ROMA Si apre un altro fronte di attacco da parte della Lega verso l'alleato Cinquestelle. Stavolta il terreno di scontro sarà l'introduzione di modifiche al decreto Dignità, in particolare per la parte che riguarda i contratti a termine. È pronta una proposta di legge elaborata dai deputati del Carroccio (prima firmataria Elena Murelli) che ha come obiettivo quello di togliere alcuni paletti al rinnovo dei contratti a termine, rendendo meno arduo il discorso sulle causali, attraverso la possibilità di introdurne di nuove con la contrattazione collettiva.
Il decreto Dignità, in vigore dallo scorso 14 luglio, infatti oltre ad accorciare di un anno la durata massima dei contratti a termine (da 36 mesi a 24), a limitare il numero delle proroghe (da 5 a 4), a prevedere un costo maggiore con lo 0,5% in più di contributi (aggiuntivo rispetto all'1,4% già previsto dalla legge Fornero), ha anche reintrodotto le causali, ovvero l'obbligo per l'azienda nel caso di rinnovo dopo i primi 12 mesi di motivare le ragioni per cui quel rinnovo è indispensabile. La causale deve essere sempre indicata per iscritto nel contratto e deve rientrare in una delle tre tipologie previste dallo stesso decreto: esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività dell'impresa; sostituzione di altri lavoratori; incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.
Se il contratto a termine supera i 12 mesi e la causale non viene indicata, allora il rinnovo è automatico a tempo indeterminato.
IL CROLLO
Risultato: molte aziende per timore di contenzioso futuro con i lavoratori, hanno ridotto sensibilmente i rinnovi dei contratti a termine. Secondo l'ultimo rapporto Inps nel primo trimestre di quest'anno sono stati attivati 720.0000 nuovi contratti a termine, contro le 796.000 dello stesso periodo dell'anno precedente, quando i paletti del decreto Dignità ancora non c'erano. Sono crollate anche le assunzioni in somministrazione: 233.000 contro 366.000. Complessivamente quindi si sono persi oltre duecentomila contratti. Compensati solo in parte dal boom di stabilizzazioni con la trasformazione del contratto a tempo a fisso:+75,5% , ovvero 219.000 contro le 125.000 del primo trimestre 2018. A conti fatti, quindi mancano oltre centomila contratti. Molto più di quanto stimato a suo tempo, con grande clamore e polemiche, dall'Inps guidata allora da Tito Boeri che prevedeva una perdita del 10% di rinnovi all'anno (stima riportata anche nella Relazione tecnica al decreto bollinata dalla Ragioneria generale).
LA CONTRATTAZIONE
Ed ecco quindi che la Lega, già da subito in verità molto critica su questo aspetto del decreto dignità, ha preparato la proposta per allargare la maglia stretta delle causali. Il disegno di legge, che dovrebbe essere incardinato nei lavori parlamentari della Camera a fine mese, prevede di affidare alla contrattazione collettiva nazionale il compito di prevedere causali aggiuntive rispetto alle tre fattispecie indicate nel decreto Dignità.
Una mossa, questa della Lega che coglie in contropiede Luigi Di Maio, che del decreto Dignità e di suoi effetti sulla qualità del lavoro ne ha fatto una bandiera. Si trattava infatti del primo provvedimento fatto approvare dal Movimento Cinque Stelle, con la chiara intenzione di dare la propria impronta a tutta la politica del governo. Lo «stupore» diventa subito «attesa». I vertici M5S vogliono capire che nel merito come andrà a impattare il ddl del Carroccio con la legge vigente. C'è un precedente, però, che brucia. Ed è stato il voto in commissione Bilancio su Radio Radicale. In quella circostanza, la Lega si è unita alla proposta del Pd. Il governo è andato sotto. «Questo sarebbe il secondo caso nel giro di poco tempo - si sfogano gli uomini di Di Maio - se è una provocazione o un atto concreto lo capiremo subito. Di sicuro se la Lega ha in mente di governare con il Pd lo dica, ma davanti agli italiani. Questa proposta non passerà mai con i nostri voti».