MILANO Villaggio Rousseau, Milano. Che goduria, che pericolo scampato, che «grande vittoria». Addirittura? Luigi Di Maio non nomina mai la Tav ma è tutto soddisfatto perché «i bandi non partono». E dunque pensa di aver vinto. Anche se, linguisticamente, i bandi si chiamano avviso di manifestazione d'interesse e tra poche ore Telt, la società italo-francese, li farà partire. E dunque, al di là delle sottigliezze espressive, la Tav in qualche maniera va avanti.
Ma qui all'evento milanese voluto da Casaleggio figlio, al palazzo delle Stelline, proprio di fronte alla chiesa di Santa Maria delle Grazie (ovvero Leonardo, cioè Cenacolo) dove si svolse il funerale di Casaleggio padre, è tutto un festeggiamento: «Salvini ha perso e noi abbiamo vinto». Versione del tutto smentita dalla Lega ma vabbè. Perché il leghista Giancarlo Giorgetti, mentre Di Maio s'intesta la vittoria per aver fermato la Tav, attacca: «Serve un voto parlamentare per annullare un trattato internazionale, come quello sulla Torino-Lione». Di Maio ha però tenuto uniti i gruppi parlamentari e salvato il partito grazie alla supercazzola - così i più sinceri la chiamano anche al Villaggio Rousseau - del compromesso sulla Tav in cui sembra che non abbia vinto nessuno ma qualcuno ha vinto. «Noi? Certo che abbiamo vinto noi», assicura il capogruppo grillino al Senato, Patuanelli.
In realtà, come si diceva, s'incarica Giorgetti di andare in tv per chiarire che per fermare la Tav non bastano «né Conte né il Consiglio dei ministri: serve un voto del Parlamento». La Lega è convinta che alla fine la Tav, anche se rivista e corretta, si farà. Serve un voto delle Camere per bloccare l'opera, avverte il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, perché l'opera è partita con la ratifica di un trattato internazionale. Ed è appena il caso di notare - come Giorgetti sa benissimo - che in Parlamento i Sì sono sulla carta una larga maggioranza, considerato che anche FI e Pd sono a favore.
Il giorno dopo, la tregua «armata» nella maggioranza sulla Torino-Lione mostra così già le prime crepe e la crisi di governo, prima proclamata e oggi negata, appare un rischio solo rinviato. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dopo aver informato il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker sul «supplemento di riflessione» richiesto sulla Tav, si prepara ad aprire un'interlocuzione sull'opera per riequilibrare costi e benefici. Sapendo che la Lega spinge per il progetto di «mini» o «nuova» Tav, che taglierebbe ad esempio la stazione di Susa.
M5S preme per il No a un'opera che urta la sensibilità dei militanti, tanto che Di Maio evita pure di citare la parola Tav: «Vale il contratto di governo», dice. Di Maio e Matteo Salvini sono entrambi a Milano, ma non si vedono né si sentono. La tensione tra alleati è palpabile. Ma siglata la tregua, i vicepremier tornano a rassicurare sulla tenuta del governo. «Durerà altri quattro anni», dichiara il capo del M5S. «Mai parlato di crisi. Di Maio è corretto e leale: deluderò chi parla della mancata storia d'amore tra di noi», afferma il leader della Lega. Ma il ministro dello Sviluppo tra le righe accusa Salvini di «alimentare un senso di instabilità». Il ministro dell'Interno rivendica di non essere «ricattabile» sulla Diciotti e aver tenuto perciò la linea dura sulla Tav. Che l'opera si farà, la Lega lo dice in tutte le salse: «Con un'opposizione del genere ne facciamo 16 di Tav», scandisce Salvini.
MODELLO SVIZZERO
E Giorgetti, dopo aver ricordato che dovrà pronunciarsi il Parlamento, invoca il modello svizzero, dove per il San Gottardo si è deciso «con un referendum e la tassazione dei tir».
Questa mattina il cda di Telt darà il via libera agli «avis de marchés», gli «inviti a presentare la candidatura», che rappresentano la prima fase dei bandi per scavare 45 km del tunnel di base in territorio francese. Il governo, ricorda Di Maio, ha sei mesi «per ridiscutere il progetto» e intanto rilanciare le infrastrutture. Ma anche su questo terreno, Salvini rilancia: «Almeno ora i miei amici di governo hanno capito che oltre alla Tav ci sono altri 300 cantieri fermi da anni». La crisi di governo sfiorata, ad ogni modo, rianima la battaglia dell'opposizione. Matteo Renzi rivendica di aver tenuto il Pd fuori da un'intesa con M5s. Mariastella Gelmini parla di «vergogna e tradimento del Nord, dell'Italia e dell'Europa», con un rinvio di ogni decisione fatto «solo per difendere le poltrone di governo».