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Data: 10/03/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il sollievo di Di Maio, musi lunghi tra i suoi: «Serviva più coraggio». Salvini: «L’opera non si ferma e Conte non potrà bloccarla»

ROMA «Basta folklore, bisogna andare avanti con grande senso di responsabilità: il Paese ha bisogno di tranquillità». Archiviata la crisi di governo Luigi Di Maio tira un sospiro di sollievo e passa all'incasso dopo il momentaneo stop alla Tav, senza lesinare una frecciatina a Matteo Salvini. Per il momento finiscono in ghiaccio soltanto le gare e non i bandi che partiranno regolarmente, ma per ora è passata la tempesta il M5s decide di fare festa.
Al Palazzo delle Stelline di Milano, dove va in scena la due giorni di eventi organizzata da Davide Casaleggio («Non penso ci sia una crisi di governo», aveva rassicurato in mattinata il guru informatico stellato), il sabato del Villaggio Rousseau è tutto un tripudio di palloncini rossi che inneggiano alla felicità tra gli occhi gonfi di orgoglio dei parlamentari stellati. «Abbiamo vinto noi», è la frase che corre di bocca in bocca tra attivisti e maggiorenti grillini. «Salvini ha giustamente deciso di aderire alle posizioni del Movimento», esulta il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli. «Grazie Di Maio!», festeggia il capogruppo alla Camera Francesco D'Uva.
IL PUNTO
E il sottosegretario alla P.A. del M5s Mattia Fantinati, mette una pietra tombale sul progetto: «Hanno prevalso i fatti». Apparente soddisfazione si respira anche tra le truppe ortodosse del Movimento. «Lo stop ai bandi deciso su linea Conte-Di Maio è una buona notizia senza dubbio», trapela da chi ha parlato con Fico durante la giornata. Ma a dispetto del «grande successo» invocato sui social da Luigi Di Maio dopo il rinvio sulla Tav, nell'ala sinistra dei Cinque Stelle non mancano in realtà i musi lunghi.
«Bisogna essere intellettualmente onesti ammonisce il senatore no Tav Alberto Airola questo è soltanto un blocco momentaneo. Dopo che Salvini aveva minacciato la crisi di governo, era il caso di accelerare per andare a vedere le carte». Identico scetticismo serpeggia anche nelle parole di una fichiana doc come la deputata Doriana Sarli: «Spero non stiamo prendendo tempo soltanto per perdere tempo. Non vorrei dice la deputata napoletana al Messaggero - che alla fine della fiera ci aspettasse una mini-Tav. Salvini dovrebbe ingoiare il rospo proprio come abbiamo fatto noi con il decreto sicurezza». «Avrei preferito lo stop all'opera con un decreto ministeriale. Dopo tutti i rospi che il M5S ha dovuto ingoiare in questi mesi di governo», le fa eco la collega ortodossa al Senato, Paola Nugnes. Nonostante le rassicurazioni lanciate dai due vicepremier sul futuro del governo giallo-verde, la piccola vittoria strappata dal M5s non cancella le perplessità verso l'alleato. «L'analisi costi-benefici ha dato risultato negativo e la Lega ora deve adeguarsi mastica amaro il deputato grillino Riccardo Ricciardi che cosa sarebbe accaduto se noi avessimo fatto un'analisi costi-benefici anche sul decreto sicurezza?». «Tanto caos per nulla. Credo sia il caso di abbassare un po' i toni», minimizza il deputato stellato Davide Galantino. Dopo la Tav, Lega e M5s torneranno a incrociare le spade sull'autonomia mentre i grillini mettono sotto accusa il ministro Toninelli per come ha gestito «male» il dossier Tav. Ma tra gli stellati c'è chi guarda con cauto ottimismo al futuro. «Noi e la Lega siamo forze politiche diverse, ma speriamo di aver superato con la Tav uno scoglio difficile. Adesso via a un sano confronto sull'autonomia che non penalizzi il Sud», ragiona il deputato Giorgio Trizzino. «Ora che gli alleati hanno finalmente messo da parte concetti come il residuo fiscale che violavano palesemente la Costituzione, sul federalismo fiscale riusciremo a trovare una soluzione», assicura il vicepresidente della bicamerale per il Federalismo, Vincenzo Presutto.

