L'accusa passa da quella di lesioni aggravate a quella di omicidio preterintenzionale, perché ieri il cuore di Filippo Recchione, il 61enne ferroviere trovato esanime in casa la sera dell'8 febbraio scorso, non ha retto. L'uomo è morto ieri nell'ospedale di Sulmona dove era ricoverato da quasi due mesi, da quando cioè la figlia rientrando in casa la sera lo trovò riverso a terra in una pozza di sangue. L'unico indagato al momento è il fidanzato della stessa figlia, un ventiseienne di Pacentro, attualmente ricoverato in una struttura sanitaria dopo che agli inizi di marzo gli è stato applicato un trattamento sanitario obbligatorio: è stato lui stesso, infatti, ad ammettere davanti agli uomini della squadra anticrimine della polizia di Sulmona, di aver colpito quella sera il suocero reo di essere contrario alla relazione sentimentale tra i due ragazzi. Una reazione, ha detto agli investigatori, al trattamento ricevuto dopo aver suonato alla porta dell'abitazione di piazza Tacito dove Recchione viveva con una delle due figlie: uno spintone che gli avrebbe fatto perdere il controllo e che avrebbe portato il ventiseienne a colpire il ferroviere.
Ad aprire l'inchiesta era stata la polizia dopo aver ricevuto, due giorni dopo il ricovero, il referto dei medici dell'ospedale di Sulmona, nel quale si evidenziava come le ferite riportate (tra cui contusioni e tagli in viso) non erano compatibili con una caduta accidentale dovuta ad un malore, come all'inizio la figlia aveva pensato. Quindi l'interrogatorio e la confessione del ragazzo, che dice di essere andato via da quella casa con il suocero ancora vivo. Anche per questo il Pm Stefano Iafolla ha disposto l'autopsia: dall'esame, che sarà eseguito oggi dall'anatomopatologo Luigi Miccolis, si capirà se quei colpi inferti dal giovane al padre della sua ragazza siano stati o meno determinanti alla sua morte.