L'AQUILA Nove schede bianche segnano l'inizio dell'11esima legislatura. Nove schede bianche del Movimento 5 Stelle sono l'avvertimento alla maggioranza di centrodestra e all'altra faccia dell'opposizione, guidata da Giovanni Legnini: sì al patto istituzionale per il bene dell'Abruzzo ma il passato dalfonsiano e di chi, secondo Sara Marcozzi e i suoi, lo ha spalleggiato, deve sparire. Questa è la condizione.Così il forzista Lorenzo Sospiri viene eletto presidente del consiglio regionale con 26 sì e cinque bianche, e l'ex assessore Pd, Dino Pepe, diventa segretario con nove sì e quattro bianche. Il messaggio è chiaro, oltre che dichiarato prima del voto nei colloqui che avvengono dietro le quinte: i sette consiglieri pentastellati, per ora, concedono solo un terzo della loro fiducia. Il resto verrà dopo. Se ci sarà rispetto. Il segnale politico del primo consiglio dell'era Marco Marsilio a trazione Lega è questo. E segna i prossimi cinque anni cominciati ieri alle 11 all'Aquila, in un'aula gremita, con un minuto di silenzio in memoria di Virginia, la figlia del docente aquilano Claudio Chimenti, morta nella strage del Boeing 737 precipitato in Etiopia. Nicoletta Verì, assessore leghista alla Sanità, traghetta poi l'Emiciclo dal vecchio al nuovo governo parlando di «prima volta e ritorno. Di esperienza ed entusiasmo». Una sintesi dei volti e dei nomi di chi occupa oggi i banchi. Poi fa gli auguri alle cinque donne in consiglio «che sono più numerose del passato ma ancora troppo poche». Infine dà la sua idea del rinnovamento: «Andare al di là delle divisioni».Nelle vesti di presidente provvisorio, con i segretari anch'essi a termine, Giorgio Fedele (M5S) e Sandro Mariani (lista Abruzzo in Comune), Verì dà il via alle danze. Si parte con l'elezione del presidente, espresso dalla maggioranza e indicato in aula dal capogruppo della Lega, Pietro Quaresimale, che pronuncia il nome di Sospiri. Si entra così nel cuore della questione politica con Legnini che propone il suo patto istituzionale per l'Abruzzo tendendo la mano ai cinquestelle e cesellando la sua proposta. Costruisce un lungo intervento, l'ex vice del Csm, muovendosi con cautela. Eccone i passaggi chiave: «Non c'è opposizione distruttiva. La nostra sarà leale e intransigente. Bisogna mettere in sicurezza l'assemblea. Per fare ciò esploriamo la possibilità di condividere le scelte di vertice e di garanzia». Si fa una domanda: «È possibile?». E si risponde: «Penso di sì. Per il bene dell'Abruzzo». Per affrontare insieme il problema dell'autonomia, per esempio, in modo che segua le vocazioni regionali. Marcozzi però fa una smorfia quando Legnini, prima di fare la sua proposta, definisce «la composizione del consiglio non corrispondente alla realtà», per via della legge elettorale che ha dato ai 5 Stelle, arrivati terzi, sette poltrone: una in più del centrosinistra allargato. Quindi le tende la mano: disponibili a votare il pentastellato Domenico Pettinari vicepresidente per le minoranze in cambio di un «ufficio equamente rappresentato», e cita anche la commissione di vigilanza. Questo è l'accordo al quale Marcozzi risponde con due paletti: «Mi aspetto maggior rispetto e meno prevaricazioni della passata legislatura; siamo noi la prima forza politica dell'opposizione». Ma non rifiuta la mano che Legnini le tende, senza però che sia una concessione: «Tutte le forze politiche debbono avere rappresentanza», sottolinea infatti la 5 Stelle prima di lanciare l'avvertimento. Sospiri, eletto a scrutinio segreto ma intuibile, riceve infatti 18 voti dalla sua maggioranza compatta, sei dal centrosinistra allargato e solo due dal M5S (in totale 26 sì). Le bianche sono cinque, Sospiri se l'aspettava. Ringrazia commosso e promette di riavvicinare la Regione (ente) ai cittadini, s'impegna anche a valorizzare il ruolo di legislatore del consiglio, saluta gli abruzzesi all'estero ed esclama: «Quest'aula non è mai stata e non sarà mai una cloaca, ma sarà un modello per i giovani». Arriviamo alla fase cruciale: il momento della verità. Silvio Paolucci (Pd) e Marcozzi si avvicinano a Sospiri, parlottano tra di loro e alla fine il neo presidente annuncia a tutti: «Il patto tra galantuomini e gentildonne c'è». Ma si concretizza con la postilla. Vediamo come. Roberto Santangelo viene eletto vice di Sospiri per la maggioranza con i 18 voti di Lega, Forza Italia e Fdi, mentre Pettinari, vice per le minoranze, con 13 voti: i sette certi dei 5 Stelle ed i sei di Legnini & C., che onorano il patto. Che Chicco Di Benedetto (Lista Legnini Presidente) ribadisce prima del voto finale, quello dei segretari. Sabrina Bocchino (Lega) lo diventa per la maggioranza con 18 voti. Ma Pepe, per la minoranza, ha soli 9 voti: all'appello mancano 4 pentastellati. Avvertimento servito. Ma nulla è compromesso per l'ultimo tassello: Legnini alla vigilanza. Bisogna però attendere la prossima puntata.