Salvini: «L’opera non si ferma e Conte non potrà bloccarla»

MILANO «Questa cosa non la dico, sennò i 5Stelle si arrabbiano...». Da dietro a un cespuglio, nel giardinetto dell'hotel Principe di Savoia, tradizionale salotto milanese da sciure non in stile pratone di Pontida, si sente la voce di Matteo Salvini che ha appena spento 46 candeline su una torta di crema chantilly per il suo compleanno. La buona borghesia un po' attempata degli Amici della lirica gli ha organizzato la festa - 250 invitati - che è anche un evento di beneficienza. La svolta sulla Tav, quasi più del risotto milanese con l'ossobuco, è la pietanza forte.
L'ECO GRILLINA
Arriva fino a qui l'eco delle parole di trionfo di Di Maio e si vede benissimo che il leader leghista non vuole infierire. Perché il trionfo di Luigi, nella lettera sulla Tav e sugli sviluppi che ci saranno, non lo vede granché. «Mi sembra che l'opera non sia stata bloccata», spiega Salvini ai suoi interlocutori: «Conte non potrà bloccarla, le procedure vanno avanti, e i bandi o come li vogliamo chiamare non si possono fermare con una lettera. Ma soltanto tramite un voto del Parlamento, visto che si parla di un trattato internazionale, o con un atto del Consiglio dei ministri». E dunque, il capo del Carroccio sembra tranquillo. Fa festeggiare i 5Stelle, e non vuole rovinargli la festa. E quando dice «ci vediamo lunedì», sta dicendo che dal Cda di Telt si capirà che nulla è stato stoppato e «la società italo-francese farà partire i bandi».
Di Maio celebra ad uso propagandistico e Salvini capisce e avalla questa esigenza, la finta vittoria utile a tenere buoni i suoi, ma sa bene il capo leghista che le cose stanno andando nel verso da lui prediletto. Sta molto attento comunque a coprire le difficoltà interne di Di Maio e a non provocare una crisi di governo che «nessuno vuole». E anche i presenti al suo compleanno non hanno fatto che dirgli di evitare la crisi, sfondando una porta aperta: «Ma figuriamoci, stiamo facendo un sacco di cose e tra poco, solo, per dirne due, Quota cento e il passaggio finale della legittima difesa». E comunque: «Sulla Tav, nessuno vince o perde. La Lega governa perché vincano gli italiani. Non so se sorridere o arrabbiarmi, quando leggo sui giornali l'assurdità che sarebbe in corso una crisi di governo o, chissà che cosa vuol dire, una pre-crisi. Vabbé, prendiamola a ridere. Ma se dobbiamo parlare seriamente, mi sembra che anche stavolta, come sulla manovra, sull'immigrazione, sulla legittima difesa e su tutte le altre cose che abbiamo fatto mentre tutti dicevano a vanvera che ci stavano scannando, l'accordo si sta trovando. E mi dispiace per quelli che vedono la crisi dappertutto. Si rassegnino. Anche perché, nel caso non si dovesse raggiungere un accordo dentro il governo, si può trovare in Parlamento o nel Paese facendo esprimere gli italiani con un referendum consultivo». Una frase questa, però, che suona più come una minaccia che come un emolliente nel confronti dei 5Stelle.
Il cui leader, Di Maio, fino al primo pomeriggio non ha ancora fatto gli auguri di compleanno a Matteo. «Ma Luigi è una persona a cui sono legato da stima e affetto e me li farà». Mentre Conte - pur non cantando «tanti auguri a teeeee...», come il coro delle anziane e degli incravattati del Principe di Savoia, ma in fondo è un incravattato (della provincia meridionale con pochette) anche lui - si è felicitato al mattino per i 46 anni del leader del Carroccio.
PIENA FIDUCIA
Qui al Principe di Savoia la fiducia della buona società milanese in Salvini è totale. «Lo conosciamo bene e da tanto tempo. Soltanto lui, che è un mediatore e non un irruento come può sembrare, è in grado di trattare e di convivere con i grillini che sono un po' cosi», dice Miriam Belleri, una degli Amici della lirica, signora ingioiellata di 75 anni. Gli altri, per la festa del Capitano, prima di spegnere le luci della sala per l'arrivo della torta, gli hanno regalato una coppa dei campioni made in Cina, fac-simile di una di quelle vinte veramente dal Milan, con la dedica: «Al nostro grande Capitano, auguri Matteo». E l'antico capitan Baresi, ossia Franco, mitico rossonero e azzurro, gli ha donato tra gli applausi la sua maglia con il numero 6 e con le firme di Gullit, di Van Basten e degli altri campioni milanisti. «Come Baresi, io non cambio squadra», dice Matteo a proposito di un ritorno con Berlusconi a scapito del patto con Di Maio. Sono arrivati anche gli auguri del Cavaliere (quello vero) e c'è fuori dalla sala il sosia di Silvio che dice a Matteo: «Ma perché non vuoi fare il governo con me?». Salvini sorride e gli dà una pacca sulla spalla. E poco prima, a un paio di sciure che gli dicono «torna con Silvio», lui racconta: «Dopo le elezioni del 4 marzo, parlando con Berlusconi gli ho detto, se faccio un passo indietro e non nasce il governo, poi viene un esecutivo tecnico che spremerà l'Italia, come con Monti che ha fatto stramazzare il nostro Paese. Ed è stato Berlusconi a dirmi di andare a fare il governo». Che ora Matteo non vuole disfare, ma che fatica!

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