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Data: 18/03/2019
Testata giornalistica: Corriere della Sera
Salario minimo, quanto spenderanno di più le famiglie per colf e badanti

Vita difficile per le 860 mila famiglie italiane che mettono in regola colf e badanti. Molte meno del milione e 100 mila che — si stima — abbiano un collaboratore domestico in nero. Evitata (per ora) la colf tax, cioè l’obbligo di trattenere il 15% dello stipendio ai domestici per poi girarlo allo Stato sotto forma di tasse, con tutte le complicazioni amministrative che ciò comporta, il problema rischia di diventare il salario minimo. In alcuni casi pagare il collaboratore domestico 9 euro lordi l’ora vorrebbe dire triplicargli la paga.

All’esame del parlamento ci sono due disegni di legge, uno targato M5S è uno Pd. Il problema è che il contratto del lavoro domestico prevede paghe orarie molto più basse di 9 euro l’ora. Assindatcolf, associazione delle famiglie datrici di lavoro, ha fatto una stima di quanto bisognerebbe sborsare in più. Per una colf convivente sarebbe necessario aggiungere allo stipendio 1.300 euro, per una baby sitter convivente 1.230 euro, 1.120 per una badante. Il tutto per arrivare ai 2.100 euro mensili che consentirebbero una paga oraria di nove euro. Con aumenti delle retribuzioni fino al 230%. Da considerare: la stima di Assindatcolf non ha tenuto conto del valore di vitto e alloggio che andrebbe in qualche modo messo in conto alleggerendo l’esborso aggiuntivo.

Se si passa a considerare le colf impegnate a ore, i maggiori oneri per le famiglie non sono certo trascurabili. Si va dal 10 per cento di aumento per un badante con formazione ad hoc al raddoppio della paga per il collaboratore domestici inquadrato ai livelli più bassi. «È evidente che l’imposizione del salario minimo al nostro settore vorrebbe dire spingere al nero molte famiglie che non potrebbero più permettersi un dipendente regolare — lamenta il vicepresidente di Assindatcolf Andrea Zini —. Oggi sono irregolari sei lavoratori su dieci. Domani potrebbero sfiorare la totalità».

Intanto Cgil, Cisl e Uil hanno richiesto il riconoscimento erga omnes sotto forma di salario minimo delle retribuzioni fissate dai contratti nazionali firmati dalle associazioni maggiormente rappresentative. E qui sta il punto. Perché tra i quasi 900 contratti depositati al Cnel ce ne sono numerosi firmati da organizzazioni sconosciute che fissano retribuzioni da 4-4,5 euro l’ora. Certo, il contratto del lavoro domestico è però firmato dai confederali.

In alcuni Paesi, però, determinate categorie di lavoratori sono in realtà escluse dal salario minimo. Accade per gli apprendisti, i giovani sotto i 24 anni, i disoccupati di lungo periodo. Ma anche i lavoratori domestici e quelli dell’agricoltura.

«I problemi del nostro settore andrebbero affrontati con più serietà e in modo organico — rivendica Zini —. Il sistema è tale da spingere le famiglie al nero. Le agevolazioni legate a chi assume un lavoratore con reddito di cittadinanza potevano convincere qualche famiglia a mettere in regola i loro collaboratori ma gli emendamenti che consentivano questa possibilità sono stati bocciati. La colf tax e il salario minimo per le colf possono essere il colpo di grazia. E trasformare l’irregolarità nella norma».

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