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Data: 03/04/2019
Testata giornalistica: Il Centro
Infrastrutture autostradali e sicurezza - A24 e A25, spariti i fondi per la sicurezza. Lo svela un atto del ministero di Tria: una parte dei 192 milioni sarebbe stata già dirottata a Genova per demolire il ponte

PESCARA Una doccia fredda per la messa in sicurezza sismica di A24 e A25. I fondi annunciati nel decreto Genova non ci sono. La scorsa settimana lo ha messo nero su bianco il Ministero dell'Economa e delle Finanze (vedi l'atto che pubblichiamo). Stiamo parlando dei 192 milioni di euro, fondi di Coesione e Sviluppo europei destinati all'Abruzzo, stanziati nel 2017 ma disponibili dal 2020, che erano finiti nel decreto Genova. Il ministro Danilo Toninelli infatti aveva, con una decisione politica, anticipato di due anni l'utilizzo di quelle risorse, per il 2019 appunto. I lavori sarebbero dovuti partire all'inizio dell'anno. Ora il ministero guidato da Tria fa sapere che quei fondi non ci son più nel capitolo di spesa del decreto Genova. E dalla lettura del documento ministeriale sembra che almeno 80 dei 192 milioni sono stati utilizzati per fare altro, come la demolizione di ciò che resta del ponte di Genova. Cesare Ramadori, come amministratore delegato di Strada dei Parchi, che idea si è fatta di questa situazione? «Siamo sconcertati. Siamo preoccupati per la piega che la cosa sta prendendo. Siamo allarmati per i tempi. I fondi annunciati per la messa in sicurezza urgente di A24 e A25 sono almeno in parte evaporati, scomparsi dal decreto Genova. Somme che, lo voglio ricordare, per quanto riguarda A24 e A25 sono previsti nell'ambito dei fondi Coesione destinati alla Regione Abruzzo. Quindi, ad oggi, se non si pone rimedio a questa situazione, saremmo davanti a una beffa per il territorio, che chiede sicurezza e vede magari dirottare altrove le risorse ad esso destinate. Ma questa è una beffa anche per chi utilizza l'infrastruttura. Dopo tanti allarmi, anche da parte dello stesso ministero, rischiamo di ritrovarci nell'impossibilità di intervenire. Noi vogliamo fare gli interventi anche per cominciare a scrivere una storia nuova su questa autostrada, dopo aver pagato un prezzo altissimo in termini di fiducia e perdite di traffico proprio a seguito di questi continui allarmi».Rispetto a un anno fa di quanto è diminuito il transito su Strada dei Parchi?«Siamo nell'ordine di circa il 10 per cento. Che per un'autostrada con indici di transito non proprio alti, è un problema moto serio». Voi avete incontrato o chiesto un incontro al ministro Toninelli per parlarne?«Il ministro non siamo mai riusciti ad incontrarlo. È venuto una volta sotto i nostri viadotti anche con le Iene. Ieri ha annunciato che torna oggi (alle 11 a Bugnara, ndr). A noi chiaramente fa piacere avere il ministro sulla nostra autostrada, anche perché eravamo sicuri, e ora lo siamo ancor di più, dello stato delle infrastrutture che gestiamo e controlliamo con assiduità e attenzione. Sui viadotti che gestiamo abbiamo fatto delle prove di carico con l'obiettivo di testarne la resistenza. Abbiamo, cioè, ripetuto le attività di collaudo dei viadotti, come avvenne negli anni Settanta e Ottanta. I dati delle prove eseguite dalle università sono molto confortanti». Rimane ora il nodo dei lavori per completare la messa in sicurezza. Che pensate di fare?«Da ottobre fino a ieri, chiediamo al ministro di poterlo incontrare. Abbiamo almeno tre cose sulle quali ci deve dare delle risposte concrete. A cominciare dagli interventi più urgenti (Misu). Una recente sentenza del Tar del Lazio ha ribadito una consolidata giurisprudenza, che si fonda su un argomento che non lascia dubbi: il legislatore con la legge 228/2012 su A24 e A25 ha indicato una strada chiara: "le autostrade devono essere messe in sicurezza sismica". Per il semplice motivo che qui i rischi derivanti dai terremoti non sono un'eventualità. Quindi c'è poco da discutere e molto da fare. Su tutte c'è poi da definire, finalmente, il nuovo Piano economico e finanziario (Pef) che realizzi il volere del Parlamento, l'adeguamento sismico di A24 e A25».Ad ottobre scorso sembrava ad un passo, tanto che si parlava di arrivare a fine anno con questa firma del Pef. Poi un rinvio di altri sei mesi fino a giugno. A che punto siete?«Nelle scorse settimane siamo stati ascoltati dalla commissione dell'Unione Europea, che è chiamata a vigilare sul tema concorrenza e aiuti di Stato. Lì abbiamo "scoperto" che a Bruxelles attendono che da Roma gli venga inviata una proposta definitiva di Pef. La Commissione per sua natura dà pareri e non si sostituisce ai governi, che invece devono scegliere e decidere. Da parte nostra abbiamo sgombrato il campo da ogni possibile equivoco o problema, e lo abbiamo scritto al ministro due volte negli ultimi mesi. Abbiamo detto che siamo disposti a trovare una soluzione a quelle parti che ci vedevano distanti. Come la questione della remunerazione del capitale investito. Per il resto condividiamo le proposte che sono state formulate dal ministero e vogliamo che venga definita - ed è questo il terzo argomento da affrontare - una politica tariffaria che vada incontro agli utenti. Ma dobbiamo sbrigarci».Il tempo passa velocemente e fino alla fine di giugno ci sono le tariffe bloccate. Poi che succede?«Guardi noi da ottobre dello scorso anno abbiamo dato segnali concreti, congelando autonomamente gli aumenti dei pedaggi. Lo stesso abbiamo fatto alla fine dell'anno anticipano le decisioni del ministro. Ma giugno si avvicina e se vogliamo evitare che scattino nuovamente gli aumenti bisogna solo approvare il nuovo Piano economico e finanziario».

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