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Pescara, 23/11/2024
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06/05/2019
Il Messaggero
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Siri, affondo di Di Maio. La Lega: «Tacete, ultimo avviso».E attacca i pm. Il capo M5S: «Salvini abbia coraggio e faccia dimettere il leghista indagato». Il Carroccio sulla procura: perché Armando non è stato ancora ascoltato? |
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ROMA Malgrado la giornata mondiale della risata, Di Maio e Salvini hanno continuato a dirsene di ogni su tutti gli schermi e le piazze possibili. Oggetto del contendere, il caso del sottosegretario Armando Siri che non intende mollare anche perchè Salvini continua difenderlo dagli assalti grillini. Eppure dell'ironia riescono a produrla i due vicepremier quando, dopo ogni insulto, spiegano di avere «ancora quattro anni davanti». Una pantomima surreale che va avanti da giorni e che dovrebbe - speriamo - risolversi dopodomani nel Consiglio dei ministri che all'ordine del giorno, oltre alle varie ed eventuali, dovrebbe avere proprio il decreto per destituire Siri. LE MANI Il primo a sperare che non si arrivi a quel punto è il premier Conte che sulla vicenda sa di giocarsi il rapporto con la Lega. Malgrado il muro legista e i timori del premier, i Cinquestelle non mollano e ne hanno fatto una questione di principio utile - sperano - a risollevare sondaggi non particolarmente lusinghieri. Il tormentone ieri mattina è stato subito alimentato dal blog grillino: «Sulla questione morale il M5S non fa passi indietro e alla Lega chiediamo di tirare fuori le palle su Siri e farlo dimettere». «È bello fare il forte con i deboli, ma questo è il momento del coraggio», incalza subito dopo Di Maio che definisce «inutile» la sfida della conta in Cdm. «Io - mette subito le mani avanti Di Maio - non solleverò nessuna crisi di governo, se vogliono farlo loro, l'ultimo che ha sollevato una crisi su un indagato è Mastella», è la provocazione del leader M5S. Dalla permanente campagna elettorale Salvini ribatte a stretto di giro di posta: «Gli amici dell'M5S pesino le parole. Se dall'opposizione insulti e critiche sono ovvie, da chi dovrebbe essere alleato no. A chi mi attacca dico tappatevi la bocca, lavorate e smettete di minacciare il prossimo. È l'ultimo avviso». L'ultimatum del vicepremier si somma ad una buona dose di irritazione anche per il silenzio degli alleati sulle minacce contro il titolare del Viminale contenute in alcune scritte comparse a Torino, Bologna e Roma. «Con la corruzione non ci si tappa la bocca, si parla e si chiede alle persone di mettersi in panchina», replica Luigi Di Maio. Ma sulla vicenda Siri la linea del leader leghista non cambia: va atteso almeno il rinvio a giudizio. «I processi in Italia si fanno in tribunale e non in piazza», ribadisce il vicepremier. Ad alimentare la polemica un servizio di Report, anticipato dal Tg3, che racconta dell'acquisto di un immobile da parte di Siri sul quale ci sarebbero sospetti di riciclaggio. «Fango» e minacce di querele da parte dell'interessato, mentre nella Lega ci si chiede, non senza sospetto, perché i magistrati non abbiano «trovato ancora il tempo» per ascoltare Siri. Per il governo giallo-verde, e per chi si appassiona alla stucchevole vicenda, altri due giorni scarsi di passione, con i due vicepremier che si sfidano per vedere chi alla fine frenerà sull'orlo del burrone. La frenata è infatti certa, anche se non se ne conoscono modalità e tempi, ma ormai è la caratteristica delle polemiche giallo-verdi. Uno scontro che ieri si è accessoriato di qualche altro argomento che galleggia sotto forma di ddl nelle aule parlamentari senza che possa esserci uno sbocco prima di fine mese. Ed è proprio al 27 maggio che nel M5S si guarda con crescente attesa preparando una trincea all'offensiva leghista che rischia di coinvolgere anche il premier Conte qualora Siri venisse dimesso nel cdm. Ed infatti sul rimpasto o, sulla sostituzione del premier Giuseppe Conte c'è chi mette già le mani avanti. «Vorrebbe dire non volere più questo governo», sosteneva ieri su Repubblica il sottosegretario M5S Vincenzo Spadafora. Appunto, questo governo nella convinzione tutta leghsita che il M5S ne vorrà fare un altro pur di evitare il voto.
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