L'AQUILA - Pone anche dubbi di legittimità costituzionale, il ricorso elettorale presentato da quattro esponenti di centrosinistra contro la ripartizione dei seggi all'esito delle regionali del 10 febbraio scorso, che ha visto assegnare 7 consiglieri al Movimento cinque stelle che ha ottenuto il 20,20 per cento dei consensi e 5 al centrosinistra che ha avuto il 31,29 per cento.
"I punti contenuti nel ricorso al tribunale amministrativo sono due, uno interpretativo della legge elettorale regionale e uno di legittimità costituzionale", spiega ad AbruzzoWeb l'avvocato Pierluigi Mantini, già deputato e vice presidente della giustizia amministrativa, che insieme ad Antonio D'Aloia, Sergio Della Rocca, Giulio Cerceo e Stefano Corsi ha curato il ricorso di Luciano D'Amico, ex rettore dell'università di Teramo candidato con la lista Legnini presidente, Donato Di Matteo, ex assessore regionale candidato della lista Abruzzo Insieme, Pierpaolo Pietrucci, ex consigliere regionale candidato con il Partito democratico e Franco Caramanico, ex assessore regionale candidato con Progressisti-Liberi e uguali.
I legali si aspettano che l'udienza si tenga entro aprile e in caso di accoglimento del ricorso dovrebbero essere due i rappresentanti che entrerebbero in Consiglio regionale al posto di due dei rappresentanti dei Cinque stelle con i quozienti elettorali più bassi, Barbara Stella eletta in provincia di Pescara, Francesco Taglieri in quella di Chieti, Marco Cipolletti in provincia di Teramo e Giorgio Fedele in provincia dell'Aquila: da quanto si apprende, a seconda delle interpretazioni, o D'Amico e Di Matteo, o Pietrucci e Caramanico.
"La questione posta ha un suo carattere abbastanza originale e indeito - afferma Mantini - in definitiva è utile al servizio di tutti, di una corretta interpretazione del meccanismo di ripartizione delle rappresentanze nel Consiglio regionale, adesso se ne avvantaggerebbe il centrosinistra ma in realtà la questione riguarda l'interpretazione dell'articolo 17 della legge elettorale regionale, alla luce dei principi che la stessa legge pone al capo primo tra i principi, ove si coniuga all'elezione diretta unipersonale del presidente il meccanismo del patto di coalizione, il patto può esserci o non esserci ma è un fatto politico, ma ove vi sia ai sensi della legge richiede una serie di dichiarazioni di intenti convergenti e altri adempimenti che configurano un gruppo di liste o coalizione, che sono legate al candidato presidente".
Per Mantini "è quindi del tutto ovvio, anche se l'ufficio circoscizionale ha fatto diversamente, che i voti si ripartiscono nell'ambito delle coalizioni e non tra singole liste" e quella dell'ufficio elettorale "è una interpretazione formalistica, nella parte di dettaglio ha visto solo un riferimento ma il resto della legge, in più articoli, contiene il principio di gruppo di liste in coalizione".
"Sulla base della interpretazione della legge attuale, ove il giudice invece ritenesse che l'interpretazione data dall'ufficio elettorale è corretta allora si porrebbe la questione di costituzionalità che abbiamo sollevato e quindi la richiesta di remissione alla Corte - continua Mantini - perché se l'interpretazione fosse questa sarebbe fortemente distorsiva del principio della parità del voto, quello cioè che stiamo constatando in questo caso, in una ripartizione proporzionale del voto, dove il principio sacro è che uno vale uno, esattamente quello invocato in politica dal Movimento cinque stelle".
"Sono solo alcuni i meccanismi di distorsione ammessi di questo sacro e fondamentale principio - chiarisce l'avvocato - ad esempio la soglia elettorale di ammissione per evitare l'eccesso di frammentazione e il premio di maggioranza per garantire governabilità, ma qui siamo molto oltre nel senso che la realtà sarebbe quella che una lista che ha preso il 20 per cento ha una rappresentanza superiore a quella coalizione che ha preso più del 30".
Mantini chiarisce infine che il ricorso rappresenta "un'opera necessaria, un'occasione utile a un chiarimento interpretativo della legge sulla democrazia, perché questo è la legge elettorale, che vale per l'oggi e per il domani".
"Ho risolto ogni dubbio dentro di me nel patrocinare questo ricorso perché è a servizio di un chiarimento doveroso sul buon funzionamento della legge elettorale abruzzese", chiosa l'avvocato.
Al ricorso dei rappresentanti del centrosinistra, si aggiunge quello dell'ex consigliere regionale di Forza Italia Emilio Iampieri e del sindaco di Cupello (Chieti) Gianni Bellisario, candidato con Azione Politica, che contestano l'attribuzione del seggio a province con quoziente più basso delle loro, e di Lucia Ottavi, candidata con Forza Italia, che rafforza la tesi di Iampieri.