ROMA «Per ora il reato più grave e accertato di Armando Siri è quello di avere un'associazione, Spazio-Pin, che aspetta l'arrivo degli extraterrestri». A Riccardo Magi, deputato Radicale di +Europa, la teoria del reato percepito non lo convince e per questo ironizza rimandando all'inchiesta di Report.
LA STORIA
Eppure il pressing di Luigi Di Maio per le dimissioni di Siri da sottosegretario nasce e si rafforza nel timore dei guai che al governo potrebbero arrivare dalla «percezione» di avere al proprio interno qualcuno che abbia rapporti con personaggi in odore di mafia. Una sorta di telefono che, proprio perché senza-fili, porta ovunque lo si voglia indirizzare. Ragionamenti che da giorni fa in privato anche Matteo Salvini, il quale ieri ha avuto modo di parlare di nuovo con il sottosegretario e i suoi avvocati. Il vicepremier della Lega, dopo una difesa netta ma prudente, si è ora ancor più convinto che Siri sia innocente. Lo va ripetendo ai suoi che gli chiedono conto della faccenda, anche se si guardano bene dall'intervenire e, soprattutto, dal replicare agli affondi pentastellati.
Salvini non intende mollare, malgrado il pressing di Di Maio e i continui affondi pentastellati. Ultimo quello del vicepremier che ha accusato Salvini di ragionare come Berlusconi. Tirare in ballo il Cavaliere serve a Di Maio per accentuare le distanze dall'alleato e accusarlo di voler tornare con il vecchio centrodestra. Se non fosse che a lungo andare, seguendo un po' di proprietà transitiva, restare alleato con un partito in odore di mafia significa rimuovere il veto allo stesso Berlusconi che il M5S ha sempre accostato all'odore di mafia. Il problema Siri è ora nelle mani del presidente del Consiglio. Giuseppe Conte alla fine si è adeguato ai desideri leghisti e non ha ancora incontrato il sottosegretario, ma soffre il martello grillino. Alla Lega serve tempo per vedere cosa hanno gli inquirenti di decisivo per spingere, eventualmente, Siri al passo indietro. L'incontro di ieri degli avvocati di Siri con i pm spiana l'interrogatorio e quindi al possibile faccia a faccia dell'indagato con il presidente del Consiglio.
Il tentativo di palazzo Chigi di trovare una soluzione che non sancisca vincitori e vinti, spinge ad immaginare soluzioni improbabili. Come quella dell'autosospensione che ovviamente Di Maio ha definito «inesistente».
A Conte la rissa continua tra i suoi due vice piace sempre meno, al punto da averli più volte invitati ad abbassare i toni. Salvini, ovviamente più interessato a mettere la sordina alla vicenda, ci prova. Di Maio invece non molla e si è convinto - spinto anche da alcuni giornali amici - che la linea della legalità possa riportare verso l'alto le percentuali del M5S. Il voto siciliano, come anche i sondaggi de La7, sembrano dimostrare il contrario, ma per ora la linea del Movimento resta questa e forse l'unica da sostenere visto che anche il pregio di nascondere lo stallo dell'esecutivo che non è ancora riuscito a pubblicare in Gazzetta Ufficiale il decreto-crescita.
Lo scontro tra i due si ripercuote infatti su tutta l'attività di governo e anche sulla missione che oggi l'esecutivo avrà in Tunisia. Di Maio e Salvini arriveranno e ripartiranno da Tunisi su aerei diversi. Il primo arriva da Varsavia, mentre il secondo sarà nell'aereo del premier che tenterà di studiare un'exit strategy anche in serata.
Alle 21 si terrà infatti il consiglio dei ministri. Come è ormai tradizione del governo giallo-verde, l'ordine del giorno si conoscerà all'ultimo anche se trapela che potrebbe occuparsi di nomine (Bankitalia e prefetti). L'occasione verrà però sfruttata dal presidente del Consiglio per mettersi intorno ad un tavolo con i due vicepremier per spiegargli che «così non si può andare avanti» e che capisce le esigenze della campagna elettorale, ma «si sono superati i limiti». Il presidente del Consiglio più volte ha dato sfoggio di pazienza. D'altra parte tra i due non può che ergersi come mediatore contando su ciò che è scritto nel contratto di governo. Ma quest'ultimo non parla di come i due contraenti dovrebbero condurre una campagna elettorale diventata negli ultimi giorni occasione di rissa.
LA FARSA
Il risultato di tutto ciò è che Conte evita ormai di portare qualunque cosa in Consiglio dei ministri perché qualunque cosa diventa occasione di scontro. Gli effetti sul governo e anche sui partiti che lo sostengono sono però evidenti mentre cresce la convinzione degli italiani che le elezioni anticipate siano vicine. Una percezione, certamente, ma che alla lunga diventa sempre più difficile rimontare.