PESCARA Un atto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti scongiura sul filo di lana la chiusura del traforo del Gran Sasso prevista per domani sull'A24 di Strada dei Parchi. In poche righe, non più di sette, il direttore generale del Mit, Felice Morisco, chiarisce che non spetta al concessionario mettere in sicurezza le falde acquifere della montagna perché non è previsto in nessun atto della convenzione.In sintesi, il Ministero che fa capo a Danilo Toninelli dà lo stop alla Regione Abruzzo che, con una delibera di fine mandato dell'ex giunta Lolli, aveva imposto a Sdp lavori per 104 milioni di euro finalizzati all'impermeabilizzazione e al rifacimento delle grandi condotte di captazione delle acque del Gran Sasso.Ma Strada dei Parchi ha risposto in tre modi contro quella delibera. Il primo: ha annunciato per domani la chiusura dei due trafori, in un senso e nell'altro, del tratto di autostrada che collega Teramo all'Aquila e viceversa. E lo ha fatto a rischio anche di finire sott'accusa per interruzione di pubblico servizio. Ma la decisione appariva necessaria dopo l'apertura di un'inchiesta da parte della procura di Teramo con 10 indagati, tra Sdp, Istituto di Fisica Nucleare e la Ruzzo reti, che di fatto è già conclusa.È un'inchiesta che si basa sull'ipotesi di una presunta assenza di isolamento tra le condutture di scarico delle gallerie autostradali e la falda acquifera. Ma in seconda battuta sempre la società concessionaria dell'autostrada ha impugnato, davanti al Tribunale amministrativo regionale, la delibera regionale. E infine ha anche posto il quesito al Mit che, proprio ieri, alla vigilia della drastica chiusura, ha risposto in maniera molto chiara. Ecco l'atto (che pubblichiamo in alto): «Si comunica che questa direzione ha già riscontrato la richiesta della Regione Abruzzo rilevando l'estraneità degli interventi richiamati nella delibera regionale al rapporto concessorio in quanto non contemplati dalla convenzione vigente». Che in parole semplici si traduce così: Strada dei Parchi ha ragione, tocca allo Stato scongiurare i rischi di inquinamento della falda acquifera, magari deviando quest'ultima per allontanarla dalle condutture di scarico delle gallerie con lavori del costo di ben 114 milioni di euro. «Ulteriori indagini ed approfondimenti saranno comunque contemplati dagli organi istituzionalmente preposti che verranno prontamente interessati dalla questione», scrive infine il dg Morisco. La vicenda va verso la nomina di un commissario ad acta che dipanerà la matassa chiamando in causa lo Stato e dando ufficialmente lo stop alla Regione, guidata ora da Marco Marsilio che, pochi giorni fa, ha deciso di costituirsi parte civile nel procedimento penale teramano.L'incidente più grave, che fece scattare il pericolo di contaminazione delle falde acquifere nel cuore della montagna, si verificò il 16 agosto 2002 durante l'esperimento Borexino, che comunque si rivelò fondamentale per la scienza.Il 28 maggio del 2003, l'allora premier Silvio Berlusconi dispose la nomina di un commissario delegato per il superamento della fase emergenziale. Fu designato come commissario ad acta Angelo Balducci. Il traforo rimase chiuso da settembre 2005 a febbraio 2006 per via dei cantieri. Ma la parola fine, nonostante i lavori, non fu scritta. Balducci, infatti, chiuse la sua relazione con una frase che, a distanza di molti anni, si è rivelata una premonizione: «Va rilevato che l'obiettivo primario era quello del superamento dell'emergenza» ma «lo scenario complessivo che ne è derivato avrebbe richiesto l'impiego di risorse ben superiori a quelle disponibili».