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Data: 03/04/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ammortizzatori, il Mise firma il decreto

ROMA Il primo passo è fatto: il ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha firmato il decreto che sblocca la proroga degli ammortizzatori sociali nelle aree di crisi complessa. Sono coinvolti circa 60.000 lavoratori di 18 aree sparse in 13 regioni. I fondi per la proroga del sussidio, 117 milioni sui 150 inizialmente richiesti, sono stati stanziati nell'ultima legge di bilancio. Ma per l'erogazione servivano le firme sul decreto. Le firme, al plurale. E sì perché si tratta di un decreto interministeriale, serve anche il via libera del titolare dell'Economia, Giovanni Tria. E poi ancora l'ok della Corte dei conti. Solo a quel punto le risorse potranno dirsi definitivamente sbloccate e il ministero del Lavoro potrà ripartirle tra le regioni interessate, che nel frattempo avranno messo a punto l'elenco dei singoli lavoratori da fornire all'Inps, che poi finalmente potrà erogare il sussidio. Insomma l'iter è appena cominciato, contando anche sul fatto che a breve ci saranno le elezioni europee, i sindacalisti calcolano che se va bene passeranno altri 20 giorni. Insomma, da maggio i lavoratori potranno ricevere l'aiuto.
IL PRESSING
«Finalmente» commentano i sindacati, che da tempo fanno pressing. Una parte dei lavoratori è senza alcun sussidio da gennaio. Tre mesi di nulla. E non è facile andare avanti quando non si può nemmeno attingere ai risparmi, perché che cosa riesci a risparmiare se prendi poco più di 500 euro al mese. «Ci sono situazioni drammatiche, persone che non portano a casa un euro da più di tre mesi» racconta Salvatore Barone, Cgil. Come gli ex lavoratori dell'Alcoa in Sardegna, ieri in presidio davanti al ministero. Di Maio rivendica in tweet: «Passo passo proviamo a risolvere concretamente i problemi dei lavoratori».
Le aree di crisi complessa sono quelle che hanno «un impatto significativo sulla politica industriale nazionale», e che all'interno di specifici territori riguardano «una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto; una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio». Sono 18, suddivise in 13 regioni. Dal Nord al Sud. C'è Trieste (Friuli Venezia Giulia), Venezia e Porto Marghera (Veneto), Savona (Liguria), Piombino e Livorno (Toscana), Rieti e Frosinone (Lazio). In Umbria c'è l'area di crisi di Terni-Narni, in Abruzzo quella Val Vibrata - Valle del Tronto - Piceno, in parte la stessa area è di competenza anche della regione Marche, dove si aggiunge il distretto fermano-maceratese. In Campania dal novembre 2017 sono tre le aree di crisi (il polo industriale di Acerra-Marcianise -Airola, quello di Torre Annunziata-Castellammare e quello di Battipaglia-Solofra), nel Molise c'è l'area di Isernia e Campobasso, in Puglia Taranto, in Sardegna l'area di Porto Torres e quella di Portovesme, due sono in Sicilia (Termini Imerese e Gela). Il riparto delle risorse alle Regioni non è ancora ufficiale, ma le maggiori risorse dovrebbero andare a Lazio (25,6 milioni), Toscana (36,6 milioni) e Sardegna (12,2 milioni).
POLITICA INDUSTRIALE
La proroga degli ammortizzatori è diventata una necessità da quando, nel gennaio 2017, è stata abolita l'indennità di mobilità che invece prima scattava dopo i vari periodi di cig e prima della disoccupazione. Per i sindacati il governo però deve andare oltre garantendo non solo gli ammortizzatori, ma anche un futuro a questi lavoratori, mettendo in atto quindi una politica industriale che, attraverso opportuni investimenti, porti queste aree alla riconversione e riqualificazione.

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