«L'Aquila 2009, una lezione mancata». Il sindaco del terremoto Massimo Cialente che in città ancora chiamano tutti sindaco anche se ormai da due anni non siede più sullo scranno più alto, ha messo su carta dieci anni di pensieri, riflessioni, azioni ed emozioni in un volume curato dalla giornalista Antonella Calcagni della Castelvecchi Editore. Presentato all'auditorium dell'Ance ha fatto registrare il sold out. In platea cittadini, colleghi della politica e della medicina e anche Giorgio De Matteis che all'epoca era in Regione. Un libro che nasce nel 2016 quando ormai la sua seconda legislatura stava per terminare. Non un semplice racconto e neanche un'autocelebrazione. Il volume è un dovere civile, così ha detto. Una narrazione che ripercorre tante tappe: le prime scosse di gennaio con l'ossessione per la scuola De Amicis durante lo sciame che per lui è stata il simbolo della fragilità, ha ricordato, nello svelare anche l'intenzione che aveva di chiuderla e le resistenze che ci furono, la gestione dell'emergenza, il G8, Obama in camicia davanti alla Prefettura distrutta, i processi di ricostruzione, il difficile rapporto col Governo.
Cialente ha gestito L'Aquila certamente nei momenti più bui della sua storia. Già nel titolo si capisce il messaggio. L'Aquila per il Paese è stata per lui una lezione mancata perché nessun Governo si è speso per la prevenzione e per la sicurezza. Tanti gli aspetti trattati, le sfide vinte e le battaglie perse. «La città virtuale con le new town - dice Cialente - ha funzionato - ho costretto gli aquilani ad una vita difficile ma L'Aquila è rimasta. Per cui bene il Progetto Case, i Map e i Musp che sono stati la chiave di volta. Nel censimento del 2011 avevamo perso solo 600-700 abitanti». La sfida vinta per Cialente è stata anche quella di aver evitato il trasferimento degli uffici pubblici e dei dipendenti (c'era un'ordinanza pronta) e quindi uffici nei garage, alla Finanza ma rimasti, come i reparti ospedalieri o l'Università seppur con gli studenti costretti a discutere le tesi sotto le tende.
Le marce sull'autostrada, le carriole, le manganellate a Roma. Per Cialente sono state necessarie perché non c'erano i soldi e non c'era una legge. Vittorie ma anche qualche rammarico. «Avrei voluto maggiore trasparenza - ammette - per la ricostruzione privata. Altra sconfitta la mancata revisione del piano strategico e la ferita della ricostruzione pubblica». Racconta anche l'aneddoto sul discorso da fare davanti a Papa Ratzinger, improvvisato e di 4 minuti. E l'invito al Papa a tornare per la riapertura di Collemaggio con la sua risposta: «Se ci saremo». La presentazione è stata accompagnata da immagini: la tragedia, i funerali, la famosa intervista, in cui si cita il vino Montepulciano, al vice capo della Protezione Civile, il G8. Le testimonianze degli ex assessori Moroni e Di Stefano, del consigliere regionale Legnini, della deputata Pezzopane e di Elio Masciovecchio hanno scandito il pomeriggio, moderate da Luca Bergamotto. Fabrizio Curcio, già capo della Protezione Civile, ha ricordato che «non c'è una legge post emergenza e uno sforzo in questo senso va fatto, anche sulla messa in sicurezza del paese ma dopo l'esperienza L'Aquila alcune cose sono partite».