ROMA Ferrara non è Bologna. E il rocker leghista con il codino, cioè il nuovo sindaco Alan Fabbri, amico da vent'anni di Salvini con cui condivide la passione per Fabrizio De André, non è certo Giorgio Guazzaloca, che fece crollare la cortina di ferro che travolse nel 1999 la rossa Bologna. Comunque, ha vinto la Lega nella città di Dario Franceschini ma soprattutto di Ludovico Ariosto, di Giorgio Bassani e di una egemonia cattolica e di sinistra che s'è imposta senza interruzioni dal 1946 ma adesso è stata travolta dalla ruspa di Salvini. Il quale esulta: «Prepariamoci a governare l'intera Emilia Romagna». Perché in autunno si vota per le regionali e la vittoria leghista a Ferrara, e quella del centrodestra a Forlì, la città del Duce, sono probabilmente l'antipasto per la conquista dell'intera posta tra pochi mesi. La Lega cammina sulle macerie del centrosinistra un po' dappertutto - raddoppia i capoluoghi di provincia conquistati, da 6 a 12, mentre Pd e alleati calano da 18 a 14 e M5S da 2 a 1 dove si è votato - ma nelle (ex) regioni rosse si è concentrata particolarmente. Salvini è contento su tutta la linea: «Straordinarie vittorie della Lega ai ballottaggi, abbiamo eletto sindaci dove governava la sinistra da settant'anni!». Ferrara, ma Reggio no e neppure Cesena, è il simbolo di questa svolta storica. Fabbri, iscritto al Carroccio da quando aveva 18 anni (ora ne ha 40), non ha nulla del leghista mangia-immigrati, è un tipo bonario e scherzoso (quando Berlusconi gli disse di tagliarsi il pizzetto lui replica: «Presidente, se ci pensa bene piacerà anche a lei»), così spiega dopo la vittoria: «La nostra Lega ormai è l'unico partito trasversale. Come il vecchio Pci di Enrico Berlinguer».
CATTO-COMUNISTI
A Ferrara, hanno votato in tanti, il 71,5 dei cittadini. La media nazionale si è fermata al 52,1, in calo di 16 punti rispetto al primo turno. Sono serviti a poco gli appelli del Pd ai grillini e lla lista civica di sinistra per fare il fronte di liberazione anti-Salvini e infatti i 4500 voti in più presi da Modonesi rispetto al 26 maggio non sono bastati per evitare la sconfitta. E dice Paolo Calvano, segretario regionale del Pd, ferrarese: «Confidavamo nel fatto che gli elettori 5 stelle si rendessero conto che la Lega li prende a pesci in faccia in tutte le questioni nazionali». E invece? No.
Perché è finita così? Per via di una cittadinanza insoddisfatta per molti motivi, anche generali e nazionali, e che comunque vede uno scarso dinamismo nei governanti di sempre (Pci-Pds-Ds-Pd e «basta con i sempre quelli!») che qui sono stati egemoni per quasi 70 anni e la certezza dell'inamovibilità li ha imbolsiti e spenti. E soprattutto, come Salvini ha ripetuto ossessivamente in campagna elettorale, li ha talmente staccati dai bisogni dei cittadini per cui la sicurezza e gli scompensi dell'accoglienza eccessiva tipica dell'antica cultura catto-comunista non sono risultati per la sinistra emiliana dei problemi veri. E ne hanno approfittato gli altri. Questa è la situazione anche in Toscana e in Umbria, oltre che in Emilia, ed è per questo che il Pd nelle prossime tornate elettorali nelle regioni rischia di perdere il cuore rosso che ha sempre dato identità, ossigeno e vita alla sinistra. Una storia è finita - incredibile: il centrodestra trionfa anche nella Piombino soprannominata «l'Urss fuori dalla Russia» ma adesso gli operai, anzi ex, votano per il Carroccio - o almeno sta traballando assai. A Ferrara la Lega ha vinto con il 56,7 per cento dei voti. Il dem Modonesi si è fermato al 43,2. Il doppio soccorso, grillino più sinistra civica, non è stato sufficiente. Così come non è scattata l'unione degli elettori giallo-verdi contro il Pd. E così la sinistra ha retto a Reggio Emilia, dove Luca Vecchi si conferma sindaco con il 63 per cento, e a Cesena dove il nuovo sindaco è l'ex deputato dem Enzo Lattuca. Ma ha perso Forlì, dove ha vinto il civico di centrodestra Gian Luca Zattini.
QUEL GRAN PEZZO...
Ma ormai il Pd è un partito che si sente insicuro e insidiato dove un tempo aveva tutto, e Salvini pregusta i prossimi mesi nei quali si piazzerà tra Bologna e le altre città per le regionali, e «quel gran pezzo dell'Emilia» (come da titolo di un celebre libro di Edmondo Berselli) diventerà non più una donnona post-comunista ma una procace amante del Capitano.
