Le iniziative sindacali in programma. Al centro la contrattazione, da cui ripartire per l’affermazione dei diritti. E l’ascolto: l’azione si costruisce attraverso le esperienze delle delegate. Camusso: “Questa ricorrenza sia davvero un momento speciale”
Come ogni anno, si rinnovano gli appuntamenti e le iniziative per la Giornata internazionale della donna, con tanti temi su cui riflettere e agire. Le tre principali sigle sindacali – rappresentate da un tris tutto al femminile: Susanna Camusso per la Cgil, la segretaria generale Cisl Annamaria Furlan e la segretaria confederale Uil Ivana Veronese – hanno indetto a Roma, per la mattina di venerdì 8 marzo, un’assemblea nazionale unitaria che si svolgerà presso l'aula magna del Policlinico Umberto I. Al centro del programma la contrattazione, perché è da qui che bisogna ripartire per l’affermazione dei diritti. Ma anche l’ascolto, perché l’azione si costruisce attraverso le esperienze e le denunce delle delegate sindacali.
Disparità salariali
I dati parlano chiaro: la discriminazione delle lavoratrici è lampante, con disparità salariali, scarsa rappresentanza nei ruoli apicali e dirigenziali (nonostante elevati titoli di studio), molestie, atteggiamenti di stampo sessista, demansionamenti successivi alla maternità e altre forme di disparità più o meno indirette. Insomma, non sembra essere universalmente riconosciuto il principio delle pari opportunità tra uomini e donne. “È importante che questa ricorrenza sia davvero un momento speciale – commenta Susanna Camusso, responsabile per le politiche di genere della Cgil –, in contrasto con il tentativo di molti di ridurla solo a un’occasione di festa, folclore, consumismo. Oggi il dibattito politico e sociale è caratterizzato dal tentativo di rimettere in discussione anche le conquiste che le donne hanno raggiunto, con fatica e determinazione, nel corso di decenni”.
In Italia si deve fare ancora molto per contrastare il gender pay gap (vale a dire l’elevato divario nei salari percepiti) e il glass ceiling (il cosiddetto “soffitto di cristallo”, che ostacola i livelli occupazionali e gli avanzamenti di carriera). Gli ultimi dati Istat, relativi a dicembre 2018, segnalano un tasso di occupazione femminile pari al 49,7 per cento, contro il 68 per cento degli uomini, mentre a gennaio 2019 gli indici di lavoro segnalano lievi aumenti dell’occupazione, ma non per donne e giovani. “Tutte queste diseguaglianze rendono le donne più deboli – sottolinea Giorgia Fattinnanzi (politiche di genere della Cgil nazionale) – , soprattutto se coinvolte in una spirale di violenza e senza quell’autonomia non solo economica che permette loro di liberarsi. La sfida è concentrarsi sui temi contrattuali, a partire dagli orari di lavoro e dal riequilibrio dei carichi familiari, che non possono più essere appannaggio esclusivamente delle donne”.
Il disegno di legge Pillon
In queste settimane, la posizione di movimenti e associazioni per la tutela delle donne è indirizzata a bloccare il disegno di legge Pillon su separazione e affido. Questo ddl, che viene giustificato in nome della presunta bigenitorialità, è stato criticato anche dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (Cnop). Le criticità individuate nella proposta normativa riguardano l’imposizione di tempi paritari di affido e la doppia domiciliazione per i minori figli di coppie separate, il mantenimento diretto, la mediazione civile obbligatoria anche in ipotesi di separazione consensuale, lo sdoganamento dell’alienazione parentale (la Pas, che peraltro non è riconosciuta come patologia dalla maggioranza della comunità scientifica) e i collaterali rischi in situazioni di violenza domestica.
Le iniziative
Per l’8 marzo la Cgil e lo Spi di Parma, insieme ai rispettivi coordinamenti donne, hanno programmato un incontro dal titolo “Ddl Pillon, un progetto di arretramento”, per denunciare senza mezzi termini le conseguenze negative per donne e bambini della riforma del diritto di famiglia firmata dal senatore della Lega. Non solo. In tutto il territorio nazionale sono numerose e variegate le iniziative della Cgil: tra queste, si segnala l’inaugurazione a Melfi di una panchina rossa come simbolo della lotta alla violenza nei luoghi di lavoro, mentre a Siena verrà distribuito alle studentesse universitarie materiale informativo sulla rivendicazione dei diritti. In Sicilia sono previsti diversi incontri sul contrasto alla violenza di genere e sul ruolo della donna nella società in una prospettiva di sviluppo; nelle Marche ci saranno invece vari eventi culturali e di spettacolo e nella città di Ancona è previsto un convegno in cui sarà presentata l’indagine sul lavoro femminile messa a punto dall’Università Politecnica delle Marche.
La verità è che in Italia siamo molto lontani dai traguardi di parità conseguiti da altri Stati europei. A cominciare dall’Islanda, dove la parità salariale è obbligatoria per legge in tutte le aziende pubbliche e private e sono previste multe in caso di violazione dell’obbligo di parità retributiva a pari qualifica, ma anche dalla Spagna, dove i congedi parentali sono uguali per madri e padri. La protesta dell’8 marzo si raccoglie intorno a questi argomenti. In maniera decisa si vuole arginare quella cultura bassa e di stampo patriarcale che ostacola le donne nella loro autodeterminazione e che trova spazio incontrollato nei social network. Ne è una triste rappresentazione il volantino pubblicato ieri dalla Lega di Crotone in cui si legge che “il ruolo naturale della donna è in famiglia”.