L'AQUILA - Scatterà a giugno il doppio taglio, previsto dall’ultima legge di Bilancio, per le pensioni sopra i 1.522 euro lordi al mese, tre volte sopra il minimo, e per le cosiddette "pensioni d'oro", quelle sopra i 100 mila euro lordi l'anno.
Saranno 40 mila gli abruzzesi che si troveranno in busta paga una pensione inferiore a quella attesa anche se si tratta di un numero relativamente basso, se si considera che la maggior parte degli assegni è sotto quella cifra: infatti, un terzo degli abruzzesi percepisce una pensione che oscilla tra i 500 e i 750 euro lordi, mentre il 20 per cento non ci arriva neanche.
Poiché il taglio, in base alla legge di bilancio, riguarda il triennio 2019-2021, sul prossimo cedolino viene recuperata con un conguaglio la differenza relativa ai tre mesi precedenti, gennaio-marzo, pagati con con l'indicizzazione piena.
Dall’intervento sulle pensioni superiori ai 100 mila euro è stato previsto un risparmio di 76 milioni di euro nel 2019, 80 milioni nel 2020 e 83 milioni nel 2021, un "tesoretto" che sarà dirottato sul Reddito di cittadinanza, misura totem del Movimento 5Stelle che, invece, da sempre dichiara guerra alle pensioni d’oro.
Una misura che riguarda circa 5,6 milioni di persone. La conferma arriva direttamente l’Inps, attraverso una comunicazione ufficiale rilasciata sul sito: "Nel mese di giugno 2019 viene recuperata la differenza relativa al periodo gennaio-marzo 2019".
Dal prossimo mese parte quindi il conguaglio in tre rate - la prima a giugno, appunto, la seconda a luglio e la terza ad agosto - sul taglio alle pensioni. Per chi prende fino a tre volte il minimo non cambia nulla. Per coloro che invece prendono di più di 1.522 euro a giugno dovranno già restituire delle somme. Sulle pensioni fino a 2mila euro al mese la trattenuta non arriverà a un euro, su quelle tra 2mila e 2.500 euro sarà di circa 5 euro mentre sugli assegni superiori a 5mila euro il conguaglio sul trimestre gennaio-marzo salirà sui 25 euro.
Per il taglio alle pensioni d'oro, invece, sono state individuate cinque fasce: tra i 100mila e i 130 mila l'aliquota marginale di riduzione è del 15%, che sale al 25% per la fascia 130mila-200mila e ancora al 30% per le pensioni fra i 200mila e i 350mila. Per le pensioni fra i 350mila e i 500mila l'asticella sale al 35% e oltre i 500mila euro arriva al 40%. La misura resterà in vigore per cinque anni. La platea dei pensionati interessati in Italia è relativamente ristretta. Sono 16.644 le persone che incassano pensioni oltre i 100mila euro, mentre sono solo 23 quelle che prendono assegni oltre i 500mila euro. Nella seconda fascia, quella fra 130 e 200 mila euro, le persone coinvolte sono 6.665 che poi scendono di molto nella terza fascia, quella tra i 200mila e i 350mila: sono solo 873. Davvero pochissimi, solo 82, quelli del penultimo gruppo, fra i 350 mila e i 500 mila euro.
Un provvedimento che ha già scatenato, nei mesi scorsi, non poche polemiche con gli interessati che non hanno nessuna intenzione di stare a guardare e anzi annunciano battaglia. Intanto, la Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità si è detta sempre contraria al taglio degli assegni più alti, dichiarando nei giorni scorsi che il taglio provocherà "una valanga di ricorsi".
Pensionati sul piede di guerra: "Il primo giugno - annuncia il segretario generale dello Spi-Cgil, Ivan Pedretti - i pensionati saranno in migliaia alla manifestazione indetta dai sindacati in piazza San Giovanni a Roma anche per denunciare questo ennesimo danno nei loro confronti. Lo avevamo denunciato da tempo e ora abbiamo la certezza. Dopo averli definiti avari, il governo beffa ancora 5,5 milioni di pensionati riprendendosi i soldi che hanno avuto in più di rivalutazione nei mesi di gennaio, febbraio e marzo per un totale di 100 milioni di euro. Ovviamente il tutto avverrà subito dopo le elezioni europee. Fanno come e peggio degli altri. Alla faccia del cambiamento".