L'AQUILA La delibera con cui la giunta regionale chiederà alla presidenza del Consiglio dei ministri lo stato d'emergenza e la nomina di un commissario ad acta è solo il primo passo. Per risolvere il problema del rischio di contaminazione delle falde dell'acqua del Gran Sasso, infatti, non basta il progetto ipotizzato dall'ex giunta di centrosinistra. Né saranno sufficienti gli oltre 170 milioni previsti per i lavori. «Ma chi oggi parla e fa il solone, ha avuto tutto il tempo a disposizione per risolvere davvero l'emergenza», afferma Emanuele Imprudente, vicepresidente della giunta regionale. «Io, da quando sono stato nominato, quindi da poco, ho capito già l'enorme portata del problema che cercherò in tutti i modi di risolvere», aggiunge il componente leghista dell'esecutivo alla vigilia dell'approvazione della delibera che oggi darà il via all'iter. Ma che può slittare a giovedì prossimo, proprio per l'estrema complessità della questione che prevede l'isolamento sia dei laboratori dell'Istituto di fisica nucleare che delle condotte di scarico dell'A14, nel tratto che passa per il traforo del Gran Sasso, tra L'Aquila e Teramo. A questi due interventi si aggiunge la necessità di realizzare due potabilizzatori. Ma non basterà isolare e potabilizzare perché, per legge, le falde acquifere debbono stare a 200 metri di distanza da tutto il resto. E questo non è previsto nel progetto ipotizzato dalla delibera dell'ex giunta, impugnata al Tar dal concessionario dell'A14, Strada dei parchi. Il compito del commissario quindi sarà tutto il salita. Oltre che molto costoso.