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Pescara, 23/11/2024
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29/06/2019
Il Messaggero
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Di Maio attacca ancora Atlantia «Via la convenzione, tratte gratis». Autostrade, frenata del Mit i tecnici divisi sulla revoca |
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ROMA Le polveri del ponte Morandi non si sono ancora dissolte e il ministro del Lavoro Luigi Di Maio parte all'attacco. Il crollo del viadotto, dice, «è stata una pagina tristissima della nostra storia e grazie all'abbattimento ora possiamo costruire. Ma soprattutto dobbiamo fare giustizia. Le persone sono morte perché qualcuno non ha fatto manutenzione. E quel qualcuno sono Autostrade per l'Italia della famiglia Benetton». Il messaggio è chiaro e forte e contiene anche indicazioni pratiche. «Se vogliamo fare giustizia - ed è evidente che nelle sedi processuali ci saranno i processi e i risarcimenti danni - come Stato abbiamo il dovere di togliere le autostrade italiane a chi non ha fatto le manutenzioni. Ed è quello che porteremo avanti», afferma. E a incalzare sulla revoca della concessione interviene il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, annunciando che è in atto un'accelerazione: «Un altro importante passo avanti sarà fatto a breve con il deposito del parere da parte della commissione tecnica di supporto al mio ministero». A raffreddare il clima di polemica interviene il premier Giuseppe Conte, spiegando che c'è tutto il tempo per agire con ponderatezza. E «il dossier concessione è aperto da tempo», rileva, «ad Atlantia abbiamo mosso le nostre contestazioni e per poter garantire la massima trasparenza abbiamo costituito presso il Mit una commissione di esperti che sta completando il suo lavoro. All'esito di questo parere il governo si assumerà le sue responsabilità». Anche il vicepremier Matteo Salvini prende le distanze: «Non ho mai incontrato nella vita un Benetton, non ho simpatia e non tifo per Tizio e per Caio, mi interessa che siano messi in sicurezza i posti di lavoro. Un conto è il lavoro degli avvocati e dei giudici, chi ha sbagliato paga; di mezzo non ci devono andare però i lavoratori e questo riguarda tutte le vicende industriali». La replica di Autostrade per l'Italia è nei fatti: il consiglio d'amministrazione ha deciso di bloccare fino al 15 settembre l'aumento dei pedaggi, che sarebbe scattato il primo luglio, prolungando così la sospensione degli adeguamenti tariffari già stabilita lo scorso primo gennaio. «L'obiettivo è favorire gli spostamenti degli italiani verso le mete di vacanza», spiega la società, ricordando al Mit «la necessità di giungere, entro la prima metà del mese di settembre 2019, a soluzioni condivise in relazione ai programmi d'investimento futuri e a quelli in corso, in primis la Gronda di Genova, il passante di Bologna e altri importanti investimenti riguardanti l'ampliamento di tratte autostradali di accesso alle aree metropolitane». IL GELO L'appuntamento è servito anche a misurare la temperatura tra i due vicepremier, Di Maio e Salvini. «Sembravano separati in casa», raccontano i colonnelli della Lega. «Si sono salutati in pubblico, ma niente di più», raccontano i rispettivi staff quasi a delineare una distanza che al momento non appare colmabile, viste le divisioni nette sui dossier industriali che aspettano di essere risolti. Dal Carroccio fanno notare che «sull'Ilva rischiamo la gente per strada che ci viene a cercare con i forconi». Il M5S insiste sul fatto di aver trovato una «soluzione» che sarà portata a luglio al tavolo delle trattative. Rimangono poi ancora i nodi su Autostrade e Alitalia. Di Maio è pronto a giocarsi la carta del populismo contro i Benetton «poi vediamo Matteo come farà a dire no alla revoca dopo quello è successo e in prossimità dell'anniversario del crollo». I leghisti frenano: «Serve la responsabilità e tra l'altro c'è ancora un'inchiesta in corso». La divisione dunque sembra totale. E su tutto. Salvini si aspetta segnali da Di Maio: il primo potrebbe arrivare già mercoledì sull'Autonomia.
