No, il passato non ce lo scordiamo. I politici sì ma Mapero’ non se lo scorda, state certi. E allora, le regole sono regole e valgono sempre oppure no? Le regole valgono sempre, per le persone corrette e coerenti. Poi ci sono le mezze-regole e le regole quaqquaraqqua’. Ognuno ha le sue: in quale categoria appartengano quelle pentasellate, fate voi.
In ogni caso sono accaduti due fatti strani, emblematici in questo week-end: due personaggi politici di calibro e orientamento opposti hanno esternato, e pure parecchio. Uno pescarese e uno in visita a Pescara.
Il primo. Un consigliere comunale, Massimiliano Di Pillo, di orientamento grillino, ha attaccato le regole del suo movimento, perché la sua lista non è stata certificata e lo staff, che lui chiama “un non meglio precisato staff”, gli ha preferito come candidata a sindaco Erika Alessandrini. “Nonostante il caricamento sulla piattaforma della lista di cui fa parte il sottoscritto – dice Di Pillo – sia avvenuta entro i termini previsti dal Regolamento (26 marzo), nella serata di ieri una mail di un non meglio specificato staff ci avvertiva dell’impossibilità di procedere all’accoglienza dell’istanza, essendo già stata certificata un’altra lista. Non è la prima volta che lo “staff” di Rousseau agisce in barba alle regole, ai principi di democrazia, alla trasparenza, al rispetto degli individui”. Insomma, un attacco bello e buono al Movimento di cui fa parte, uno staff “che agisce in barba alle regole, ai principi di democrazia e di trasparenza” eccetera eccetera. Che gli è valsa una segnalazione al collegio dei Probiviri. Per Di Pillo insomma le regole sono regole solo se riguardano lui.
La conferenza stampa di Di Pillo
Senza entrare nel merito: ad agosto scorso le Regionarie pentastellate sono state cancellate senza che alcuna spiegazione venisse fornita agli iscritti. Era scoppiato un caso, perché dalla lista era stato escluso Pietro Smargiassi, un consigliere regionale molto quotato e molto votato (per inciso, siccome Mapero’ ne parlò, la candidata presidente se ne uscì con un post isterico e zeppo di insulti, senza però mai dare spiegazioni nel merito: così fan tutti, i cinquestelle, che rimasero contenti, ignari, e gabbati). Di Pillo, nell’occasione, esultò, solidarizzò ma non seppe mai fornire spiegazioni sull’esito delle Regionarie e mai denunciò, chessò, la piattaforma Rousseau. Niente di niente.
Entrando nel merito: a quanto pare il termine del 26 marzo per la certificazione delle liste di cui parla Di Pillo è appunto il termine ultimo per la presentazione dei documenti. Ma molte liste in molti Comuni sono state già certificate senza attendere la scadenza di fine mese. Insomma, in tanti e nel caso specifico anche Erika Alessandrini si sono messi al lavoro subito, cioè dalla data di inizio delle certificazioni, che era novembre 2018. Poi lo staff certifica e sceglie. Per Di Pillo, che negli ultimi mesi si è fatto fotografare spessissimo con Di Maio e Sara Marcozzi, è stato un tradimento. Senza considerare però che il “non meglio precisato staff” fa riferimento al capo politico che è appunto, Di Maio.
Il Movimento, come risultato, è spaccato, e la spaccatura è, come si era sempre sospettato, tra il gruppo pescarese che fa capo a Enrica Sabatini ed Erika Alessandrini e quello di Chieti di Sara Marcozzi, bocciato alle ultime elezioni regionali.
Renzi al suo arrivo a Pescara (foto Valerio Simeone)
Il secondo. Ieri a Pescara l’ex premier Matteo Renzi in maniche di camicia (bianca) è venuto a presentare il suo libro “Un’altra strada”. Inviti diramati dall’ex governatore Luciano D’Alfonso, sala consiliare strapiena, molti giovani seduti per terra, stile convention americana.
Tutti molto ansiosi: in realtà lo attendevano già sabato sera, albergo e ristorante prenotati con pochi scelti adulatori. Ma alla fine ha preferito restarsene ad Ancona ed è arrivato ieri mattina.
In prima fila i fedelissimi e le fedelissime del senatore, in un’improbabile operazione nostalgia (c’erano Antonio Di Marco, Francesco Pagnanelli, Tonino Natarelli, il sindaco Marco Alessandrini, Luciano Monticelli, Paola Marchegiani, Paola Minnucci, la segretaria di Dalfy, Marianna Di Stefano eccetera eccetera). Insomma, tutto preparato nei minimi dettagli per diffondere l’immagine di un grande successo, quando il risultato delle recenti primarie Pd hanno certificato il flop clamoroso delle liste che fanno capo a Renzi e animate da D’Alfonso. Ma lasciando perdere il libro: l’ex premier nell’intervista rilasciata al quotidiano “Il Centro”, commentando l’esito delle elezioni regionali abruzzesi ha detto, pari pari, che lui “ha stima per Legnini ma un’esperienza che perde non può essere un modello”.
Legnini tra Pagnanelli e Alessandrini
Da che pulpito non si dice e lasciamolo perdere, ma passiamo ai dati: in Abruzzo la dimensione della vittoria del No al referendum voluto da Renzi, che alla fine si è attestato al 64,39%, ha assunto proporzioni ancora più nette rispetto a gran parte dell’Italia. Solo sei Regioni, infatti, hanno fatto registrare percentuali più elevate: Sardegna, Sicilia, Puglia, Calabria, Basilicata e Campania. Poi: in Abruzzo il 4 marzo del 2018 il Pd era al 13 e rotti per cento e il centrosinistra al 18. Legnini, può piacere o no, rispetto a quell’esperienza ha recuperato 11 punti. Per dire. (Poi, tra l’altro, è andato pure a sentirlo, Renzi, senza trattenersi più di tanto però).
Quindi il risultato delle primarie Pd dimostra che al di fuori di Renzi, forse c’è vita. Ma questa un’altra storia.