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Data: 29/05/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Salvini: flat tax pronta, costerà 30 miliardi. Gelo di Conte: un azzardo Il piano: giù l'Ires alle imprese e tassa al 15% sui redditi familiari fino a 50 mila euro

ROMA Giancarlo Giorgetti ha fama di essere un realista estremo. E la sua previsione è questa: «Se il governo cade, cade nei prossimi giorni, altrimenti non cade più». I prossimi giorni, anzi le prossime ore, somigliano a una polveriera. Dal caso Rixi alla Flat Tax, dalla Tav all'autonomia, basta una scintilla e bum! E la scintilla sul tema fiscale è prontissima a brillare. In un corpo a corpo tra Salvini e Conte, che non si vede come possa interrompersi. Stiamo parlando infatti del grande rilancio del vicepremier leghista, vincitore delle elezioni, sulla Flat Tax e questa iniziativa forte di Salvini ha provocato disappunto e «irritazione» nel capo del governo «Ma come, lui mette in discussione i parametri Ue proprio mentre io sto cercando di trattare qui a Bruxelles! Mi rende il lavoro impossibile...».
Il fatto è che Salvini ha annunciato la sua svolta sulle tasse, e a Palazzo Chigi non si sa con quali soldi si può fare, «visto che non ci sono». «Tagli fiscali da 30 fino a 50 miliardi»: ecco l'affondo salvinista. Che ha gelato non solo il premier ma anche il ministero del Tesoro, per non dire i 5 stelle: «Salvini è in preda a un superomismo da vittoria senza avere le basi» (finanziarie).
E comunque Conte da Bruxelles - dove si è intrattenuto con il presidente Juncker per parlare di che cosa ci sarà scritto nella lettera di richiamo sui conti che la commissione Ue sta per spedire all'Italia - fa filtrare tutta la sua irritazione per la «sparata», anzi per la «provocazione», di Salvini. «Queste risorse di cui parla il leader leghista non esistono minimamente», scandiscono le fonti governative. Il ragionamento è questo: «Oggi, con al Ue sul piede di guerra, i mercati in crisi di fiducia e le casse praticamente a secco, un maxi piano di choc fiscale non è proprio praticabile».
Ma Salvini su questo è lanciatissimo, mentre Conte è più che preoccupato: quasi terrorizzato per l'«azzardo» del vicepremier leghista. La difficoltà dell'inquilino di Palazzo Chigi, di fronte all'assalto salvinista per lo sforamento dei parametri europei e alla ribadita volontà di non toccare l'Iva anche se i soldi per non aumentarla non ci sono, sta nel fatto che in presenza di queste impuntature non sa come trattare con la commissione europea. Condurre un negoziato delicatissimo alla vigilia della lettera di richiamo, in mezzo ai colpi sparati da Salvini e con lo spread che si impenna, viene ritenuto assai arduo agli occhi di Conte e quasi impossibile. Salvini dovrebbe usare più misura e maggior senso di responsabilità, questo il ragionamento del premier. Il quale tra l'altro, a chi gli dice che Salvini lo sta commissariando, risponde: «Non mi sento affatto commissariato».
Un braccio di ferro a tutti gli effetti comunque è in corso. E il tema fiscale - su cui il capo leghista assicura o minaccia: «Non mi fermerò per niente al mondo su questo, diciamo sempre di dover essere fedeli al Contratto di governo e questo è punto scritto in lettere maiuscole nel Contratto» - costituisce oltretutto per Salvini lo strumento perfetto per sfondare nel mondo berlusconiano. Rubando al Cavaliere le simpatie dei suoi, visto che Forza Italia ha sempre fatto della rivoluzione fiscale il suo totem.
LE TELEFONATE
Salvini lancia anche la proposta di una «conferenza Ue sullo sviluppo», convinto che anche da lì potrà emergere che non solo i sovranisti ma anche i socialdemocratici e i verdi vogliono chiuderla «una volta per tutte con l'austerità». Giorgetti insiste sulla linea salvinista e lo fa così: «Il tetto del 3 per cento si può sforare. Non è scritto nelle tavole della legge ma è nel Trattato di Maastricht del 92-93. Tutti quei Trattati sono stati scritti in un mondo profondamente cambiato e la ragionevolezza non la pazzia rivoluzionaria di Salvini imporrebbe di rivederli, ma l'Europa non ce la fa. Lo sfondamento del 3 per cento è molto diverso se è per fare regali elettorali o sviluppo e crescita».
Per decidere la strategia sul fisco e su tutto il resto, Salvini ieri ha sentito più volte Giorgetti, anche a proposito dell'irritazione di Conte sulla Flat Tax.

