CHIETI - “No a trasformare la bolletta energia in un’aspirapolvere del fisco per finanziare qualsiasi salvataggio di imprese inefficienti”.
Lo afferma il presidente di Confartigianato Chieti-L’Aquila, Francesco Angelozzi, commentando la notizia secondo cui nelle pieghe del decreto Crescita - chiamato alla conversione in Parlamento - due articoli prevedono di poter prelevare dai conti della Cassa per i servizi energetici e ambientali (Csea) 650 milioni di euro per la copertura finanziaria della misura in favore della continuità di servizio di Alitalia: “Non basta il sovraprezzo su ogni biglietto aereo?”, si chiede Angelozzi.
“Siamo assolutamente contrari a questa soluzione – dice il presidente - che penalizza in modo particolare piccole imprese e famiglie. Forse molti non lo sanno ma i maggior oneri sono a carico di quelle aziende che ‘sfruttano’ poco la potenza elettrica impegnata. Situazione che, come Confartigianato, denunciammo già nel 2014 con un ricorso al Tar per annullare i provvedimenti dell’Autorità che andavano ad alleggerire gli oneri generali di sistema alle imprese energivore appesantendo le bollette elettriche delle piccole imprese e delle famiglie”.
“Su Alitalia – aggiunge - il Governo ha perso un anno senza trovare una soluzione ed ora vorrebbe fare pagare i costi a noi cittadini e imprese. E’ inaccettabile per altro che negli articoli proposti si preveda che il trasferimento dei 650 milioni avvenga per tutto il periodo necessario per il rilancio di Alitalia. In pratica, potrebbe riproporsi anche nei prossimi anni. In tale senso apprezziamo il puntuale intervento di Arera, ma a nostro giudizio non è condivisibile e accettabile neppure l’intervento straordinario una tantum per il 2019 con la definizione di un termine per la restituzione dei 650 milioni alla Csea”.
“Negli oneri di sistema ci sono già troppi costi impropri che dobbiamo sostenere, basti pensare ai 100 milioni di euro l’anno che vengono poi girati al Gruppo Ilva. Veramente non se ne può più. Le politiche industriali del nostro Paese meritano ben altra attenzione e necessitano di reali strategie di rilancio che vadano oltre alle semplici prebende (che poi paghiamo tutti) per tenere in piedi aziende che da anni incidono sui costi dello Stato”, conclude Angelozzi.