L'AQUILA «La rilettura della verità su Bertolaso era doverosa, è stato un modello di organizzazione, efficienza, generosità e dedizione, ingiustamente massacrato». L'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, l'avezzanese Gianni Letta, si è tolto qualche sassolino dalla scarpa, mettendo da parte per una volta il suo aplomb istituzionale, facendo il punto sulla ricostruzione a margine della celebrazione del decennale del sisma nella scuola ispettori della Finanza all'Aquila, già quartiere generale nell'emergenza. Un convegno nel quale è stato ribadito il concetto che, senza la Scuola della finanza, il destino della città sarebbe stato ben peggiore, anche perché «tempio della solidarietà». E analoghe considerazioni sono state espresse dall'ex prefetto dell'Aquila al tempo del sisma, Franco Gabrielli, ora capo della polizia. Entrambi hanno affermato che per il sisma c'è stata una rappresentazione distorta della realtà soprattutto da tv nazionali.
RILETTURA. «Per raccontare la verità», ha detto Letta, «basta vedere la parte ricostruita, la parte in costruzione e i cantieri che ancora ci sono, dei palazzi meravigliosi che sono tornati a vivere. Il Friuli è un ottimo modello, per esempio si dimentica di dire che i friulani stessi per completare la ricostruzione ci hanno messo venti anni, noi a dieci anni siamo più avanti di quanto non fosse il Friuli dieci anni fa. Il vero problema è ridare vigore all'economia aquilana, prendere iniziative, dare forza alle imprese, purtroppo si è aggiunta al terremoto la crisi che ha colpito tutta l'Italia, si vedono palazzi ricostruiti, bellissimi, ma sfitti o in vendita e bei negozi, ma vuoti». Anche Gabrielli si è speso per Bertolaso «che non è San Gennaro, ma un uomo straordinario» ricordando che, ben prima dell'assoluzione, aveva detto che sulla sua estraneità alle accuse avrebbe «messo le mani sul fuoco». Poi ha parlato di «serenità di giudizio che molti non hanno avuto su una vicenda che per molti poggiava sul dolore». Le sentenze si rispettano», ha affermato alludendo al caso Grandi Rischi, «ma anche le sentenze si possono discutere. Se abbiamo avuto un caso di responsabilità penalmente accertato, credo che qui ci sia stata una responsabilità sistemica di un territorio che si sapeva essere sismico e che non era preparato e, come ci hanno detto le sentenze, aveva edifici non costruiti in maniera adeguata. Un territorio che non era pronto a quei piani di Protezione civile sui quali abbiamo tanto insistito». Ha poi ipotizzato, in taluni frangenti, errori di comunicazione della Protezione civile. «Infatti, da allora, abbiamo abolito la parola rassicurare». «Un uso», ha aggiunto, «propagandistico di fatti straordinari ha avuto come conseguenza una contropropaganda». «In quei mesi», ha aggiunto rivolgendosi agli allievi della scuola, «per la prima volta si è data concretezza all'idea di Zamberletti, il creatore della Protezione civile, di un esercito di volontari con 90mila persone su questo territorio. Per la prima volta, qui, la comunità scientifica è entrata a far parte del sistema di Protezione civile, qui, per la prima volta, si è realizzato un sistema di verifiche sismiche unico per consentire alle persone di tornare nelle abitazioni. Anche il Progetto Case aveva un senso con migliaia di persone da alloggiare. Si dimentica che per la prima volta un capoluogo di regione era terremotato. E ci hanno accusato di aver sospeso i diritti civili».
UFFICI A RISCHIO. «Il mio amico Massimo Cialente», ha poi aggiunto, «dette il meglio di sé riuscendo a evitare che gli uffici pubblici principali venissero trasferiti altrove».
ELOGI A PARISSE. «Ha avuto in sorte», ha detto parlando del giornalista del Centro Giustino Parisse, «di dover sopravvivere al proprio dolore, ma deve sapere quanto bene sta facendo alla comunità. Le sue sono parole vere perché affondano nella tragedia». «Dobbiamo avere sempre la consapevolezza di parlare di cose che affondano in tragedia e non si può prescindere dalla sofferenza dei familiari che hanno patito la mancanza dei propri cari. Credo che ognuno di noi anche in questa vicenda dovrebbe chiedere scusa perché non sempre abbiamo avuto la capacità, la sensibilità di entrare in sintonia con questo dolore».