LUSSEMBURGO Per ora è il muro contro muro. Da una parte Commissione e tutti i ministri finanziari che chiedono misure per correggere il bilancio; dall'altra parte il ministro Tria che ribadisce l'attesa di un deficit/Pil al 2,1-2,2% senza pezze d'appoggio. Quel livello è poco oltre il fatidico 2,04% concordato nel dicembre scorso. La partita per evitare la procedura sul debito contro l'Italia è cominciata e a Lussemburgo, dove per due giorni sono riuniti i ministri finanziari. La cosa certa è che la Commissione non molla la presa: parallelamente al negoziato prepara i documenti per mettere l'Ecofin in grado di decidere il via alla procedura il 9 luglio. La pressione sull'Italia è massima e Tria si ritrova all'Eurogruppo di nuovo accerchiato. Se il governo riuscirà a dimostrare che i conti sono affidabili, che gli impegni per il 2019 sono rispettati e che per il 2020 l'Italia resterà ancorata alle regole Ue, la procedura si arenerebbe. Ma neppure l'Eurogruppo molla la presa. Sono state chiarissime le parole del presidente Mario Centeno, uomo della mediazione sempre molto cauto. Il suo messaggio è stato duro. «È della massima importanza chiarificare tutte le decisioni politiche necessarie affinché l'Italia rispetti il patto di stabilità, per la crescita e per la stabilità della zona euro, che è in ultima analisi la cosa più importante per l'Eurogruppo». Dall'Italia «attendiamo chiarezza sul fatto che gli obiettivi sui quali si era impegnata alla fine dell'anno scorso siano raggiunti». Se ci sarà chiarezza, l'Eurogruppo è pronto a fare la propria parte confermando la solidarietà che deriva dal fatto «che usiamo la stessa moneta e abbiamo gli stessi obiettivi». Gli impegni non sono un optional. E ancora: «Ci sono molte incertezze politiche accumulate all'esterno, poi la Brexit, dobbiamo ridurle e non contribuirvi aggiungendo ulteriori incertezze politiche che originano nelle nostre aree».
LA MANO TESA
Le dichiarazioni di Centeno sono il biglietto da visita per l'inizio della riunione dei ministri dedicata alla riforma dell'unione monetaria. Il ministro Tria presenta la linea indicata in Parlamento: «Non abbiamo bisogno di misure correttive, stiamo facendo un negoziato sugli obiettivi di deficit che abbiamo e dimostreremo che li raggiungeremo, arriveremo naturalmente a quei livelli». L'obiettivo di Tria è «cercare l'accordo». Anche l'Eurogruppo pensa che sia meglio evitare la procedura per varie ragioni sia sistemiche che politiche. Tuttavia occorre un passo deciso dell'Italia che indichi visibilmente e concretamente il rimedio alla violazione della regola di riduzione del debito nel 2018, segnali il rispetto degli impegni per il 2019 e che nel 2020 non si ripiomberà nella stessa situazione (sarebbe la terza volta).
La linea della Commissione è condivisa dall'Eurogruppo in pieno. Il vicepresidente Dombvrovskis incontra Tria e ripete le stesse cose indicate prima di avergli parlato: «È necessaria una correzione sostanziale della traiettoria del bilancio nel 2019 e nel 2020». Evidentemente non è stato convinto. Il commissario Moscovici, che Tria incontra stamattina, dice: «Vogliamo evitare la procedura, ma occorrono nuovi fatti, nuove cifre, dati per il 2019 e il 2020, non bastano le intenzioni». Per il ministro francese Le Maire sarebbe «saggio che l'Italia prendesse la mano tesa dalla Commissione e decidesse misure appropriate». Il tedesco Scholz ricorda che «le regole non sono solo qualcosa che è scritto sulla carta, ma sono obiettivi». E la direttrice del Fondo monetario Christine Lagarde, presente anche lei, indica che «gli Stati ad alto debito, tra i quali l'Italia, preoccupano per la combinazione di bassa crescita, assenza o stop delle riforme: il percorso di bilancio deve mantenere la fiducia degli investitori». L'Italia «ha strumenti per fronteggiare l'attuale situazione, con gli altri Stati del Sud fa parte di una unione monetaria e dovrebbe essere trovato con le istituzioni un percorso di bilancio e il coraggio politico per le riforme strutturali». Non con i minibot, però: strumento, dice Lagarde, «bizzaro che crea debito».