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Data: 16/04/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Acqua del Gran Sasso rischio chiusura per traforo e autostrada

L'AQUILA La giunta regionale, nel corso della seduta di ieri, ha deliberato la costituzione di parte civile nel procedimento giudiziario sul presunto pericolo di contaminazione della falda acquifera del Gran Sasso. L'inchiesta, condotta dalla Procura di Teramo, ha portato nel mese scorso alla richiesta di rinvio a giudizio per dieci indagati: i vertici dell'Istituto di fisica nucleare, di Strada dei Parchi e di Ruzzo Reti, con l'ipotesi di reato di inquinamento ambientale e getto pericoloso di cose, a seguito degli sversamenti di materiale pericoloso avvenuti negli ultimi tempi.
Un'indagine da cui è stato stralciato un ulteriore filone in capo alla Procura aquilana che ha lo scopo, essenzialmente, di capire se fatti analoghi si siano verificati anche sull'altro versante del Gran Sasso. Il vero terremoto, però, potrebbe provocarlo la lettera che Strada dei Parchi ha inviato alla Regione, nove giorni, fa, con la quale si dice chiaramente che la società, concessionaria delle autostrade A24 e A25, entro il 19 aprile è pronta a chiudere il traforo del Gran Sasso. Un documento, corposo e articolato, nel quale il concessionario sostiene che bisogna provvedere alla messa in sicurezza dell'acquifero, ma a farlo devono essere gli enti proprietari. Anche perché i costi da sostenere, già dettagliatamente lasciati in eredità dal piano presentato dallo scorso governo, non sono mai entrati nella contrattazione tra la società che fa capo al gruppo Toto e il governo sul nuovo Pef, il piano economico e finanziario che definisce la convenzione nei dettagli.
Ieri il governatore Marco Marsilio, di intesa con l'assessore Emanuele Imprudente, ha chiesto al Governo di valutare l'opportunità di nominare un commissario «per scongiurare il concreto rischio che il contenzioso in atto possa portare alla chiusura del traforo del Gran Sasso sull'autostrada A24 e perché venga velocizzata al massimo la procedura di messa in sicurezza del sistema idrico». Una sorta di richiesta di stato d'emergenza che arriva in una fase cruciale della vicenda. Ad oggi, infatti, con la normativa vigente, diventa complicato immaginare qualsiasi messa in sicurezza, anche la più sofisticata: l'area di salvaguardia prevista dalle leggi deve infatti avere un raggio di duecento metri rispetto al punto di captazione. Probabilmente sarà necessario chiede una norma ad hoc che consideri l'unicità del sistema Gran Sasso.
I COSTI
A seguito dei lavori del gruppo di lavoro coordinato dall'ex presidente vicario della Regione, Giovanni Lolli, esiste una precisa quantificazione del fabbisogno per la messa in sicurezza. Servono in totale 172 milioni, 53 dei quali per la realizzazione di due potabilizzatori da utilizzare durante i lavori nelle due gallerie; 104 stimati da Strada dei Parchi per i lavori di rifacimento delle condotte di captazione e il convogliamento dell'acqua potabile, per l'impermeabilizzazione e per realizzare by-pass e nicchie; 14,6 servirebbero, a detta dell'Infn, per rendere impermeabili sale, cunicoli e gallerie, per fare condotte di scarico in ghisa e per dismettere esperimenti che comportano l'utilizzo di sostanze pericolose. In quella sede Lolli sottolineò che «la questione non può che essere di livello nazionale», per la presenza di «infrastrutture strategiche». Ora la diffida di SdP rischia di segnare un punto di non ritorno: forse si temporeggerà fino a dopo le feste pasquali, ma senza fatti concreti l'eventualità della chiusura del traforo prende corpo.

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