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Pescara, 27/11/2024
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Data: 03/04/2019
Testata giornalistica: Il Centro
Così l'autonomia regionale diventa secessione dei ricchi. L'Abruzzo dice no a essere penalizzato. Convegno a Pescara promosso dalla Cna sulla riforma delle autonomie differenziate. E oggi il presidente Marsilio sarà a Roma dal ministro Stefani per un confronto sul tema

PESCARA C'è grande preoccupazione in Abruzzo, per gli effetti della riforma delle autonomie differenziate, una possibilità prevista dal terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, e della quale alcune regioni italiane hanno chiesto di avvalersi. Di quella che viene indicata come la "secessione dei ricchi" si è discusso ieri a Pescara, nel corso di un seminario promosso dalla Cna Abruzzo, e si continuerà a parlare oggi a Roma, dove si ritroveranno i presidenti delle Regioni convocati dal ministro Erika Stefani. A rappresentare l'Abruzzo il governatore Marco Marsilio, che da un lato sottolineato di garantire «il rispetto della coesione nazionale, della solidarietà fra le parti più deboli e più ricche del Paese», dall'altro governa un organismo regionale con un partito, la Lega, che spinge fortemente verso la riforma.
IL CONVEGNO. Al tavolo dei relatori, oltre al presidente Marsilio, il professor Gianfranco Viesti, dell'Università di Bari, che da tempo ha lanciato l'allarme sugli effetti della riforma, e il direttore regionale della Cna, Graziano Di Costanzo. A moderare i lavori il direttore di Rete 8 Carmine Perantuono. In sala molti amministratori locali e rappresentanti del mondo sindacale.
TUTTO DA VEDERE. «Penso si debba affrontare la questione», ha detto Marsilio, «con capacità di studio e di analisi per capire le conseguenze delle decisioni che si assumono». La Costituzione, ha sottolineato il presidente, non è solo l'articolo 116, «ma dice cose chiare in merito al mantenimento della coesione nazionale». Detto questo, secondo Marsilio, il documento che contiene la proposta di riforma è da valutare attentamente. «Dobbiamo studiare bene qual è la condizione in cui viene concessa questa autonomia differenziata alle regioni che la richiedono, per capire se sposta il peso delle risorse. Se le sposta solo dallo Stato verso le Regioni che ottengono l'autonomia è un conto, se invece c'è un trasferimento che squilibra i rapporti tra le regioni è chiaro che non possiamo essere d'accordo, anche perché siamo una regione debole che ha bisogno di un quadro di solidarietà e di coesione. Se si traduce in un dimagrimento della struttura dello Stato, trasferendo alle Regione funzioni che possono esercitare con più velocità ed efficacia, è un processo che ci può interessare, sul quale faremo anche noi le nostre valutazioni».
CONCERTAZIONE. Oggi, al cospetto del ministro Stefani, saranno affrontate tutte queste perplessità. «Fa piacere che questo governo abbia sensibilità nell'ascoltare tutte le parti», ha aggiunto il governatore, «di coinvolgerle nel processo anche di comprensione di questo strumento che è del tutto inedito».
COSA CAMBIA. Alla domanda cosa risponde il professor Viesti. «Dipende da come viene fatta. Se viene fatta come oggi è richiesta, cambia moltissimo per l'Italia, perché tutti i grandi servizi pubblici nazionali vengono spezzettati, a cominciare dalla scuola, ma anche le politiche dei beni culturali, dell'ambiente, del paesaggio, le politiche infrastrutturali. Viene tutto spezzettato in competenze che rimangono in parte statali e in parte regionali. Cambia che si vivrebbe in un Paese diverso, più frammentato e complessivamente più debole di quello di oggi».
E LE IMPRESE? È sempre il professor Viesti a spiegare che tipo di impatto la riforma potrebbe avere sulle attività produttive. «Le imprese sono in una situazione particolare perché questo dispositivo, nei termini in cui è chiesto soprattutto da Lombardia e Veneto, in primo luogo prevede tantissimi cambiamenti sulle infrastrutture, su come vengono fatte e su chi le gestisce, ma anche su tutti i fondi di sostegno alle imprese che dovrebbero essere tutti regionalizzati. Naturalmente c'è il rischio che diventino più corposi nelle regioni più forti, e meno in quelle più deboli. Le imprese, a mio avviso, devono chiedere la massima chiarezza su quello di cui si sta discutendo, e che si può decidere, perché la realtà è che non abbiamo ancora neanche un testo ufficiale che elenchi esattamente tutti i temi su cui si sta discutendo. I testi ufficiosi sono lunghi 60 pagine, e al loro interno c'è veramente tutto».
E L'ABRUZZO? «Cambia, nell'insieme, che diventa una regione di un Paese molto più difficile da governare. Può cambiare la circostanza che diventa una regione più indebolita, in confronto al rafforzamento delle più forti. Questo riguarda anche le imprese, perché una tassazione diversa sui territori potrebbe avere col tempo impatti molto forti».

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