ROMA Un cavillo ha sgonfiato la bolla della crisi di governo più pazza del mondo. In sostanza domani per la Tav partiranno gli «inviti a presentare la candidatura» («Avis de marchés», secondo la legge francese) revocabili entro sei mesi secondo una clausola di dissolvenza. Questo consente all'Italia (e alla Francia) di non sentirsi vincolata ai nuovi appalti, ma nella sostanza la procedura di assegnazione dei lavori va avanti per i tre lotti destinati a realizzare lo scavo di 45 chilometri di tunnel in territorio francese. La possibilità di revocarli non è una novità perché normalmente è prevista per contratti di questo genere.
L'escamotage giuridico, o lessicale, consente alla Telt, la società che coordina i lavori del tunnel, di non perdere i 300 milioni di fondi europei per la Tav che sarebbero stati ritirati da Bruxelles se gli «Avis» non fossero stati pubblicati ufficialmente entro il 30 marzo.
Ampiamente anticipato dai giornali già ieri nonostante il gran polverone sulla crisi imminente, il cavillo è indicato in una lettera che il premier Giuseppe Conte ha inviato alla Telt e nella controreplica della Telt stessa spedita agli esecutivi di Italia e Francia.
Tutta giocata sul piano giuridico e lessicale, la raffinata mossa giuridica del premier Conte (che di mestiere fa l'avvocato) evita, per ora, la crisi di governo perché permette sia alla Lega che al M5s di cantare vittoria. «I bandi partono», dice il partito di Matteo Salvini. «Partiranno tra sei mesi solo se ci sarà l'ok italiano a un'opera in toto ridiscussa», ribattono dal Movimento di Luigi Di Maio. Conte presenta il suo cavillo sui social così: «Non ci condizionano le pressioni opache di gruppi di potere». Agli italiani il premier spiega che «i capitolati di gara» di Telt non partiranno «senza l'avallo» dei governi italiano e francese: per ora si svolgeranno «mere attività preliminari, senza alcun impegno per il nostro Stato». L'obiettivo, assicura il premier, è «interloquire con la Francia e l'Ue», senza nel frattempo perdere i finanziamenti europei.
LE PRATERIE
Ma il compromesso, a dispetto della mancata crisi di governo alla quale non credeva nessuno, apre praterie anche per l'opposizione. «Decidono di non decidere», attacca Forza Italia. «Roba da azzeccagarbugli», tuona Mara Carfagna. Il neosegretario Pd, Nicola Zingaretti, non usa mezze misure: «Sulla Tav un pasticcio indecente e un danno immenso alla credibilità dell'Italia. Il governo si tiene insieme solo per un patto di potere. Spero provino vergogna». «Roba da repubblica delle banane», è la stocccata diSergio Chiamparino, presidente Pd della Regione Piemonte. La leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni all'Intervista di Maria Latella su Sky Tg24 spiega che Lega e M5S rappattumano ma poi dovranno vedersela con una maximanovra autunnale.
Non sfugge agli osservatori però che i leader di Lega e M5S chiosano l'intera vicenda con toni diversi. «Non vince o perde nessuno ma farò di tutto affinché la Tav si faccia», sottolinea Matteo Salvini. «Abbiamo ottenuto un grande successo e il rispetto del contratto di governo: il governo va avanti», dice Di Maio, che declassa a «folklore» la crisi di governo ventilata da Salvini in caso di stop ai bandi.
La partita finale rimandata a settembre quando andrà sciolto il nodo degli appalti
ROMA Apparentemente hanno vinto tutti o quasi. Il governo giallo verde perché guadagna tempo, evita di bloccare i lavori ma, contestualmente, non si impegna dal punto di vista finanziario. Parigi che mantiene il punto, tiene in vita il progetto e non vede andare in fumo le risorse stanziate dall'Europa. Infine la Telt, società che gestisce l'opera, che si limiterà a spostare in avanti gli appalti per la costruzione della Torino-Lione. In fondo, grazie ad un escamotage giuridico, la partita finale sul futuro della Tav viene tecnicamente rinviata a settembre con la messa a punto dei capitolati d'appalto veri e propri. E - se le condizioni politiche lo consentiranno - il completamento dell'infrastruttura o il suo stravolgimento.
LE TAPPE
Domani, Telt, come scritto nelle lettera di risposta al governo italiano, darà il via libera solo alla pubblicazione delle manifestazioni d'interesse. Agli inviti cioè alle imprese interessate a presentare le candidature per i prossimi lavori che riguardano i lotti francesi del tunnel di base. Quest'ultime avranno tempo fino al 31 marzo per farsi avanti, mentre la scelta definitiva verrà fatta tra 6 mesi, a settembre appunto. La pubblicazione degli avis de marchès se da un lato può apparire come una vittoria della Lega, che spinge per andare avanti, dall'altro è qualcosa di ben diverso rispetto ai bandi di gara che definiscono nei dettagli, con capitolati specifici, la natura degli interventi da realizzare, i costi, le tecnicalità operative. Al momento tutto resta nel limbo, sospeso. O meglio rinviato a quando la stazione appaltante, la Telt, dovrà condividere con le aziende interessate - ce ne sono tante - i capitolati e quindi la strada da compiere. Ma se su questo punto la Francia non ha nessun dubbio - il rinvio di 6 mesi è considerato propedeutico ad un sì - dall'altro resta un rebus quale sarà l'atteggiamento dell'Italia. Perché il presidente del Consiglio mier Giuseppe Conte ha spuntato in extremis il massimo possibile. Non c'è infatti lo stop all'opera - che avrebbe comportato subito un danno erariale di 300 milioni a carico di Telt e conseguenze ben più pesanti in termini politici - ma la sua «rivalutazione». Con l'invito del premier, giuridicamente non rilevante ma politicamente forte, rivolto a Telt a «soprassedere dalla comunicazione dei capitolati di gara, al fine di evitare che soggetti terzi», cioè le imprese, possano «formulare offerte per la realizzazione dell'opera, condizionando le libere, definitive determinazioni del governo» italiano. E senza offerte, senza capitolati, senza ripartizione dei lavori, il governo si mette al riparo «dall'assunzione di impegni di spesa». Insomma, non è costretto a bloccare dei soldi, a subire dei vincoli. Almeno nell'immediato.
FONDI UE
Non solo. La pubblicazione dei semplici inviti a partecipare consente di non perdere gli stanziamenti dell'Unione Europea. Tutto resta quindi aperto, reversibile, come prevede del resto la clausola di dissolvenza del diritto francese. Norma che ha salvato gli equilibri all'interno dell'esecutivo e rinviato lo scontro con l'Europa. Restano quindi congelati 2,3 miliardi di appalti. Anche se, ed è un dato che la Lega considera positivo, la procedura di selezione delle aziende viene comunque avviata. A settembre arriveranno anche i capitolati per la presentazione delle offerte definitive che - spiegano alla Telt - dovranno avere l'avallo dei governi francese e italiano. Il primo è pressoché scontato, visto che Parigi non ha nessuna intenzione di fare marcia indietro, il secondo dipenderà dal quadro politico che emergerà dopo le consultazioni europee a le trattative con Bruxelles. Sempre che qualcuno, dentro il governo, non decida di forzare la mano, facendo saltare il fragile equilibrio raggiunto. L'analisi costi benefici realizzata dal Mit viene sostanzialmente considerata carta straccia dagli uomini di Matteo Salvini, dalla Commissione Ue, da Parigi e dal fronte delle imprese. Una resa dei conti solo rimandata.