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Data: 18/04/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tfr degli statali, governo graziato ma la Consulta non chiude il caso

ROMA Tre sole ore per decidere di un caso che avrebbe potuto appesantire i conti pubblici, immediatamente, di un ulteriore fardello di 9 miliardi di euro e far fibrillare lo stesso governo. La Corte Costituzionale, invece, sul pagamento ritardato fino a 51 mesi del trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici ha graziato il Tesoro e Palazzo Chigi. Ma nello stesso tempo ha lanciato un avvertimento: la questione non si chiude con questa sentenza. Per comprendere i termini della questione bisogna fare un passo indietro. La Consulta ieri, era chiamata a decidere su un ricorso presentato dal combattivo sindacato Unsa-Confsal e dal suo segretario generale Massimo Battaglia che contestavano la disparità di trattamento degli statali rispetto ai lavoratori privati. Questi ultimi riscuotono il loro Tfr entro tre mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. I lavoratori pubblici invece, per una serie di norme salva-conti pubblici, lo ottengono se va bene dopo 12 mesi, se va male anche dopo 51 mesi. La domanda, insomma, era semplice: c'è una «discriminazione» tra pubblico e privato? La Corte ha risposto di no. Ma la risposta riguarda solo il caso specifico arrivato davanti ai giudici, ossia quello di una lavoratrice che ha «anticipato» il suo pensionamento. Insomma, non aveva raggiunto i limiti massimi previsti dalla legge per l'età o per la contribuzione. In questo caso, ha stabilito la Consulta, è lecita la liquidazione della buonuscita dopo 24 mesi e a rate.
LA VIA D'USCITA
I giudici però hanno voluto precisare che questa decisione non si applica a coloro che, invece, hanno raggiunto i limiti massimi di età o di servizio. Significa che, se un lavoratore che è andato in pensione senza scivoli di sorta presentasse ricorso, la decisione potrebbe essere diversa. Il governo, insomma, è avvertito. «In attesa del deposito della sentenza» sul ricorso per il Tfr degli statali, ha subito commentato Battaglia, «dal comunicato stampa della Corte Costituzionale si evince che il caso specifico è stato rigettato, ma anche che la Corte poteva giudicare positivamente se fosse stato presentato il caso di un dipendente pubblico con pensione di anzianità». Così il segretario generale dell'Unsa-Confsal ha immediatamente annunciato la presentazione di un nuovo ricorso.
Intervenendo a difesa del differimento del pagamento della liquidazione agli statali, l'Inps aveva quantificato in 9 miliardi il maggior esborso per le casse dello Stato in caso di condanna. Un conto che però salirebbe nei prossimi anni se, nel frattempo, dovesse arrivare una nuova pronuncia della Consulta. La sentenza comunque ha un altro effetto: mette al riparo la normativa su «Quota 100». Il prepensionamento a 62 anni e 38 di contributi è, di fatto, un anticipo di pensione. In questo caso il differimento del pagamento della liquidazione è, come ha stabilito la Corte Costituzionale, legittimo. Con Quota 100 il Tfr viene pagato fino ad un massimo di 90 mesi di ritardo. Il governo, tuttavia, ha siglato una convenzione con le banche che prevede la possibilità a chi sceglie lo scivolo di farsi anticipare le somme a fronte di un interesse calmierato.

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