PESCARA Nel processo in corso con il rito abbreviato davanti al gup Gianluca Sarandrea sulla vicenda Pescaraporto, ieri è stata la giornata dell'accusa. Inaspettatamente è arrivato in aula il procuratore Massimiliano Serpi che ha iniziato la requisitoria, conclusa poi dall'aggiunto Anna Rita Mantini che ha chiesto le condanne per tutti e cinque gli imputati, accusati a vario titolo di abuso d'ufficio e falso: 10 mesi a testa per l'ex governatore Luciano D'Alfonso (oggi senatore della Repubblica), per il funzionario del Genio civile, Vittorio Di Biase e per l'avvocato Giuliano Milia; sei mesi invece per l'attuale direttore generale del Comune di Pescara, Guido Dezio e per l'ex segretario di presidenza di D'Alfonso, Claudio Ruffini. Le arringhe del nutrito collegio difensivo, e dunque le risposte alle accuse mosse dalla procura, arriveranno il 10 luglio prossimo insieme alla sentenza. Al centro della vicenda la contestata realizzazione da parte della Pescaraporto (società composta dai figli di Milia e dell'imprenditore Franco Mammarella) di un complesso edilizio lungo la riviera di Porta Nuova, tra il ponte del Mare e il porto turistico. Una vicenda condizionata da una variazione di destinazione d'uso che seguì un permesso a costruire che la società aveva già ottenuto sin dal 2012. «Un tema fondamentale, come appunto quello della sicurezza pubblica», ha detto il procuratore Serpi, «è stato maltrattato e piegato all'interesse privato». Il rischio idraulico sollevato dal Genio civile (dove lavora Di Biase) è il tema centrale della questione. «Su questa vicenda», ha aggiunto Serpi, «c'è stato un intervento pesantissimo di D'Alfonso su Di Biase: D'Alfonso che non aveva un ruolo istituzionale, interviene in maniera forte e illegale».L'accusa arriva poi alla famosa riunione nello studio di Milia dove Dezio (mai citato dal procuratore) accompagna Ruffini, spedito lì da D'Alfonso con un messaggio telefonico. «Un incontro», aggiunge Serpi, «che ha del surreale perché nulla sanno dell'antefatto: aspetto che mi ha colpito tantissimo. E cioè che pubblici funzionari operino telefonicamente con un avvocato che è gestore di un interesse privato». A sostegno della tesi accusatoria Serpi porta poi le «oneste» dichiarazioni di Ruffini e di Di Biase, definito un «vaso di coccio che si è trovato a commettere la sciocchezza di firmare inizialmente la nota con la quale poneva il tema del rischio idraulico e adesso voleva risolverlo». Dopo quell'incontro, ed è questo il punto centrale della vicenda, Di Biase, e quindi il Genio civile, definito dal procuratore aggiunto Mantini un «ufficio sottoposto all'influenza tecnico-politica di D'Alfonso», fa dietrofront e dà un parere favorevole (con una nota del marzo 2016) che, secondo l'accusa, sarebbe stato redatto «sulla falsariga di un appunto manoscritto da Milia», risultando dunque «ideologicamente falso» e finalizzato a favorire la società Pescaraporto. Una lettera che comunque non era un provvedimento amministrativo, ma soltanto un parere e che alla fine non cambiò il percorso della vicenda in quanto il consiglio comunale di Pescara, il 24 febbraio 2017, bocciò quella richiesta di variazione d'uso. Adesso scenderà in campo la corazzata dei difensori. Intanto, in una nota, il senatore D'Alfonso dichiara: «Nell'ambito del processo riguardante fatti inerenti la concessione edilizia rilasciata a Pescaraporto nel 2012, la procura ha presentato le proprie conclusioni e per via della pluralità dei difensori e delle ulteriori memorie scritte depositate dall'accusa, il Giudice ha rinviato al 10 luglio la discussione orale delle difese, le quali hanno tutte già depositato agli atti memorie e documenti concludendo per la assoluzione degli imputati con la formula perché il fatto non sussiste. Sono fiducioso che questo tempo ulteriore favorirà la migliore lettura degli atti di indagine e delle memorie difensive prodotte».