ROMA Un arma spuntata o quasi. La commissione istituita presso il Mit per dare il supporto tecnico e consentire al governo, sponda Di Maio, di far decadere la concessione per Autostrade ha seri dubbi su come procedere. Anzi, secondo quanto ricostruito dal Messaggero, ritiene sostanzialmente impossibile, o quanto meno molto difficile, fornire tutti gli appigli giuridici che il leader dei 5Stelle si aspetta, cioè un verdetto univoco. Il macigno più grande sulla strada della «caducazione della convenzione» è rappresentato dal mancato accertamento delle responsabilità penali per la caduta del Ponte di Genova. Al momento non c'è infatti una sentenza del tribunale. Indizi e prove raccolte sono tante ma l'esame non è concluso, manca una condanna definitiva. C'è solo, come noto, la sentenza politica pronunciata subito dopo il 14 agosto dal vice premier grillino e dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che hanno accusato i Benetton di non aver fatto tutto il necessario sul fronte della manutenzione e di essere quindi meritevoli, vista la gravità di quanto accaduto, della sanzione massima, ovvero la perdita della concessione sui 3 mila chilometri di rete autostradale. Che ci si stata una forte negligenza, tanto per usare un eufemismo, sembra un fatto acclarato, oggettivo. Da qui ad individuare con certezza assoluta chi ha materialmente sbagliato (azienda, mancati o scarsi controlli del Mit, negligenza delle società a cui erano affidate le verifiche) però ce ne passa. Sopratutto perché i giuristi che fanno parte della Commissione vogliono andare con i piedi di piombo, evitando semplificazioni e valutazioni affrettate su un tema, come è evidente, particolarmente complesso e doloroso, visto il drammatico numero delle vittime. Come la commissione costituita per analizzare i costi benefici della Tav voluta da Toninelli, scegliendo tecnici tutti dichiaratamente contrari alla Torino-Lione (tranne uno che poi, come si ricorderà, non firmò la relazione finale) che bocciò l'avanzamento dei lavori per i costi elevati, non è escluso che, anche in questa occasione, alla fine delle discussioni si arrivi comunque ad un parere di condanna. Quasi anticipato del resto dal vice premier Di Maio e dallo stesso ministro Toninelli. Di certo all'interno del gruppo dei tecnici le posizioni non sono concordi. E c'è chi ricorda che il parere ha solo un valore amministrativo, suscettibile quindi di essere impugnato. Non solo. La caducazione, sempre che l'iter venga avviato, farebbe scattare una valanga di ricorsi e, in ultima analisi, qualora si giungesse ad un esito chiaro, farebbe scattare una procedura per l'indennizzo che, sempre secondo gli esperti, potrebbe costare allo Stato fino a 25 miliardi. Anche qui le visione dei tecnici non convergono visto che si tratta di un terreno, quello della possibile revoca, mai esplorato. I PALETTI Probabilmente però l'esecutivo, o almeno i 5Stelle, potrebbero accontentarsi di un parere che, anche se in maniera parziale, possa mettere all'angolo i Benetton. Per poi decidere come procedere. Grande pressione in queste ore sulla commissione che è composta da 5 membri: presidente Hadrian Simonetti, consigliere di Stato ed esperto presso la Presidenza del consiglio dei ministri, Valter Campanile, avvocato dello Stato, Filippo Izzo, consigliere primo referendario alla Corte dei Conti, Lorenzo Saltari, ordinario presso il Dipartimento Scienze politiche dell'Università di Palermo, Giovanni Palatiello, avvocato dello Stato. Di fronte «a una tragedia come il crollo del Ponte Morandi, ha spiegato il premier Conte «il governo ha assunto una posizione: questo ci ha portato ad avviare una procedura di contestazione alla società concessionaria di quanto accaduto, è un fatto oggettivo il grave inadempimento. All'esito di questo parere il governo si assumerà le sue responsabilità, avendo ben presente che l'obiettivo politico dichiarato è non far finta che non sia successo nulla, la tragedia non può essere oscurata, per rispetto verso i morti, i familiari e la grave ferita inferta a tutta la comunità».
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