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Pescara, 23/07/2024
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Data: 21/05/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Google in campo contro la Cina via Android dai telefoni Huawei. I futuri clienti dovranno rinunciare a Gmail e YouTube oltre agli aggiornamenti delle app

NEW YORK Trump dichiara guerra commerciale contro la Cina, e la Silicon Valley risponde. Google ha annunciato con effetto immediato che Huawei non potrà più avere accesso agli aggiornamenti del sistema operativo Android e a tutti i service che sono legati alla sua piattaforma. Tradotto nel linguaggio dei consumatori, questo vuol dire che i futuri clienti del secondo venditore di smartphone nel mondo (59,1 milioni di cellulari venduti nel primo trimestre del 2019), dovranno rinunciare a Gmail e a YouTube e che al prossimo giro di aggiornamento del sistema operativo la Google Play non sarà in grado di accettare le successive innovazioni e le applicazioni progettate per essa. Simili iniziative sono state prese simultaneamente da altre aziende Usa che producono i circuiti integrati alla base dei cervelli elettronici: Qualcomm e Xilinx, la Intel, e la Broadcom. La settimana scorsa il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ordinato il blocco degli scambi commerciali tra le aziende statunitensi di settore e Huawei, insieme ad altre settanta aziende cinesi, tutte accusate di rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale. Google è la prima impresa a stelle e strisce ad allinearsi, con uno sgambetto che rischia di destabilizzare la più grande società cinese di telefonia. I clienti cinesi di Huawei sono già privi della posta elettronica di Gmail e dei filmati di YouTube, da quando Google, stanca dei controlli imposti dal governo di Pechino e dagli ostacoli al suo sviluppo commerciale nel paese, ha gettato la spugna nel 2010. Ora i possessori di telefonini Huawei in Europa e nel resto del mondo dovranno decidere se rinunciare agli strumenti di comunicazione e di intrattenimento ai quali sono più abituati, o tornare ad acquistare iPhone e Samsung, come facevano prima che arrivasse l'offerta a prezzi scontati del gigante cinese. È bene chiarire che non si tratta di una semplice battaglia per il controllo del mercato dei cellulari. Sullo sfondo delle sanzioni c'è la corsa per lo sviluppo della rete superveloce di comunicazione 5G; e quindi la ricerca sulla guida automatica delle automobili di prossima generazione, e la lettura del posizionamento GPS. In ultima analisi, ci sono tutti i risvolti che legano le aziende coinvolte agli apparati militari e alla difesa dei rispettivi paesi, e quindi alla supremazia mondiale. Ad un gradino più basso, c'è poi la determinazione dell'amministrazione Trump di mettere fine a decenni di abusi da parte dei cinesi negli scambi commerciali con il resto del mondo, e costringerli in una posizione subalterna agli interessi del suo paese.
CONTI DIFFICILI
Huawei è una azienda privata a partecipazione statale, quindi non c'è modo di calcolare l'impatto finanziario che il diffondersi della notizia può averle procurato. Qualche misura difensiva era stata già adottata dalla società da quando gli Usa avevano colpito con un provvedimento simile il gigante delle comunicazioni di Shenzhen, ZTE. L'alto di gamma degli smartphone del gruppo, lo smartphone P30 Pro, è già stato dotato di un chip Kirin di fabbricazione nazionale, al posto di quello della statunitense Qualcomm che è installato sulla grande maggioranza degli altri telefonini. Huawei ha anche sviluppato un suo sistema operativo in alternativa ad Android, ma non è ancora perfezionato al punto di poter essere sostituito. Dalla parte degli Usa invece il contraccolpo è misurabile nei listini di borsa, dove l'intera categoria dei semiconduttori ieri ha registrato pesanti perdite, come accade ormai da un mese. Ci sono poi ripercussioni più ampie per le reti locali di distribuzione della banda larga. Negli anni passati i protagonisti del settore, come Sprint e AT&T, hanno dovuto firmare l'impegno con il governo di Washington di non fare affari con Huawei se vogliono concorrere negli appalti pubblici. Ma una miriade di piccole aziende locali ha attinto a piene mani dai cataloghi a prezzi scontati della cinese, per costruire torri e ripetitori. I costi di sostituzione per loro sono ora proibitivi, e infatti il governo Trump ha già concesso delle esenzioni. Riguardo al 5G poi, le società statunitensi hanno fatto enormi progressi per lo sviluppo in alta frequenza, che è veloce ma ha un raggio molto limitato. Sulla bassa frequenza invece che permetterebbe di coprire l'intero paese, lo sviluppo è arretrato. Senza Huawei l'unica scelta resta la svedese Ericsson, o l'alternativa di partire con un 5G di elite, che collegherebbe solo le aree più popolate, e isolerebbe le periferie.

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