentono negativamente dell'impostazione della cosiddetta scala di equivalenza, la formula che distribuisce i benefici in base al numero dei componenti: una scelta che dipende a sua volta dalla necessità di contenere i costi complessivi di questa misura. Sul piano geografico, il 56 per cento dei nuclei beneficiari è residente al Sud e nelle isole, il 28 per cento al Nord e la parte restante al Centro. La capacità del reddito di coprire le situazioni di difficoltà è differenziata. Nel Mezzogiorno la platea di coloro che percepiscono il reddito tende a coincidere con quella dei poveri assoluti, mentre al Centro e al Nord la copertura è più limitata (poco più della metà nel caso delle Regioni settentrionali). Una differenza che si spiega da una parte con il fatto che i requisiti di reddito sono uniformi (mentre in alcuni territori le soglie di povertà sono molto eterogenee) dall'altra con l'esclusione di una quota rilevante di stranieri, che sono presenti in particolare al Nord. Tra le singole Regioni, l'incidenza più alta di percettori è in Sicilia e in Campania.
GLI IMPEGNI
Gli impegni richiesti in corrispondenza del beneficio finanziario risultano differenziati in base alla composizione delle famiglie: il 37 per cento si ritroverebbe senza obblighi di alcun genere, il 26 per cento dovrebbe inserirsi nel percorso lavorativo gestito dai centri per l'impiego, mentre il restante 37 dovrebbe entrare nel percorso di inclusione gestito dai Comuni. L'Upb segnala tuttavia come questa stima potrebbe oscillare a causa dell'ambiguità della nozione di occupato nel testo del decreto.
Zanardi ha poi analizzato l'impatto del reddito sulle scelte dei singoli e il rischio che possa fungere da disincentivo al lavoro. Rischio insito già nel fatto che, per come è costruito lo strumento, il reddito da lavoro dichiarato va a ridurre automaticamente sull'importo corrisposto. E il disincentivo - nota il consigliere Upg è aggravato dal fatto che «la misura potrebbe spiazzare segmenti del mercato del lavoro soprattutto al Sud caratterizzati da retribuzioni particolarmente modeste eventualmente dovute a rapporti part-time o di collaborazione, per i quali l'attività lavorativa non risulterebbe economicamente conveniente». Quanto agli effetti macroeconomici, l'analisi dell'Ufficio di Bilancio riconosce un incremento del Pil di 0,2 punti quest'anno e 0,4 nel 2020, grazie all'aumento dei consumi e a quello dell'occupazione. Ma sebbene il reddito possa produrre un aumento del potenziale di crescita, non ci sarebbe una variazione significativa dell'output gap (la differenza tra crescita potenziale ed effettiva) e quindi nemmeno un allargamento dello spazio fiscale rispetto alle regole europee, ovvero la possibilità di fare più deficit.

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