L'AQUILA.«Prima pensavo che solo l'Italia fosse un Paese di commissari tecnici, ma evidentemente mi sbagliavo. Ci sono anche altri personaggi in giro per il mondo che pensano di essere dei tuttologi». Non fa il nome di Donald Trump, Guido Bertolaso, ex capo della Protezione civile premiato ieri all'Aquila. Ma nelle sue parole, dette in consiglio regionale, c'è anche il presidente degli Usa tra i tuttologi dei disastri. Come c'erano all'Aquila, dieci anni fa, per il terremoto. E come ci sono stati durante il rogo di Notre-Dame, che oggi dà all'uomo delle grandi decisioni nei mesi più tragici per l'Abruzzo l'occasione di pareggiare i conti con gli ipercritici di allora.PIÙ SOBRIA CHE SOLENNE. «A Parigi c'è qualcuno che si è messo a dare suggerimenti come se ai vigili del fuoco servisse». Si sfoga Bertolaso, segnando la premiazione, più sobria che solenne, per il decennale del sisma che vede protagonisti anche Gianni Chiodi, ex governatore, Massimo Cialente, ex sindaco dell'Aquila, e gli assenti giustificati Franco Gabrielli, capo della Protezione civile, Gianni Letta, ex sottosegretario della presidenza del Consiglio dei ministri, e Stefania Pezzopane, deputata Pd, insigniti con il rosone di Collemaggio. «Abbiamo dato il massimo in ogni istante», afferma Bertolaso, «rappresentando un sistema straordinario, quello della Protezione civile, che oggi riceve questo premio tramite la mia persona».SELF CONTROL. L'ex commissario straordinario sembra emozionarsi. Anzi, lo è davvero, ma governa tutto, anche le emozioni. «Abbiamo ricevuto altri di premi», continua, «anche se sono passati sotto silenzio, come la medaglia d'oro al merito civile che fu conferita al dipartimento della Protezione civile dall'allora presidente Giorgio Napolitano. Ci fu consegnata senza nessuna cerimonia. A differenza di quello che accade oggi in un'occasione così significativa e simbolica che questo Consiglio regionale ha voluto organizzare», sottolinea con una frase che inorgoglisce il presidente del Consiglio, Lorenzo Sospiri.TUTTI BRAVI. Poi, l'uomo solo al comando nel 2009, parla da capo: «Bisogna ringraziare tutti quelli che sono stati qui: oltre 25mila italiani che, nell'arco di dieci mesi, hanno lavorato nell'ambito delle competenze dei Vigili del fuoco, della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza, della Guardia penitenziaria dell'esercito, della Marina, dell'Aeronautica, della Guardia costiera, e tutto il mondo straordinario del volontariato della Polizia. E sarebbe bello se lo si facesse senza retropensieri, liberi da altri condizionamenti». Ma infine ammette: «Ci sono stati, lo sappiamo bene, luci ed ombre. Ma abbiamo dato il massimo».GLI DICONO GRAZIE. «E se ci sono stati errori e non siamo riusciti a mantenerne le promesse fatte, chiediamo scusa per le carenze», aggiunge l'ex capo della Protezione civile, che non smette mai di ringraziare i suoi mentori, Zamberletti e Andreatta, e trova in Consiglio solo riconoscenza, come quelle del vicepresidente Roberto Santangelo e dell'assessore Guido Liris che parlano dopo Chicco Di Benedetto, Giovanni Legnini, il pentastellato Giorgio Fedele e Simone Angelosante.COS'È LA VERITÀ. Lo spiega ancora Bertolaso: «Io dissi che ci sarebbero voluti 10 anni per ricostruire L'Aquila. Questa mia previsione non fu accolta bene, anzi, diciamo che è stato un momento estremamente negativo nell'eventuale popolarità del commissario per l'emergenza di allora. Ma i tecnici devono dire le cose come stanno. Possono anche sbagliare, ma in questo caso non mi sembra che mi sia sbagliato. L'Aquila è una città d'arte, non puoi ricostruirla asfaltando il patrimonio culturale, il cuore della sua storia e della sua vita, anche quella quotidiana. Ci vuole tempo», avverte l'ex capo della Protezione civile. «Bisogna sempre avere il coraggio delle decisioni. E con Cialente e Chiodi, allora, una decisione la prendemmo, e nessuno la può smentire: decidemmo che all'Aquila dovevano rimanere tutti, che neanche una famiglia doveva abbandonare questo territorio: erano 80mila gli abitanti il 5 di aprile del 2009, 80mila erano il 5 di aprile del 2010 e poi del 2011 e del 2012. L'obiettivo l'abbiamo raggiunto».DOV'È L'ERRORE? Secondo Chiodi, che, emozionato, ringrazia anche Gaetano Fontana, dimenticato da tutti, «l'errore più grande è stato il rientro nelle procedure ordinarie con la fine dell'emergenza decretata nel 2012. Come se un paziente in terapia intensiva», spiega, «venisse dimesso anzitempo: questo è il motivo principale del grave ritardo nella ricostruzione, in particolare in quella pubblica».E poi afferma, come ex commissario governativo per la ricostruzione: «Questo fu voluto dal ministro Barca e dal sindaco Cialente nella convinzione che ciò avrebbe aumentato i poteri dei sindaci e del territorio. In realtà, aumentarono i poteri, ma rallentò tutta la redistribuzione». E conclude: «Oggi purtroppo si combatte con un governo e uno Stato che non si ritengono più responsabili, e con procedure ordinarie che esaltano la burocrazia ed i suoi tempi lunghi. Tornare all'emergenza? Questa sarebbe la soluzione, ma non so se è una strada percorribile».
VERSO IL FUTURO. Cialente non replica. Guarda avanti: «Credo che ci sarà un grande futuro, sono qui a nome di tutti gli aquilani. È un riconoscimento alle famiglie che hanno accettato il sacrificio di vivere in una città virtuale. Credetemi, è stata durissima. Grazie a loro, oggi abbiamo salvato la città. L'abbiamo tenuta viva, ora tocca ai giovani».