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Data: 18/03/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Su Diciotti e Toninelli una tregua incrociata

ROMA I vertici M5S hanno avvertito i dissidenti ancora una volta: sul caso Diciotti «chi vota contro la posizione espressa dalla base sulla piattaforma Rousseau» si mette fuori dal Movimento. Ma un messaggio è arrivato anche alla Lega: «Niente sgambetti» sulla mozione di sfiducia contro Toninelli, «altrimenti cade il governo». Le due votazioni - la prima sull'operato di Salvini (mercoledì) la seconda (giovedì) sul ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture - rappresentano uno snodo importante della legislatura. Costituiscono di certo un test per l'esecutivo e per la maggioranza. Ma non dovrebbero riservare sorprese.
IL TEST
Sono state preparate con largo anticipato dalle due forze politiche che hanno contratto il programma di governo. Perché è la linea da sempre dei pentastellati non sono previste maggioranze variabili. Ovvero poco importa se FI e FdI si siano schierate a favore del responsabile del Viminale, non cambiano i rapporti interni. Non sono in discussione i numeri del 20 marzo quando i senatori dalle 13 saranno chiamati a pronunciarsi sulla proposta della Giunta delle immunità di Palazzo Madama che ha chiesto all'Aula di non concedere alla procura di Catania l'autorizzazione a procedere nei confronti del vicepremier. Mantero e La Mura dovrebbero uniformarsi alla linea M5S, Fattori potrebbe è l'exit strategy chiesta dai vertici del gruppo al Senato uscire dall'Aula, Nugnes invece dovrebbe tenere il punto. In ogni caso Salvini interverrà mercoledì nell'emiciclo del Senato - ha messo in conto i mal di pancia interni al Movimento. Considera fisiologico che qualcuno possa non partecipare al voto o addirittura concordare con le accuse del Tribunale etneo sulla gestione della nave della guardia costiera italiana bloccata per cinque giorni di fronte al porto di Catania, con 177 migranti a bordo.
Non si è trattato affatto di un sequestro di persona, ci fu una decisione collegiale nell'interesse del Paese, hanno messo nero su bianco il premier Conte, il vicepremier Di Maio e il ministro Toninelli. «Se mi processano per aver difeso i confini italiani io ne sarò orgoglioso, andrò a testa alta», continua a ripetere il segretario del partito di via Bellerio, «ognuno sarà libero di esprimersi secondo coscienza». Qualche timore invece riguarda l'esito della partita del giorno dopo.
L'ATTACCO DEL PD
Il Pd sta preparando l'attacco a Toninelli, l'obiettivo di sfiduciare il ministro più criticato del governo è condiviso da tutte le forze dell'opposizione. Non sarà facile per la Lega difendere chi, a detta degli esponenti del partito di via Bellerio, è il maggior responsabile dello scontro sulla Tav. Dipenderà anche da come evolverà il dibattito sullo sblocca cantieri, con il Movimento 5Stelle che vuole inserire delle norme preparate dal ministro dell'Ambiente Costa sul consumo del suolo, contro l'eccessiva cementificazione, e non vuole abbassare la guardia sull'edilizia privata perché così spiegano fonti di governo si tornerebbe al piano Lupi' o alle promesse di Berlusconi.
Ecco, le tensioni sulle grandi opere potrebbero sfociare non tanto in un dissenso aperto contro il ministro quanto in assenze in Aula che andrebbero in ogni modo a pesare sui numeri finali. Naturalmente la Lega non pensa di votare sì alla sfiducia di Toninelli, difeso a spada tratta dal presidente del Consiglio e dalla maggior parte dei senatori pentastellati. «Toninelli è perfettamente in linea con il Movimento», lo blinda il senatore Dessi. Il malcontento di un gruppo di senatori ora è legato soprattutto al fatto che i rimborsi al movimento andranno su un conto corrente «e non allarga le braccia un esponente pentastellato al microcredito e agli alluvionati, è un finanziamento mascherato». Tuttavia la convinzione anche da parte dei malpancisti è che in questo momento nessuno possa sfilarsi. Per questo M5S e Lega in settimana blinderanno l'esecutivo. Con le tensioni che rimarranno però sotto traccia.

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