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Data: 27/05/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
E dopo gli scontri nel governo torna la voglia di ricucire

ROMA A dispetto dei proclami dei giorni scorsi, e di qualche previsione, è difficile che possa mutare qualcosa nella maggioranza, anche se i risultati di ieri rappresentano un grande sondaggio che imporrà nel lungo periodo delle riflessioni alle due forze di governo.
L'INVERSIONE
Il rischio vero è che, pur in assenza di un voto, o di un'occasione per spingere il Paese alle urne, Di Maio e Salvini continuino la campagna elettorale, anche se il sondaggio ha di fatto confermato, se non allargato, la maggioranza degli italiani che, dopotutto e pur nelle differenze, non bocciano l'attuale esecutivo. Certo, i consensi si redistribuiscono tra M5S e Lega con un'inversione significativa, ma per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte il saldo resta invariato.
Il problema, ora, è da dove ripartire. Conte ieri è rimasto a Roma e ha sfruttato la giornata per rimettere in ordine priorità e dossier anche in vista dell'incontro che avrà oggi con i tecnici del Mef e domani con quelli delle Infrastrutture per lo sblocca cantieri. Sia nel M5S che nella Lega, ieri, un po' tutti sottolineavano l'esigenza di archiviare i risultati e riprendere l'azione di governo. Soprattutto il Carroccio sembra aver fretta di voler spendere il suo bottino, imponendo le priorità. Davanti troverà un M5S pronto a resistere, ma che dovrà per forza di cose abbandonare i toni duri usati nella campagna elettorale contro l'alleato-avversario, e aprirsi a più di una concessione. I risultati mostrano che, tra i due, chi più paga lo scotto di un'alleanza imposta dal risultato elettorale del 2018, è senz'altro il M5S. In attesa di analizzare i flussi elettorali, è probabile che la ripresa del Pd si spieghi proprio con la fuga - verso i Dem o l'astensione - dell'elettore grillino di sinistra che non ha retto i tratti di destra della Lega esaltati da Salvini in campagna elettorale.
Alla fine la polarizzazione che Di Maio e Salvini sono riusciti ad imporre nell'ultima parte della campagna elettorale - fatta di minacce, accuse e toni da finti avversari - ha funzionato. Di Maio, malgrado la netta flessione che emerge dai risultati, ha sicuramente il merito di aver fermato un'erosione che dopo il voto sulla Diciotti, faceva perdere al M5S due punti a settimana ed era arrivata ben sotto il 20%. Nella contrapposizione con Salvini, il vicepremier ha potuto sottolineare le differenze, ma non certo cancellare, ovviamente, nè l'alleanza con Salvini, nè il voto in aula dato dai parlamentari grillini al decreto sicurezza o alla legittima difesa. Salvini esce vincitore dal turno elettorale europeo ma da domani dovrà mostrare come l'avanzata leghista a Bruxelles possa incidere nei processi decisionali dell'Europa e non gli sarà facile sedersi al tavolo di una possibile maggioranza, a differenza di FdI che appartiene al gruppo conservatore e a FI che è nel Ppe. Non essendoci nemmeno i numeri per un'alleanza Ppe-sovranisti, popolari, socialisti e conservatori potrebbero stringere, magari con l'Alde, un'alleanza con il Pse per guidare l'Europa dividendosi le poltrone più importanti, con la Lega che resterà fuori.
I risultati buoni di FI, e ottimi di FdI, mostrano però al ministro dell'Interno che la coalizione avrebbe i numeri per vincere anche alle elezioni politiche - dopo aver confermato in Piemonte il format vincente - ma dopo mesi di strappi e distinguo l'alleanza è da ricostruire anche alla luce dei risultati di ieri. Anche a Salvini servirà quindi del tempo per organizzare una possibile alternativa di governo che abbia la Lega come perno. Molto più fosco l'orizzonte del M5S anche per le possibili ricadute interne. La sconfitta spinge però l'attuale gruppo dirigente a resistere al governo in attesa di tempi migliori. Di recente Casaleggio junior, confermando la regola del doppio mandato, è sembrato non voler dare a ministri e sottosegretari grillini - quasi tutti alla seconda legislatura - una seconda chance. Di Maio in campagna elettorale ha sostenuto che il Pd di Zingaretti è uguale a quello di Renzi e di Bersani chiudendo quindi ogni spazio a possibili e future intese. Una mossa difensiva che forse si spiega anche con la consapevolezza che per disegnare una nuova stagione del Movimento - magari spostata a sinistra - serva un altro gruppo dirigente.
LE POLTRONE
Tutto ciò stabilizza il governo almeno nel medio periodo, anche perché alla Lega potrebbe non servire un rimpasto per poter dimostrare di aver incassato i dividendi del risultato di ieri. A breve sul piatto ci sarà la scelta del commissario europeo che l'Italia dovrà indicare, così come attende l'esecutivo una valanga di nomine nelle società partecipate, da Poste a Eni, da Enel a Leonardo.

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