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Data: 12/04/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Def vuoto, mancano le risorse il dopo-voto preoccupa il Colle

ROMA Il Paese è imballato e il «bagno di realtà» sancito dal Documento di Economia e Finanza, accende gli animi nella maggioranza. Obiettivo trovare le risorse per non aumentare l'Iva e comunque trovare le «coperture di notevole entità» - si legge nel Def - per evitare l'aumento dell'Iva che invece il Mef dà quasi per scontato. Una vera e proprio tagliola destinata a scattare con la legge di Bilancio di fine anno contro la quale i due vicepremier hanno già iniziato a battersi. Nel frattempo devono però prendere atto - come si legge sempre nel Def - che le due misure bandiera, Reddito e Quota100, producono poco o nulla sul fronte della crescita e dell'occupazione. Tantomeno incidono sulla produttività. Il tutto rischia di far schizzare intorno al 3% il rapporto deficit-pil provocando guai seri al Paese.
IL TIMORE
I fautori dell'operazione verità, il ministro Tria ma anche il sottosegretario Giorgetti e in parte il vicepremier Di Maio, dopo essere riusciti a mettere insieme una linea di politica economica meno fantasiosa, cercano ora di gettare acqua sul fuoco. Le elezioni europee sono alle porte e dover ammettere di aver sbagliato la manovra di dicembre è complicato, anche se ora nel decreto crescita si provano a recuperare alcune misure archiviate sei mesi fa. Il timore di una manovra da record, da oltre 40 miliardi, sparge il panico nella Lega come nel M5S. A cambiare immediatamente i toni è da qualche giorno il ministro Di Maio, che passa da un convegno di Confindustria all'altro, per rassicurare gli imprenditori che ieri, dopo averlo ascoltato, lo hanno anche definito «uno di noi». Per la gioia del Carroccio. Sblocca cantieri e crescita vengono valutati lo 0,1%, anche se i testi non sono ancora in Gazzetta Ufficiale e Giorgetti sostiene che la trentina di articoli di cui è composto «sono proprio difficili da leggere» con il rischio «che dietro a un'ottima norma ci sia un mostro burocratico che la blocca subito dopo».
La caccia alle risorse, alla spending rewiev - che ancora non c'è - e alle privatizzazioni che non partono, si accompagna al confronto tra i due partiti sulla flat tax. L'ipotesi di una riduzione dell'Irpef è presente nel Def. Ma è forse questa la parte del Documento che più si avvicina per credibilità alle «previsioni del tempo», citate ieri da Giorgetti in relazione proprio alle stime contenute nel Def. Secondo molti la bomba ad orologeria del debito pubblico è destinata ad esplodere dopo le elezioni europee, ma non per intervento di una Commissione Ue in scadenza - e che potrebbe lasciare l'onere della procedura ai nuovi commissari - quanto ad opere di mercati e investitori.
Una prospettiva che viene seguita con particolare attenzione dal Quirinale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rientrato ieri sera dalla Giordania, non ha letto né il Def né i decreti crescita e sblocca cantieri. Peraltro i secondi due sono ancora in cottura malgrado siano stati licenziati settimane fa. La svolta realista del Def viene comunque apprezzata sul Colle, ma preoccupano i possibili contraccolpi nella maggioranza, tanto che Mattarella non ha in programma viaggi per le tre settimane successive al voto europeo. A soffrire di più le conseguenze della situazione economica è la Lega di Salvini che al Nord fatica a spiegare il Reddito mentre l'elettorato leghista si chiede perchè moltissimi cantieri siano ancora fermi. Ciò che potrà accadere nel governo dopo il 26 maggio rappresenta una vera e propria incognita e il voto anticipato anche in autunno non è da escludere.
I MALUMORI
Nella Lega cresce il partito di coloro che vorrebbero staccare la spina al governo dopo maggio in modo da andare «all'incasso» «senza dover rimanere impigliati» nella manovra e nel conseguente scontro con Bruxelles. Giorgetti e il governatore del Veneto Luca Zaia lo hanno detto chiaramente a Salvini l'altra sera a cena: «Se prendiamo il 30% alle Europee andiamo a votare subito e così evitiamo di fare la manovra con il M5S». Ieri Giorgetti ha sostenuto pubblicamente più o meno lo stesso pur senza arrivare alle conclusioni: «Stare in un governo di coalizione, vuol dire trovare compromessi ed è molto dispendioso...».

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