L'AQUILA La Regione ha mosso il primo passo formale per tentare di trovare una soluzione al complesso rebus della messa in sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso. L'unico possibile, al momento: fare appello al governo («Ma senza deroghe ambientali» come ha ammonito il sottosegretario Vacca) affinché intervenga legittimando la dimensione nazionale del problema e scongiurando, così, provvedimenti drastici che potrebbero avere un impatto sociale ed economico devastante, come la chiusura del traforo sull'A24 a partire dal 19 maggio, come paventato dalla concessionaria Strada dei Parchi. Ieri la giunta si è riunita e ha approvato una delibera per chiedere di valutare se sussistano le condizioni per lo stato di emergenza e nominare un commissario, con «pieni poteri e risorse per sciogliere tutti i nodi e mettere in sicurezza il sistema».
SISTEMA
«Una situazione unica al mondo che impone decisioni importanti ed emergenziali» come l'ha definita il governatore, Marco Marsilio, facendo riferimento a un sistema molto complesso in cui insistono il traforo autostradale e i Laboratori dell'Infn, contestualmente alla captazione delle acque potabili. A margine della seduta, il presidente Marsilio e il vicepresidente e assessore al Sistema idrico, Emanuele Imprudente, hanno sottolineato che, comunque, al momento «non c'è una situazione di emergenza e non ci sono problemi per l'acqua» grazie a «protocolli e dispositivi per il monitoraggio costante».
Nel 2017 nell'area in questione ci fu un incidente ambientale cui seguì la nomina, da parte della Regione, di un gruppo di lavoro composto dai soggetti interessati. Marsilio ha ricordato che al mondo «non c'è altro luogo in cui un traforo autostradale nasconde al suo interno un laboratorio di rilevanza internazionale e tutto attorno a questo sistema c'è una falda acquifera da cui gli acquedotti di Teramo e L'Aquila captano le acque». Questo, ha evidenziato il presidente della Regione, «provoca problemi che tutti conosciamo e abbiamo già vissuto. Non c'è più tempo da perdere, è da troppo che assistiamo a un rimpallo di responsabilità. La Giunta ha deliberato la richiesta al Governo di valutare lo stato di emergenza, l'unicità della situazione del Gran Sasso, è necessario che ci sia un'assunzione di responsabilità a tutti i livelli. La Regione non ha competenze dirette: non è né proprietaria degli impianti né dell'autostrada e non può spendere le risorse che servono per fare gli interventi importanti che devono essere fatti».
LE MOSSE
L'idea di Marsilio è che si apra una riflessione seria, ma celere. «La Regione - ha aggiunto Marsilio - si pone in un atteggiamento collaborativo e propositivo con il Governo. A nostro avviso il Governo deve nominare un commissario che abbia i poteri e le risorse per sciogliere tutti i nodi, per mettere in sicurezza e a regime tutto questo sistema e garantire contemporaneamente la sicurezza e la captazione delle acque, la percorribilità dell'autostrada e del traforo e la funzionalità e operatività dei Laboratori nazionali del Gran Sasso». Su tempi e modalità degli interventi, come la chiusura del traforo autostradale, Imprudente ha frenato: «Non può essere la politica a dirlo, ma servono tecnici che possano valutare come gestire i sistemi contemporaneamente. I tempi non possono che essere dettati dall'azione stessa che metterà in piedi il commissario, perché ad oggi abbiamo soltanto degli studi che la passata Giunta ha trasmesso». «Chiediamo la nomina di un soggetto che abbia ampi poteri, che possa fare progetti veri e non gli studi, che possa quantificare le risorse necessarie e i tempi dell'intervento. È un problema di cui si parla da vent'anni, senza che si sia mai arrivati a una soluzione definitiva. Noi - ha concluso il vicepresidente della Giunta - vogliamo trovarla, nell'interesse della salute degli abruzzesi, nell'interesse delle persone che quotidianamente passano sotto al traforo e nell'interesse della scienza internazionale».
Gli ambientalisti sono contrari «Si scaricano le responsabilità»
TERAMO Commissariamento? No grazie. «Oltretutto spiegano gli attivisti teramani dell'Osservatorio Indipendente sulle acque del Gran Sasso tale misura, se conferita con poteri di deroga dalle normative vigenti, specialmente in materia ambientale, comporterebbe una deresponsabilizzazione di tutti i soggetti coinvolti». A partire dalla Regione e dagli enti locali, e a cascata tutti gli altri, così come nel precedente con Balducci. Questa è piuttosto una partita a scacchi per l'Osservatorio, chiaramente ai danni degli abruzzesi e del loro habitat già di per sé contaminato da toluene e sostanze affini e dalle bottiglie di acqua minerale che hanno soppiantato miti come Ruzzo, dove l'oro bianco era assurto quasi a cornucopie di un dio pagano. E dove «i vari giocatori muovono le loro pedine, non per trovare una soluzione ad un problema conosciuto da almeno due decenni, ma per cercare di evitare di trovarsi in difficoltà». Insomma, il commissariamento («ma poi verranno conferiti gli strumenti giusti?» si chiedono gli ambientalisti) è considerato una sorta di parafulmine che dovrà contrastare, smorzare, smussare, l'azione della magistratura, all'interno della quale la stessa associazione, composta da diverse anime (Wwf, Legambiente, Mountain Wilderness, Arci, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d'Italia, Fiab, Cai, Italia Nostra e Fai), si è costituita parte civile. «E' singolare che il commissariamento (la cui carica potrebbe essere conferita al governatore Marsilio), tra l'altro originato dall'annuncio della chiusura del traforo, arrivi dopo 2 anni dall'avvio dell'inchiesta della magistratura». Balducci nel 2003 aveva imposto la messa in sicurezza del sistema (l'acquedotto e la captazione sotto il laboratorio e autostrada non possono sussistere) «ma poco o niente si è fatto». Come riporta la Procura di Teramo ed anche lo stesso commissario. Sicché bissare quell'esperienza per gli ambientalisti non è proprio il massimo, spendendo oltretutto, come si è fatto allora, 80 milioni di euro senza risolvere il problema. Ora di euro ne occorrerebbero ben 170.