I grillini vincono solo nella ridotta molisana
ROMA È Campobasso l'unico capoluogo in cui la partita al ballottaggio è stata giocata anche da un candidato del M5s. E la sfida è stata vinta proprio dal pentastellato Roberto Gravina. La sfidante era la candidata di centrodestra Maria Domenica D'Alessandro. D'Alessandro, al primo turno appoggiata da cinque liste (Popolari per l'Italia, Lega, È ora, Forza Italia e Fdi), ha ottenuto il 39,71% mentre Gravina ha incassato il 29,41% imponendosi così per il secondo turno sul candidato di centrosinistra Antonio Battista.
Molti osservatori avevano dato come possibile un ribaltamento al ballottaggio. La ragione è semplice: è possibile che sia scattato il meccanismo del tutti contro il primo. In sostanza tutti i candidati sconfitti al primo turno si coalizzano anche non formalmente per battere il primo. A Campobasso si è molto vociferato di un accordo non scritto per cui il Pd avrebbe dato il voto a Gravina in cambio dell'impegno dei 5Stelle a votare il candidato del centrosinistra a Termoli, in riva all'Adriatico. Pioggia di smentite ufficiali ma le voci restano.
Il centrosinistra riconquista Livorno dopo la meteora 5Stelle
ROMA Cedere la città al centrodestra, dopo cinque anni di amministrazione grillina, sarebbe stato uno smacco cocente. Ma vincere con il doppio dei voti dell'avversario è un'impresa che il neo sindaco Luca Salvetti nemmeno si immaginava. Con il 63,32% dei voti rispetto al 36,63% del rivale Andrea Romiti, il ballottaggio a Livorno premia con una maggioranza schiacciante la coalizione di centrosinistra. Salvetti, 52 anni, giornalista di Telegranducato, segue lo spoglio nel suo comitato elettorale di via Marrandi ed esulta: «Livorno si conferma un grande laboratorio politico». E nella sede del Comune, illuminato a giorno e con le finestre spalancate, si sente cantare in coro Bella ciao.
CANDIDATO SENZA TESSERA
Nel 2014 Livorno è stata strappata alla sinistra dai grillini, che adesso non sono arrivati nemmeno in finale. Il sindaco uscente Filippo Nogarin, indagato per omicidio e disastro colposo per l'alluvione del 2017, ha deciso di non ripresentarsi preferendo giocare la carta Strasburgo (ma gli è andata male) e ora il porto toscano ha riannodato i fili della storia, tornando con il centrosinistra. Nella scia anche Prato, dove il sindaco uscente Pd Matteo Biffoni è al 58,69% contro il 41,3% dell'ex consigliere di Forza Italia Daniele Spada. A Piombino invece l'impresa riesce a Francesco Ferrari, l'uomo del centrodestra, che conquista il 64,36% sconfiggendo l'avversaria del Partito democratico Anna Tempestini, al 35,64%. Quanto a Romiti, il candidato di Fratelli d'Italia che per la prima volta nella storia è riuscito a portare un'alleanza di centrodestra al ballottaggio a Livorno, siederà in consiglio comunale tra i banchi dell'opposizione. «È stata una corsa impegnativa, siamo riusciti a centrare l'obiettivo grazie al nuovo programma di un Pd disposto ad aprirsi ad altri alleati», afferma Salvetti. Il percorso del nuovo primo cittadino è stato anomalo. Per la prima volta infatti la dirigenza dem si è fatta da parte, proponendo alla carica un candidato civico senza tessera di partito. Una scelta che alla prova dei fatti si è rivelata vincente e ha catalizzato su Salvetti anche le preferenze di elettori Pd non ortodossi. «L'unica tessera che avrò sarà sempre e solo quella di giornalista», ripete lui. La sua, nonostante il distacco, non è stata una vittoria scontata. È il risultato di una campagna elettorale condotta nei quartieri, focalizzata sul tema del lavoro e del rilancio economico. Ma anche di un lavoro di tessitura di alleanze, in particolare con il leader di Buongiorno Livorno, Marco Bruciati. Il tentativo di scrivere insieme un «accordo politico programmatico» su cinque grandi temi per Livorno si è arenato, tuttavia l'appoggio è stato confermato fino in fondo: «Invitiamo a votare contro questa destra», esortava Buciati. Pilotando così verso Salvetti i 6.600 elettori della sua lista civica. Il M5S non ha dato suggerimenti di voto al ballottaggio, storicamente però la base livornese è molto vicina alla sinistra. Il compito che attende il primo cittadino sarà complesso. «Abbiamo 28 mila disoccupati - spiega - Dobbiamo partire da qui». E rimediare, aggiunge, «ai guai del M5s: è stato un gravissimo errore governare una città azzerando tutto solo perché fatto da qualcuno di colore diverso».