PERUGIA «Il governo va avanti ma Siri deve andare a casa». Si concentra in questa frase, pronunciata da Luigi Di Maio in quel'Umbria segnata dalla corruzione, il nuovo scontro che attende M5s e Lega lunedì in Consiglio dei ministri. Sulla permanenza del sottosegretario il leader M5S ha deciso di giocarsi il primo jolly elettorale mirando ad uno dei pochi nervi scoperti della Lega. Spetterà al premier Giuseppe Conte, nel faccia a faccia previsto lunedì stesso, disinnescare l'ennesimo frontale, «accompagnando» Siri e il governo ad un epilogo che sembra sempre più probabile: l'allontanamento del sottosegretario dal governo. Sul tavolo, al momento, restano tutte le opzioni inclusa quella, ribadita da Matteo Salvini, che Siri resti dov'è. E c'è un'inchiesta dai risvolti potenzialmente imprevedibili. Il quotidiano La Verità ha pubblicato la confidenza di una fonte della Procura di Roma secondo cui l'intercettazione in cui si parla dei 30mila euro che inchioderebbe Siri, non esiste. «Ho letto che le intercettazioni non esisterebbero. Se così fosse sono sicuro che giudici, magistrati e avvocati faranno bene ed in fretta il proprio lavoro», subito rilancia Salvini. Intanto il Corriere.it risponde pubblicando gli atti della procura in cui i 30mila sono citati. Nel frattempo, attorno a Siri, si muovono le falangi del M5S e della Lega. «Rimuoverlo è un dovere morale», attacca Di Maio da Perugia. «Lui è tranquillo e pure io», replica Salvini dalla Sicilia confidando che il sottosegretario senta i pm al più presto. Difficile, tuttavia, che ciò accada prima dell'incontro tra Siri e Conte. I due si sono parlati al telefono mercoledì sera. E Conte ha chiesto al sottosegretario un incontro «vis a vis» al suo rientro dalla Cina. Solo dopo il premier deciderà, provando a favorire un compromesso tra M5S e Lega. Con un'appendice: Conte, a prescindere dall'esito dell'incontro con Siri, potrebbe comunque proporre nel Cdm di lunedì la revoca di Siri. Per revocare un sottosegretario, come per la nomina, serve un Decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio, di concerto con il ministro competente e sentito il Consiglio dei ministri. Il parere del Cdm in questo caso, non è vincolante mentre l'accordo del ministro competente - Danilo Toninelli - di fatto già c'è. A quel punto, osservano fonti M5S, se Salvini si opponesse alla decisione disconoscerebbe il ruolo del capo del governo arrivando allo strappo. Uno strappo che, per ora, non sembra convenire né a Di Maio né a Salvini, nonostante aumenti, di giorno in giorno, il pressing della Lega sul suo leader per staccare la spina. Per questo, salvo colpi di scena sul fronte dell'inchiesta, la via «politica» di Siri è oggi più stretta. In un contesto dove, nonostante la volontà reciproca di abbassare i toni, lo scontro Salvini-Di Maio resta.