Allora, ministro Centinaio, al governo salta tutto?
«No, assolutamente no. E' soltanto un momento di tensione pre-elettorale. Ricordiamo sempre che il 26 maggio si voterà per le elezioni europee, per il rinnovo di numerose amministrazioni locali e soprattutto per la Regione Piemonte, dove c'è Torino governata dal M5S e una Lega in forte crescita. Ma un attimo dopo sono certo che tutto si ricomporrà e andremo avanti nel nostro lavoro. Dobbiamo rispettare un patto di governo sottoscritto da due forze politiche e, dato ancora più importante, abbiamo il dovere di onorare gli impegni presi con gli italiani».
Gian Marco Centinaio è il ministro del Turismo e dell'Agricoltura, fedelissimo di Matteo Salvini. E si mostra sereno nonostante lo scontro con i 5Stelle sul sottosegretario Armando Siri e ora sul sottosegretario Giancarlo Giorgetti, colpevole secondo i 5Stelle di avere assunto a palazzo Chigi il figlio di Paolo Arata, indagato con Siri con l'accusa di corruzione.
Ha sentito Salvini? Lui si è detto certissimo dell'innocenza di Siri.
«Mi sento spesso con Salvini. Sono d'accordo con lui nel giudizio su Siri: metterei la mano sul fuoco per la sua onestà. Fa bene a invitare alla serenità: stiamo attraversando una fase di tensione molto alta nei rapporti con il M5S. Ma sono convinto che superato il 26 maggio prevarrà la volontà di lavorare per produrre azioni di governo in linea con le aspettative degli italiani e tutto ritroverà un suo equilibrio».
Un nuovo equilibrio su quali basi, però? Le accuse reciproche, gli attacchi quotidiani, le polemiche pesanti che riguardano anche altri terreni, come il Salva Roma, non lasciano prevedere un futuro roseo per il governo.
«Si ripartirà dalle cose da fare. Guardi, nelle occasioni delle campagne elettorali si è quasi obbligati a dar prova della propria forza, dimostrando di valere di più e di essere migliori. Non vedo l'ora che si voti e si ripongano queste armi perché abbiamo un enorme lavoro da svolgere. Detto questo, dopo i risultati delle elezioni ci dovremo sedere attorno a un tavolo, calmi e lucidi, e valutare a bocce ferme la fase nuova che si apre».
Che cosa vuol dire? Che il governo potrebbe ridiscutere i contenuti del patto?
«Voglio dire che dopo un anno di attività sarà normale esaminare ciò che si è prodotto, analizzare i motivi dei successi o dei ritardi e aggiornare il contratto tra Lega e M5S alla luce di quanto intanto è accaduto in Italia e in Europa».
Un tagliando al governo?
«Un tagliando, chiamiamolo così».
Lei si candida a promuovere un luogo di mediazione tra Lega e M5S?
«Specie chi non mi ama dice che io sia il più democristiano dei leghisti. Di sicuro mi riconosco qualità di mediazione, ma nella Lega ci sono autorevoli rappresentanti molto più bravi e capaci di me a far da pontieri».
Anche sulla questione della Tav ha mostrato l'intenzione di mediare.
«Non amo gli scontri pregiudiziali, i derby alla Juventus-Torino o, come ai tempi di mio nonno, alla Coppi-Bartali o Pro Vercelli-Casale. Ai No Tav dico: bene, non la volete e allora forniteci un'alternativa. Il no per il no è troppo facile».
Ma nel frattempo non teme che le prove muscolari di questi mesi possano provocare effetti deleteri nell'opinione pubblica? Un governo litigioso, in fondo, non è mai amato.
«Temo di sì. Perciò ritengo che sia necessario superare questi scogli e andare presto a misurarci con i bisogni del Paese».
Lei è più preoccupato per il caso Siri o per la Flat Tax e l'eventuale aumento dell'Iva?
«Per la Flat Tax e per l'Iva, non c'è dubbio. Siri, per altro, da sottosegretario seguiva proprio questi dossier».
Dunque non avrebbe ritirato le sue deleghe, come invece ha fatto il ministro Toninelli?
«No. E non seguirei il suo esempio anche se dovessero risultare indagati i miei sottosegretari Franco Manzato e Adriana Pesce. Con la sua scelta il ministro Toninelli ha creato un precedente pericoloso, perché ha sancito la regola in base alla quale chiunque si trovi soltanto coinvolto in una indagine giudiziaria automaticamente diventa colpevole e condannato. Può capitare a tutti, anche a Toninelli».