PESCARA Uno scroscio di applausi ogni tre minuti al Matteo Renzi show, andato in scena ieri mattina in una sala consiliare del Comune straripante di sostenitori e curiosi, tra posti in piedi o seduti a gambe incrociate sul pavimento. L'ex premier, nella veste di scrittore, ieri è arrivato a Pescara per presentare il suo libro "Un'altra strada-Idee per l'Italia di domani" a cura delle edizioni Marsilio. Un accostamento che ha fatto sorridere i più maliziosi. Tra battute, aneddoti e citazioni su Flaiano, per più di un'ora, un Renzi "descamisado" ha tenuto incollato a sé una platea di circa 800 persone, uno più uno meno. Subito la stoccata all'amministrazione Marsilio, in questo caso il neo presidente della Regione: «Non ci aspettiamo un grazie, ma abbiate il coraggio della verità quando userete le forbici per tagliare i nastri delle opere che abbiamo finanziato col Masterplan che ci avete contestato in campagna elettorale, ma che invece sarà il futuro di questa regione». Le tante stilettate contro il duo Salvini- Di Maio, a capo del Governo, sull'immigrazione: «Ci hanno portato a odiare gli altri, ci stanno instillando un cultura della paura del futuro del diverso che è inspiegabile. Credete che i problemi dell'immigrazione siano partiti da Salvini? Cento anni fa da questa terra si partiva per l'America con la valigia di cartone e voi avete conosciuto bene il sacrificio e il dolore con la tragedia di Marcinelle». Tra il pubblico si leva la voce di una figlia di quella tragedia. «Un tempo», ha proseguito Renzi, «eravamo noi gli immigrati brutti e cattivi, sulle porte era scritto: non si affitta agli italiani. I reati fanno schifo a prescindere dal passaporto. Noi non siamo come loro, abbiamo cercato di salvare più persone possibili». E ancora, contro i tagli ai corsi di italiano: «Altro che chiudere i porti, aprite i musei e le scuole. A parte», scherza, «che i corsi di italiano andrebbero fatti anche a Palazzo Chigi». In prima fila il senatore Luciano D'Alfonso che ha esordito: «Mio figlio mi ha detto di non parlare». Non lo ha fatto per tutto il tempo, ma col dito portato in verticale sulla bocca si è alzato dalla sedia per silenziare uno degli intemperanti tra il pubblico. C'erano anche il consigliere regionale Giovanni Legnini, l'ex presidente della Provincia Antonio Di Marco, sindaci, assessori, artisti e tantissima gente comune. «Torno a Pescara con gioia», ha detto Renzi alla folla,«anche per vedere le cose che sono state fatte con D'Alfonso e Alessandrini. In Abruzzo si vedranno gli effetti delle nostre iniziative mentre loro hanno tagliato i fondi alle periferie dove accadono episodi criminosi». E, rivolto al sindaco Marco Alessandrini: «È bellissimo fare il sindaco di una città che sta dando grandi risultati in campo culturale e con i grandi eventi. Così si fa, la cultura è cruciale per il futuro del Paese. Questa è una comunità forte». Ha giocato a fare lo strafottente: «Ho scritto un libro e chi se ne frega se vi faccio arrabbiare per quello che dico, tanto non sono qui per chiedere voti».
Dalle pastarelle dell'assessore ai 200 libri venduti in due ore. Le curiosità della giornata pescarese
PESCARA Ha venduto oltre duecento copie del libro, l'ex premier Matteo Renzi, nelle due ore trascorse a Palazzo di Città proveniente dall'hotel Victoria di via Piave dove ha trascorso la notte precedente. Un "firmacopie" di oltre un'ora con la folla soffocante accalcata intorno ad un tavolo. «Come ti chiami?»: nome e firma sulla pagina bianca e avanti un altro. Uno ad uno, hanno sfilato signore ingioiellate e signori ben vestiti, come un tempo si usava abbigliarsi nel giorno di festa. Su un altro tavolino, impacchettate, le pastarelle della pasticceria Renzi, dono dell'assessore comunale Paola Marchegiani. «Il libro», ha spiegato Renzi, «è un inno d'amore sulla politica e all'Italia. Non troverete analisi sul Pd nè chiacchiericcio quotidiano. Racconto gli errori di questi anni, i miei in modica quantità perché sono sempre Renzi», ha scherzato. Sul reddito di cittadinanza: «Sono orgoglioso delle leggi fatte», ma non può dire altrettanto di chi vuole «distruggere il terzo settore con la paghetta affinché tu abbia il guinzaglio istituzionale. Il "navigator" è la santificazione dell'assistenzialismo». Sul lavoro: «Chi oggi ha sette anni un giorno farà un lavoro che oggi non è ancora stato inventato. Il "per sempre" è difficile, oggi il mondo è cambiato. Sui telefonini avete più informazioni di Bill Clinton un quarto di secolo fa. Il senso del libro è rimettersi in gioco sempre». Non è mancato il momento emozionale quando ha citato gli scandali di famiglia: «Si soffre, ma il tempo è galantuomo anche sulla giustizia. Ci si sente in colpa, mi sono chiesto se fosse colpa mia, ma i miei mi hanno detto: tranquillo, andiamo a processo». Ha giocato col dialetto pescarese, citando un incontro con Gino Bartali, indimenticato campione di ciclismo: «È il mio modello, l'ho conosciuto quando ero un giovane cronista del giornale di Rignano, il mio paese. Gli feci la domanda della borraccia, lui mi rispose evasivamente. Mi chiamò nanni, come li chiamate qui i bambini? Citl, bardasc». Di nuovo su Salvini: «Cambia idea continuamente in base al social di turno».