Il piano: giù l'Ires alle imprese e tassa al 15% sui redditi familiari fino a 50 mila euro

ROMA Le imprese (eventualmente per prime) e le famiglie. La strategia fiscale della Lega guarda a tutta la platea dei contribuenti con un progetto di flat tax che a questo punto è soprattutto un titolo unico per diverse misure di riforma. Misure che però dovranno confrontarsi con i vincoli di bilancio che a settembre il ministero dell'Economia proverà a specificare.
IL PACCHETTO
L'altro giorno Matteo Salvini ha fatto capire di voler partire dalla riduzione fiscale per il mondo delle aziende, e quindi dall'Ires. A rigor di termini, questa è già una tassa piatta, al 24 per cento: nella scorsa legislatura l'aliquota è stata gradualmente abbassata dal precedente 27,5. Scendere di altre nove punti al numero magico 15 potrebbe costare qualcosa come 10-11 miliardi. La riduzione potrebbe avvenire in due o più passaggi temporali successivi, tenendo anche presente che con il decreto crescita è stata già previsto il progressivo calo al 20 per cento dell'aliquota per le società che reinvestono gli utili. È possibile poi che il pacchetto venga completato da ulteriori mosse sul fronte Irap o su quello della deducibilità dell'Imu pagata sugli stabilimenti produttivi; in questa linea del resto stanno iniziando a muoversi anche gli emendamenti allo stesso decreto crescita. Per le partite Iva che pagano l'Irpef è già in vigore l'imposta sostitutiva al 15 per cento con un limite di fatturato a 60 mila, mentre l'analoga misura che prevede il 20 per cento fino a una soglia di ricavi di ricavi di 200 mila euro deve ancora essere autorizzata dall'Unione europea.
CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA
Il capitolo famiglie consiste sostanzialmente nella proposta che era già stata messa a punto dal sottosegretario Siri che prevede di fatto l'applicazione di un'imposta sostitutiva al posto dell'Irpef ordinaria, ancora una volta al 15 per cento, nel caso in cui il reddito familiare non superi i 50 mila euro: al di sopra di questo detto continuerebbero a valere le regole attuali. L'imponibile verrebbe ridotto da un'apposita deduzione in funzione della numerosità del nucleo familiare. Sarebbe inoltre prevista una clausola di salvaguardia per permettere ai contribuenti eventualmente sfavoriti di restare nel vecchio sistema.
Un meccanismo di questo tipo comporta alcuni nodi giuridici prima ancora che finanziari, perché è necessario passare dall'attuale sistema di imposizione personale (ogni singolo contribuente paga in base ai propri redditi) ad uno in cui - almeno parzialmente - i redditi vengono cumulati all'interno della famiglia. Non è una differenza del tutto ovvio anche dal punto di vista della giurisprudenza costituzionale. Inoltre risulterebbero relativamente favoriti i nuclei mono-reddito, con possibile effetto di scoraggiamento del lavoro femminile. In ogni caso se il governo vorrà andare su questa strada dovrà prevede un minor gettito che potrebbe arrivare a circa 17 miliardi: questo è il costo della misura risultante da una recente simulazione fatta sul sito lavoce.info, che prevedeva tra l'altro una deduzione pari a 3 mila euro per ogni familiare a carico. La quantificazione complessiva fatta dallo stesso Salvini arriva a 30 miliardi, oltre un punto e mezzo di Pil.

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