«Il mio diario della crisi? Sapevo dall'inizio come sarebbe andata a finire». E cioè? «Bene».
Matteo Salvini, nella sua Milano, è tornato in modalità serena. Si era preoccupato? «No, perché conoscevo, e ne ho avuto conferma, la lealtà, la coerenza e la capacità di Di Maio. Se uno tiene duro sulle proprie convinzioni, ma senza impuntarsi ideologicamente, le diversità si superano e si trova un compromesso. Sulla Tav questo è stato». Ma come fate a cantare vittoria tutti e due, sia lei sia Di Maio? «La Tav andrà avanti, i bandi partono, ma non c'è soltanto la Tav, di cui comunque discuteremo, sulle modifiche e sulla revisione dei finanziamenti con La Francia e con la Ue, ma ci sono altri 300 cantieri da sbloccare. Conte, Di Maio e il sottoscritto siamo assolutamente d'accordo che l'Italia abbia bisogno di uno choc sulle infrastrutture. La discussione sulla Torino-Lione è stata molto utile. Perché tutti i colleghi di governo hanno capito che la Tav va inserita in un discorso più generale, che diventarla operativo già nei prossimi giorni. Approveremo in consiglio dei ministri un decreto urgente, per riavviare, da Nord a Sud, quei 300 cantieri fermi che rappresentano un Paese che non è quello dei cittadini ma era quello del Pd e di chi ha governato prima di noi. Un'Italia immobile. Noi le diamo una scossa».
SVILUPPISMO
Oggi infatti Conte andrà a Verona, all'inaugurazione dello stabilimento Fincantieri Infrastrutture, dove verrà fatto il taglio della prima lamiera del nuovo ponte Morandi. Non è che adesso Salvini e Conte si mettono a fare a gara a chi spinge di più sul versante sviluppista? «Macché. Questa caricatura mediatica di un governo che sa soltanto litigare, e ogni istante è sull'orlo della crisi, fa ridere. In questi giorni, se davvero avessi scritto un diario, avrei appuntato: oggi mi viene da ridere per le stupidaggini che leggo sui giornali, e un altro giorno mi viene da arrabbiarmi. Ma vabbè, parliamo delle cose serie».
Cantieri? «Certo. L'immobilismo sulle opere pubbliche è un'emergenza nazionale da risolvere con particolare determinazione. Dobbiamo portare l'alta velocità in tutto il Mezzogiorno, fino alla Sicilia. E realizzare la Pedemontana, fare il Terzo valico, ingrandire l'aeroporto di Firenze e via così. A questo si aggiunge la riforma del codice degli appalti. Troppe lungaggini burocratiche inchiodano il Paese a tutto svantaggio dell'economia, del turismo, della libertà di movimento delle persone. Il nostro Paese ha bisogno di gente che costruisca e non che demolisca».
Il mood del Capitano, come lo chiamano i suoi - è quello della pax con Di Maio. Che non significa però il disarmo. Hanno trovato il modo - tartufesco? Ma il Tartufo di Moliére era comunque molto politico come ha scritto continuamente il sommo e rimpianto Cesare Garboli - di andare avanti. E vanno avanti. «Abbiamo ancora molte cose da fare, e in un anno ne abbiamo fatto molte di più di chi ciò ha preceduto». Salvini ci tiene a dire una cosa e ci tiene molto. «Di Maio mai, e neanche per sogno, ha barattato la questione della Tav con il voto sulla Diciotti che ci sarà il 20 marzo in Senato. Ero tranquillo prima e sono tranquillo adesso su quel voto».
Il voto del 24 in Basilicata per Savini è fondamentale come tutte le consultazioni regionali che finora ha vinto. Ci tiene moltissimo anche alle amministrative che si svolgeranno ad aprile, soprattuto in Sicilia. Ma «un passaggio storico saranno le le elezioni europee del 26 maggio. L'Europa rischia di diventare un centro commerciale delle merci prodotte in Cina. E così non va. Anche il trattato con la Cina va maneggiato con molta attenzione. Bisogna tutelare l'interesse nazionale. Non voglio mettere i dati personali degli italiani nelle mani di una potenza straniera. Bisogna pensarci non una volta ma dieci, venti, trenta volte prima di fare una cosa del genere».
E comunque, il diario dei giorni della crisi (Crisis? What Crisis?, il titolo del celebre disco dei Superturmp che Matteo metterebbe come etichetta del sul diario di questi giorni) racconta, secondo il suo autore, che «se uno tiene il pezzo, ma senza arroccarsi, agendo in maniera elastica come tutti noi e anche Di Maio e Conte abbiamo agito sulla Tav, i risultati arrivano. L'alta velocità si farà non come la vuole Salvini, ma come verrà fuori da un confronto generale. Non bisogna immiserire tutto nel solito schema mediatico e finto di rottura e ricucitura. Anche basta, con questi cliché che non fanno bene all'Italia».