ROMA Matteo Salvini ha preso e sbattuto la porta a metà Consiglio dei ministri scagliandosi con Luigi Di Maio. Per l'assenza del leader grillino e per i suoi attacchi su Autostrade, la versione ufficiale. In realtà il vicepremier leghista, che non ha partecipato alla votazione finale, ha inquadrato nel mirino il capo dei 5Stelle come diversivo. Il vero bersaglio di tanta irritazione sono stati il ministro dell'Economia, Giovanni Tria e il premier Giuseppe Conte, ancora una volta insieme a far muro per evitare di far saltare i conti del 2020 garantendo fin da ora al capo della Lega la flat tax. Anche se fonti leghiste valutano con favore il fatto che il governo non abbia preso impegni vincolanti con Bruxelles per il prossimo anno: «Il segno che esiste la disponibilità a varare la tassa piatta».
Nella riunione del governo, durata il tempo di una partita di calcio e dove sono state tirate le somme con i due vicepremier assenti e decisi a non metterci la faccia, Tria ha portato la nota di assestamento di bilancio preparata e scritta per evitare che domani il Consiglio dei commissari europei raccomandi, all'Ecofin del 9 luglio, di avviare la procedura d'infrazione contro l'Italia. E in quella nota che verrà accompagnata da un decreto ad hoc, innescando l'irritazione di Salvini, il responsabile economico ha inserito anche i risparmi di quota 100 e del reddito di cittadinanza per un totale di 1,5 miliardi (potevano però essere il doppio). Quei risparmi che il leader leghista avrebbe voluto accantonare per finanziare la flat tax.
Nel Consiglio dei ministri, si diceva, Conte e Tria non hanno poi voluto prendere un impegno «solenne e formale» per il 2020, come chiedeva la Commissione europea. Scelta che può essere letta in due modi: come un'apertura alla richiesta di Salvini che nella legge di bilancio del prossimo anno vuole inserire la flat tax, oppure come uno stop alle pretese del leader leghista. In realtà la scelta del premier e del ministro economico suona come un rinvio: né sì, né no alla tassa piatta. Almeno per ora.
Di certo, c'è che fonti leghiste prima dell'inizio della riunione, avvertivano: «Il Cdm non sarà breve come si pensa, il punto dirimente sarà decidere cosa fare nel 2020. Almeno un orientamento chiaro dovrà essere assunto. Tanto più che la flat tax, per poter essere incisiva, andrà fatta in deficit». Parole non molto lontane da quella scandite sabato da Giancarlo Giorgetti: «Servirà a breve un chiarimento. Conte, Salvini e Di Maio devono guardarsi nelle palle degli occhi e dire in modo inequivocabile se si vuole fare la flat tax». E se fosse un no scatterebbe la crisi, il non detto del sottosegretario lumbard.
Il premier e il ministro dell'Economia hanno preso tempo, sostenendo che è presto per assumere impegni vincolanti. E che comunque, come ha ripetuto fino allo sfinimento Tria, «il complesso degli impegni per il prossimo anno sarà il risultato di una politica di bilancio molto oculata e molto prudente».
Di Maio si è chiamato fuori dalla zuffa. Ai suoi il leader grillino, che aveva comunicato il 27 giugno che sarebbe stato assente, ha confidato: «Ho detto e lo ripeto che siamo pronti a fare la flat tax e a farla anche in deficit. Il vero obiettivo di Salvini è Tria, che non intende dargli garanzie per non rischiare di far saltare i conti...».
LA MOSSA DEL QUIRINALE
Un timore condiviso da Sergio Mattarella. Il capo dello Stato ha offerto ieri una sponda esplicita a Conte e al responsabile dell'Economia, sostenendo che «i conti sono in ordine» e dunque «non vi è motivo di aprire una procedura d'infrazione». Allo stesso tempo, in via ufficiosa, ha fatto sapere che, «se pur solidi, i conti vanno mantenuti in ordine e sotto controllo». Un nuovo stop, questa volta dall'alto Colle, all'azzardo della flat tax in deficit.
In più considerare scontato lo stop alla procedura d'infrazione, l'auspicio che Bruxelles tenga in massimo conto gli sforzi di Conte e di Tria, sono una mossa di Mattarella per provare a disinnescare e disarmare Salvini se, come in molti sospettano, il vicepremier leghista avesse ancora l'intenzione di cavalcare lo scontro con l'Unione europea per aprire la crisi. E lanciarsi in una campagna elettorale anti-euro, accompagnata dalla promessa che in caso di vittoria ci sarebbe il taglio delle tasse per tutti. Un cocktail, accompagnato dalla crociata contro gli sbarchi dei migranti, di sicuro successo.
Con la procedura che appare ormai sventata, nei prossimi giorni il duello si concentrerà sulla flat tax. Salvini resta dell'idea, come ha chiarito Giorgetti, che un accordo vada trovato subito. Prima che il 15-20 luglio si chiuda la finestra elettorale che permetterebbe di andare alle elezioni in settembre. I leghisti assicurano che Conte e Tria non alzeranno più muri. Si vedrà.
Trasporto pubblico locale e bonus 18 anni, nuovi fondi
L’assestamento di bilancio comprende anche poco più di un miliardo di maggiori spese: voci che quindi incidono in senso opposto alla riduzione del deficit. Nel dettaglio si tratta di 500 milioni che andranno a rafforzare il “Fondo sviluppo e coesione” di altri 100 che andranno a quello destinato al cosiddetto bonus per i diciottenni, di 50 milioni per il finanziamento delle spese dell’Agenzia delle Entrate, di 300 milioni per il trasporto pubblico locale e di 2014 milioni di altre spese varie. Si tratta in larga parte del ripristino di tagli che attuati in precedenza: ad esempio i 100 milioni per i ragazzi che compiono 18 anni erano stati decurtati con il recente decreto crescita, mentre i 300 milioni del trasporto pubblico locale facevano parte dei 2 miliardi di spese il cui congelamento era stato concordato a dicembre con l’Unione europea, a garanzia dei saldi. Il taglio era stato poi confermato ed applicato,mail governo si era impegnato politicamente a ripristinare questa somma,visto l’impatto che ne sarebbe risultato sui servizi offerti ai cittadini.